VIAGGIO NELL'ALDILÀ'

VIAGGIO NELL'ALDILÀ' VIAGGIO NELL'ALDILÀ' // «Libro tibetano dei morti» : un classico del buddhismo che ci insegna ad affrontare senza paura il trapasso FAI SILENZIO LIBERA LA MENTE CON LO YOGA YOGA: dalla radice yuj, «legare insieme», «tenere stretto», «aggiogare», «mettere sotto il giogo». La stessa origine del latino jungere, jugum e dell'inglese yoke. Yoga indica una tecnica di ascesi che quasi certamente ha origine nell' India pr eariana, diventa uno dei sei sistemi filosofici dell'ortodossia hindu, dà il suo magico nome a pratiche ascetiche buddhiste, jainiste e alla miriade di varianti del tantrismo. Yoga per molti frettolosi contemporanei è una specie di ginnastica dolce, un metodo di rilassamento, un qualche tipo di meditazione. Nella definizione più classica, quella di Patanjali, «yoga è la soppressione del flusso mentale». Basterebbe la storia del termine yoga per giustificare {'Enciclopedia dello Yoga che l'iridologo Stefano Piano ha curato con una équipe di studiosi per l'editore torinese Promolibri (pp. 431, L. 60.000). Con quest'opera, dice il curatore, si è cercato di mettere «un po' di precisione scientifica» in un settore lasciato all'iniziativa di persone «non sempre dotate di una adeguata preparazione». All'interno del sistema classico di Patanjali, quello oggi comunemente inteso come yoga, cioè il controllo del corpo, è, insieme al controllo del respiro, soltanto uno strumento per raggiungere un fine superiore: la liberazione. Il liberato è un'essere che si isola dal continuo evolversi della natura. Nel suo recente saggio sull'induismo, Sanatama Dharma (Edizioni San Paolo, pp. 400, L. 36.000) Piano ha speigato che «il primo passo verso la completa interiorizzazione della disciplina è costituito dalla ritrazione dei sensi dai loro oggetti». Si tratta di una prima fase di raccoglimento nella quale i sensi come l'udito, la vista, cessano gradualmente di svolgere le loro funzioni di strumenti di comunicazione tra la mente e il mondo esterno, in modo che la mente stessa non sia più distratta ma possa essere raccolta in se stessa. La mente sgombra da qualsiasi stimolo e divenuta immobile come la superficie di un lago, si fissa in uno stato di concentrazione su un solo punto (dharana). Lo stadio successivo è quello in cui la mente e il soggetto si fondono, portando a uno stato indicibile chiamato samadhi, il perfetto raccoglimento (enstasi, lo ha definito Eliade), che rappresenta il vertice dello yoga. Questa unità totale nella quale «pensante, pensiero e pensato diventano una cosa sola» è poi lo scopo finale, o almeno dovrebbe essere, di quelle strane posizioni in cui si contorcono gli yogin indiani e che le massaie americane imitano, sbirciando l'ultima videocassetta di fitness. Claudio Gallo BARDO THODOL Libro tibetano dei morti a cura di Ugo Leonzio Einaudi p. ISO L. 13.000 BARDO THODOL Libro tibetano dei morti a cura di Ugo Leonzio Einaudi p. ISO L. 13.000 IETE morti inequivocabilmente e avete la prima occasione di salvezza. Siete chini su queste pagine ma non le riconoscete. Non avete mai meditato sulla morte? E' tardi per farlo. La dissoluzione degli elementi è stata veloce e ora avete un corpo magico, capace di andare ovunque senza trovare ostacoli, ma non sapete cosa farne. Non fatene nulla. Ecco il segreto del Bardo. Riposate senza pensieri nella certezza che ciò che è stato e sarà è solo un gioco della vostra mente. Smettere di viaggiare col vostro corpo di nostalgia attraversando abissi. Ascoltate la voce chiara che vi sta leggendo queste istruzioni. Poiché siete morti, non potete permettervi alcuna distrazione, se non volete risprofondare nel desiderio di rinascere su questa Terra. Il vuoto vi libera. Abbandonate la vostra mente ora che siete oltre la soglia del mistero. Entrate nella parte più intima della vostra vita...». Con queste semplici, limpidissime parole, Ugo Leonzio, viaggiatore himalayano, studioso di riti tibetani, c'introduce in un testo essenziale fra gli essenziali. Molti sono i libri fondamentali per la vita: quelli dell'arte ce ne mo¬ strano le meraviglie, quelli della scienza ce ne spiegano le strutture, quelli della poesia ne condensano i sogni, quelli della filosofia ne esercitano il pensiero. Ma inesistenti i libri per la morte. Ci sono, sì, i libri sulla morte (vedi le nostre Cristiane Manuductio ad Coelum) libri di fede e non di pratica, di guida, in una dimensione che l'uomo non può conoscere finché vive sulla Terra. L'unico testo fondamentale che si conosca, nel senso di apprendimento della morte, istruzioni da eseguire su se stessi dopo il trapasso per affrontare senza paura l'aldilà, è il Bardo Thòdol del buddhismo tibetano. Questo regolamento viene dunque in anticipo letto e trasmesso al cadavere attraverso il suo orecchio, in modo che l'anima lo recepisca e lo applichi concretamente nel nuovo mondo. Se ci osserviamo davanti a uno specchio ci vediamo come miraggi che stanno per intraprendere il futuro viaggio nell'invisibile. Moriamo e ci accorgiamo del sogno che abbiamo chiamato «vita». Ci vengono mostrati i segreti del nostro io inesistente. Se non esistiamo, non siamo mai nati e quindi non possiamo morire. Tuttavia il segreto dei segreti di tutto ciò che siamo è proprio questo indefinibile morire. E qui, ora, tutto dipende da noi. Nella chiara luce che ci appare dopo morti, sta la nostra salvezza. E che cos'è la salvezza? Il risveglio. E che cos'è il risveglio? La liberazione. E da cosa ci si libera? Dall'illusione cosmica. Questa luce che dobbiamo seguire dopo averla riconosciuta, è l'alba di una luminosità che è senza principio, increata e al di là del tempo. E' «la luce che illumina ogni altra luce». E' l'alba della coscienza assoluta. Dobbiamo solo guardarla, non distogliere il nostro sguardo impaurito. Ma che significa tutto ciò? L'uomo è destinato a diventare Verità Pura. Noi abbiamo l'abitudine di chiamarlo IL SACRO E IL POTERE NELL'EUROPA CRISTIANA IL SACRO E L'AUTORITÀ' Peter Brown Donzelli pp. 94 L. 16.000 RA i tanti key-words che «formattano» la nostra cultura in questo fine secolo campeggia in tutta evidenza, accanto a «cyber» e «Duemila», la parola «Europa». Cosi, fra i mille progetti di varia natura, cinque case editrici di rilievo internazionale hanno avviato una importante collana di monografie storiche intitolata «Fare l'Europa». Si tratta di ripercorrere il lungo itinerario che sembrerebbe proiettarci verso una unificazione polico-economica del continente, intervenendo al contempo in questo processo storico con un autorevole contributo di infor mazione e di riflessioni. Per l'Italia, la collana è stampata da Laterza, che ha da poco presentato il volume di Peter Brown Lafomiazione dell'Europa cristiana, Universalismo e diversità, 200-1000 d.C. (pp. 444, L. 38.000). Si tratta di un ampio affresco di natura divulgativa che muove dalla Tarda Antichità al pieno Medioevo, scegliendo come motivo conduttore lo sviluppo del cristianesimo. Parallelamente su questo medesimo tema, l'editore Donzelli ha raccolto tre agili lezioni tenute da Brown a Cambridge nel '93, in un brillante libretto, Il sacro e l'autorità. controspinte così delicato che apre un ampio spazio alla retorica (alla «comunicazione»), intesa come arte diplomatica. Così, «lungi dall'esse Sono vicende lontane, che tuttavia ci toccano ancora per più rispetti nel vivo della concreta realtà quotidiana. E non solo per via di secolari tradizioni culturali che hanno laggiù le loro radici. Ma anche per come certi cruciali nodi storicosociali continuano a riproporsi e a specchiarsi nell'oggi. Ad «aprire finestre» in questo senso ci aiutano anche i lucidi affreschi di un'altra monografia di Brown, Potere e cristianesimo nella Tarda Antichità (Laterza, pp. 264, L. 38.000). Il titolo originale - Power and Persuasion in Late Antiquity. Towards a Christian Empire - insiste su un aspetto sacrificato in quello della peraltro felice traduzione (di Marilena Maniaci): la persuasione. Oggi forse diremmo: «la comunicazione». Quanto la cosa sia rilevante emerge subito dal denso sviluppo concettuale delle movenze iniziali. Il rapporto fra potere centrale (l'imperatore) e i sudditi passa attraverso vari stadi di mediazione: il governatore delle province, il senato locale composto nelle varie città dai notabili per prestigio o per censo (curiales). Questi ultimi, a loro volta distinti in varie gradazioni di prestigio e influenza, garantiscono il prelievo fiscale presso i coloni dell'area metropolitana. Il tutto si regge su un equilibrio di spinte e controspinte così delicato che apre un ampio spazio alla retorica (alla «comunicazione»), intesa come arte diplomatica. Così, «lungi dall'essere resa superflua dalla struttura autocratica del governo tardoromano, ... la retorica fiorì nei suoi molti interstizi» lasciando l'esaltante impressione che a garantire la tenuta del sistema politico t'osse in ultima analisi 1'«antica infallibile magia delle parole greche». Il seguito del libro esplora come gradatamente all'antico «uomo di paidéia» sia venuto subentrando l'uomo di chiesa. Al filosofo si sovrappone il monaco, al notabile il vescovo: e saranno queste nuove figure a influenzare il potere, a creare nuovi tipi di equilibri e nuove forme di «persuasione», che tendono a scavalcare la sfera precaria delle virtù umane per attingere la propria efficacia direttamente all'ira e misericordia divine. Ma prima che la tradizione «pagana» venga eclissata si assiste a un ultimo revival di fortuna sociale per il filosofo. Egli diviene una sorta di custode illuininato dei potenti: a lui solo è consentito - per via della sua mdipendenza da questo mondo - esprimere riserve e critiche con libertà (la parrhesia). Vengono allora alla ribalta figure come Temistio (circa 317-388) o Sinesio (circa 370-413), che in quanto uomini di filosofia sono i depositari per eccellenza della «trama di seta di un codice di comportamento» Simone Martini, «Trasporto della Croce» utile a tenere l'autocrate avvinto ai suoi sudditi d'alto rango, nonché a moderarne i possibili eccessi. In tutti questi libri Brown si segnala per una scrittura d'arte, sorniona e ironica ma profonda. E soprattutto per la facoltà di cogliere, nelle fonti, l'ampio respiro nel minimo particolare. Perfino l'arida materia dell'esazione fiscale si leva a campo di forza per idee e disegni più vasti: la gravosa imposizione dell'autorità, lo sgomento dei nobili, la loro pronta rivalsa sui più deboli, l'arabesco dei collaudati sistemi di evasione. Corsi e ricorsi. E' inevitabile soffermarsi a riflettere, leggendo quali riserve di capitale politico trattassero all'imperatore i condoni fiscali e ripercorrendo le denunce del De gubernatione Dei di Salviano, prete a Marsiglia a inizio V secolo: «Erano le tasse non pagate dai ricchi ad essere cancellate mediante gli editti imperiali di clemenza; ai meno fortunati non era stata data alcuna possibilità, in prima istanza, di accumulare arretrati: "1 ricchi si dividono tra loro soli lo sgravio fiscale concesso a tutti". Più si studiano in profondità le azioiù - conclude Brown - e più diventa chiaro che «nessun imperatore desiderava concepire mia politica fiscale rivoluzionaria. Il sistema fiscale dell'impero operava con troppa stabilità per giustificare anche il più superficiale ritocco delle sue strutture». Se qualche sporadico colono fuggiva alla pressione tributaria trovando rifugio fra i barbari, pazienza. E pazienza se, solo pochi amai fa, assistendo per le strade della capitale a un doloroso episodio di accattonaggio, un noto storico di Roma poteva ancora commentare «viviamo in tempi tardoantichi». Alessandro Fo Dio, per loro è Luce del Vuoto. Naturalmente se nel Bardo, ossia nei Regni Oltremondani, non risolviamo la nostra traversata, non riconosciamo questa luce chiara, ripercorriamo in ordine inverso i sette stadi della dissoluzione: spazio nero luminoso, spazio rosso luminoso, spazio bianco luminoso, debole chiarore di candela, balenare di lucciole scintillanti, tenebre fumose, miraggi, e torniamo a rinascere in un utero. Il Bardo non è dunque un vero e proprio libro di lettura, è una specie di «segnaletica suprema» che ci farà intraprendere bene l'avventura fuori del nostro corpo. Quando sarà il nostro momento essa ci impedirà di smarrire la strada che conduce al traguardo finale, che è appunto quell'energia senza tempo dalla quale proveniamo su questa terra, per via della legge karmica, ossia della reincarnazione, necessaria alla evoluzione del nostro spirito. Qualcuno giustamente si domanderà qual è l'attendibilità di un simile testo, visto che nessuno finché è vivo può conoscere direttamente la morte. Anche se gl'increduli, i pigri, gli svogliati parleranno di metafora, di suggestione, di fantasia, essi non possono negare che almeno una volta nella loro vita hanno percepito il loro stato di impermanenza. Ed è da qui che parte il trasferimento della coscienza, l'intuizione della natura primordiale dello spirito che è spazio, vacuità e luce. Comunque sia il Bardo non va preso come un libro di fede o un teorema finale da dimostrare, ma come un «corredo di viaggio» che ci viene offerto da una grande tradizione. Non occorre necessariamente scomodare Dio, ma è sufficiente avvertire per caso un senso della nostra continuità in un mondo invisibile, per essere spinti a comprare questo «Vademecum» per un trasloco di se stessi verso quello che noi occidentali chiamiamo paradiso, evitando il terrore delle prove infernali che altro non sono che le proiezioni della nostra mente o delle nostre azioni terrene. Confesso che da anni, quando una persona amata muore, chiudo nella sua cassa il Bardo Thòdol, sperando che con un simile passaporto sublime possa fare buon viaggio. Sono convin! to che i morti abbiano ancora l'udito per ascoltare queste istruzioni che li dirigano nel nuovo percorso pieno di pericoli e di imboscate, e di far loro tenere la rotta giusta per rientrare in porto e non naufragare. Se il Bardo Thòdol è una specie di portolano che contiene la descrizione delle coste celesti e tutte le notizie sugli itinerari sicuri, allora chi mai non si fornirà di una simile mappa per navigare tranquillo sull'oceano definitivo della sua ultima crociera? Egli ha la possibilità di essere l'infallibile pilota della propria nave e la sua morte si trasformerà in una affascinante e illuminata esplorazione. In un'epoca come la nostra di totale disorientamento non solo delle idee, ma anche delle religioni, dove il terrore di sparire per sempre inventa persino l'ibernazione della tua testa da riattaccare a un busto dopo tre secoli, in un'epoca così ferocemente ottusa, mi pare che portarsi in tasca, ogni giorno, questo aureo biglietto d'ingresso per poter entrare nel teatro d'oltrevita a vedersi recitare felicemente la commedia del «Purissimo vuoto della verità», sia l'unica scelta per non ricominciare, incubo dopo incubo, attraverso un orgasmo di nuovi genitori, l'eterno dolore della rinascita sulla terra. Gian Piero Bona

Luoghi citati: Cambridge, Coelum, Europa, India, Italia, Marsiglia, Roma, San Paolo