Grozny la pace orfana di Lebed di Anna Zafesova

«Ci sono difficoltà di carattere giuridico, devo consultarmi col Cremlino» «Ci sono difficoltà di carattere giuridico, devo consultarmi col Cremlino» Grozny, la pace orfana di Lebed L'ex generale rientra improvvisamente a Mosca MOSCA NOSTRO SERVIZIO Nubi sulla pace in Cecenia, in pericolo ancora prima di essere nata. Ieri il plenipotenziario russo per il Caucaso Alexandr Lebed ha interrotto le trattative con gli indipendentisti proprio quando sembravano ormai per concludersi felicemente, ed è volato a Mosca. E la tregua appena conclusa minaccia di crollare sotto i colpi delle provocazioni da entrambe le parti. Sabato sera a Novye Ataghi, il villaggio a 35 chilometri da Grozny dove si tengono i negoziati tra Lebed e il comandante ceceno Aslan Maskhadov, tirava un'aria di festa. Uscendo dalla casa privata che ha ospitato le due delegazioni il generale russo ha gridato al padrone: «Rezvan, prepara per domani una cena per festeggiare». Invece la cena non ci sarà, o almeno verrà rimandata di chissà quando. Lebed prima di ripartire per Mosca - ma dice che tornarà nel Caucaso al più presto - ha spiegato che a bloccare le trattative sono state questioni di «carattere giuridico». Ma sembra di capire che la vera difficoltà sono le richieste dei ceceni che sono pronti, a quanto pare, a rinunciare alla secessione immediata, ma chiedono comunque un'autonomia che sfiora l'indipendenza, che i russi probabilmente non accetteranno. E il generale vuole procedere con i piedi di piombo, conscio che i falchi di Mosca non aspettano altro che un suo scivolone. «Non voglio fare loro il piacere», ha detto ieri, minaccioso come al solito, «di firmare un documento vuoto che faccia scandalo e che si affretteranno a violare». Il generale non ha detto una parola sulle nuove condizioni dei ceceni, ma si intuisce che queste riguardano l'indipendenza. I ribelli infatti hanno chiesto che tutti gli accordi vengano stesi in base alle regole del diritto internazionale, come in un patto tra due Stati sovrani. Una condizione che Lebed ha accettato: tra gli obiettivi del suo viaggio a Mosca ci sono anche le consultazioni con gli esperti di diritto. Ma soprattuto il generale pacifista vuole un documento impeccabile, perfetto, che sia difficile da distruggere, come è accaduto a tutti i precedenti accordi tra russi e ceceni. Per questo Lebed vuole ottenere per quello che ha contrattato con i ribelli l'approvazione di tutti: il premier Viktor Cernomyrdin, il ministro delle Nazionalità Vladimir Mikhailov e perfino quello degli Esteri Evghenij Primakov. Solo una volta ottenute le loro firme sotto il documento Lebed lo presenterà a Boris Eltsin e spera in un «sì» del presidente. Così tutta la leadership russa verrà resa corresponsabile e garante della tregua. Ma oltre che al tavolo delle trattative, il processo di pace incontra ostacoli anche sul campo di battaglia. Ieri è saltato anche l'incontro tra il comando russo e quello dei ribelli, che dovevano firmare un protocollo sulle garanzie del cessate-il-fuoco. La colpa è di un alcuni guerriglieri che ieri in pieno centro di Grozny hanno fermato un gruppo di soldati russi e, facendosi schermo con i civili, li hanno disarmati. Un bottino considerevole - 58 kalashnikov, 10 mitragliatrici e 15 lanciagranate - che comunque sono una goccia nel mare di strumenti micidiali che circolano in Cecenia. Lebed si è affrettato a definire l'accaduto «un malinteso». Ma, nonostante Maskhadov si è subito scusato con i russi e ha promesso di restituire le armi sequestrate, il comandante russo Tikhomirov ha colto al volo il pretesto per rinnovare le accuse ai ceceni, rimproverandoli di voler approffittare della pace solo per prepararsi meglio alla guerra. Così anche il negoziato militare è stato sospeso e il ritiro dei russi da Grozny interrotto. E anche l'altro strumento inventato da Lebed per proteggere la tregua sembra non funzionare. La creazione di pattuglie congiunte russo-cecene infatti si è bloccata per ragioni abbastanza prevedibili: i soldati non si fidano dei ribelli e viceversa e, nonostante il giuramento comune di «difendere la vita dei cittadini di ogni nazionalità», l'odio tra coloro che fino a ieri si erano massacrati con furore è troppo forte. E così Grozny è controllata solo dai guerriglieri, con i militari russi che osservano diffidenti e pronti a entrare in azione. Anna Zafesova Sotto, Lebed a Novy Atagi gioca a scacchi col fratello di Bassayev durante una pausa dei negoziati A sinistra il Presidente Boris Eltsin