Prodi sono sicuro durerò cinque anni

«Bossi? Sono più padano di lui. Bertinotti adatterà la sua politica. Su Tangentopoli no al colpo di spugna» «Bossi? Sono più padano di lui. Bertinotti adatterà la sua politica. Su Tangentopoli no al colpo di spugna» Prodi: sono sicuro, durerò cinque anni «Di Pietro può essere una spina, ma è una grande risorsa» ROMA. Romano Prodi lo dico chiaramente: «Non ho mai messo in dubbio di durare cinque anni». Sembra convintissimo, il presidente del Consiglio, di avere davanti a sé ancora tanta strada. E infatti, in una intervista trasmessa da Tuie News, il capo del governo dimostra di non temere né la concorrenza di Di Pietro («Può essere pure una spina, ma ò una grande risorsa»), né le manovre al centro (secondo lui dal bipolarismo non si torna più indietro) e neanche le intemperanze di Bertinotti («Adatterà la sua politica»). E al leader del centro sinistra non preoccupa nemmeno l'atteggiamento di Bossi («Se ci dovesse essere una qualsiasi violazione della leggo interverremo con estrema decisione immediatamente»), o il fatto che D'Alema ogni tanto dia un'interpretazione diversa dell'Ulivo rispetto alla sua. fi capo del governo sembra avere un unico timore: quello di dare l'impressione che il suo governo voglia mettere una pietra sopra Tangentopoli, e infatti si affretta a precisare che così non sarà. Dunque, in questa lunga intervista Prodi tira le somme dei suoi primi conto giorni. Bossi, innanzitutto. «Sono molto più padano di lui», ironizza il presidente del Consiglio. Quindi aggiunge, seno: «Nel momento in cui si passa all illegalità, tutto è preparato perché lo Stato democratico debba reagire». E infatti, in mattinata, il leader dell'Ulivo aveva già spiegato ai giornalisti di aver definito una linea con Giorgio Napolitano. Bossi, perciò, sia cauto, anche perché, osserva Prodi, «nel caso della contestazione di Verona, come in altri, ha dimostrato di essere in una situazione di ipertensione, mentre io ho i nervi saldi». Ma non c'è solo il problema Bossi. C'è pure quello di Di Pietro, «spina» e «grande risorsa». Prodi non lo teme. «Perché non dovrebbe avere un futuro politico? - osserva -. La democrazia è fatta di questo. Sono dichiarazioni che mi sono andate benissimo. Poi la gara è una gara: io spero che la faremo insieme, ma se anche dovessimo farla separatamente...... Quanto alla ventilata ipotesi di un partilo Di Pietro-Dini-Pivetti, il presidente del Consiglio non mostra di curarsene: «Smettiamola - afferma - di dire Di Fietro, Dini, Pivetti... le aggregazioni si fanno con le idee e con i programmi, lo credo che il Paese sia definitivamente nel bipolarismo con due blocchi». Già, e a questo proposito Prodi ribadisce l'importanza dell'Ulivo. «La coalizione - dice sta assumendo sempre più forza in se stessa. Certo, c'è una diversità nell'interpretazione che viene data in alcuni momenti da D'Alema, ma sono più problemi di identità dei partiti che ne fanno parte. Per cui sembra che non ci sia bisogno dell'Ulivo, ma io sono convinto che senza l'Ulivo si perde». Di problema in problema si giunge a Bertinotti. Il suo, se- condo Prodi, è «un atteggiamento leale». «E per fortuna - aggiunge il presidente del Consiglio - io sono stato precisissimo prima delle elezioni e Bertinotti non ha mai detto che ho cambiato le carte in tavola. Gli ho spiegato mille volte di voler accelerare il processo di privatizzazione. Questa è la nostra linea: non è mediazione, è andare avanti». E l'opposizione del Polo, invece? Quella non sembra costituire un problema, almeno per ora, visto che latita. Eppure Prodi spera in «un ritorno dalle vacanze di un Berlusconi vitaminizzato». Lui, «o qualcun altro al suo posto», perché in democrazia c'è bisogno di «un'op- posizione forte». Che non significa ostruzionismo. E infatti il leader dell'Ulivo ammette che il suo «problema più grosso è quello della fluidificazione dei rapporti con il Parlamento». Tangentopoli, infine. «Deve avere una soluzione politica, ma proiettata sul futuro», dice Prodi, e spiega: «Abbiamo idee chiare su quello che vogliamo sia la nuova etica del Paese. Quando noi abbiamo questa linea organizzativa allora possiamo anche pensare ad affienare la conclusione di Tangentopoli. Ma non possiamo chiuderla con un atto che possa sembrare "è finito e ricominciamo da capo"», [m. t. m.J Il presidente del Consiglio Romano Prodi

Luoghi citati: Roma, Verona