D'Antoni: Prodi, attento sul lavoro il vero pericolo

D'Antoni: Prodi, attento sul lavoro il vero pericolo IL SEGRETARIO DELLA CISL D'Antoni: Prodi, attento sul lavoro il vero pericolo PRODI è in pericolo. Sulla sua strada, Sergio D'Antoni vede due mine pronte ad esplodere. La prima l'ha messa ed innescata Fausto Bertinotti, che con la polemica sulla privatizzazione della Stet ha dato una violenta picconata alle fondamenta della maggioranza. La seconda e di fabbricazione sindacale, è legata al rinnovo dei contratti e al patto per il rilancio dell'occupazione. Il segretario della Cisl giura di non volere un «autunno caldo» e assicura che con le regole del 1993, e un'intesa costruttiva fra governo e parti sociali, l'intera questione potrà essere composta, bene ed in fretta. Poi però avverte: «Se scontro deve esserci, deve essere sul lavoro - dice -, Prodi deve prevenirlo. Non credo sarebbe in grado di fronteggiare una mobilitazione di massa...» D'Antoni, cominciamo col problema Stet. Qual è la sua valutazione politica della situazione? «Il discorso e semplice. La novità del sistema maggioritario è che lo schieramento che vince governa sulla base della sua maggioranza e del suo programma. Se invece il governo è fondato su una coalizione all'interno della quali; c'e un potere di interdizione, si torna alla vecchia logica, che poi è quella della "Prima repubblica". E1 questo il punto da chiarire. Nel programma dello schieramento che ha vinto ci sono le privatizzazioni e queste vanno fatte: se qualcuno dissente, e ci si comporta non come una maggioranza ma come coalizione, siamo di fronte ad un rischio formidabile circa le capacità del governo di proseguire le sue attività». Come se ne esce? «Questo lo deve dire il governo. Io constato che se c'è un comportamento coerente, qualunque sia l'esito, ognuno deve assumersi le proprie responsabilità». Lei ha definito questa privatizzazione come «non normale». Può spiegarsi meglio? «E' un problema di dimensioni e di importanza strategica del settore. Stiamo parlando delle telecomunicazioni, di un settore che per quantità di investimenti, per la collocazione nel Paese, per i riflessi sull'economia, ha dentro di sé un elemento di "anormalità" rilevante. Ecco perché la funzione del controllo pubblico deve essere mantenuta». Rifondazione vuole il controllo pubblico per avere piena garanzia sulle tariffe... «11 controllo pubblico è legato alla radice del problema, al fatto che siamo nell'ambito delle telecomunicazioni, che si devono tener presenti gli effetti democratici, la garanzia dell'universalità del servizio, della privacy. Per quanto riguarda le tariffe il discorso è diverso, perché se alla privatizzazione si accompagnerà una liberalizzazione del mercato (e così deve essere, perché sarebbe una scioc- chezza passare da un monopolio pubblico ad uno privato) le tariffe dovrebbero poter usufruire del benefico effetto della concorrenza. A meno che non si formi un cartello, ma a quel punto ci sono le autorità di controllo, l'Antitrust e l'Authority». Quale ricetta per la privatizzazione, la public company? «Sarebbe una buona possibilità. Ma trovo anche congeniale la formula scelta dal governo, quella della "gol- den share", che consente al Pubblico di mantenere una qualche forma di controllo. E' una impostazione valida, come del resto è stato dimostrato in Francia». Torniamo al governo. Quanto ri- schia Romano Prodi? «Sulle privatizzazioni, come sul lavoro, l'esecutivo è chiamato alla sua prova. Deve dimostrare di essere in grado di governare, di avere un futuro, di non cadere al primo ostacolo. Vedremo i comportamenti. Il mio auspicio è che abbia la possibilità di andare avanti. Anche se lo spettacolo dato sul Dpef non è stato simpatico...» E l'«autunno caldo»? «Può essere evitato rispettando le regole stabilite con i patti del 1993. Sinora abbiamo rinnovato decine di contratti. E non vedo perché le stesse regole non debbano valere per i metalmeccanici, e non si capisce perché se ne debba fare una ragione di scontro. I metalmeccanici sono una categoria molto importante che, però, deve trovare il suo sbocco fisiologico. E ci sono le condizioni perché ciò avvenga». Niente scontro, dunque? «Se scontro deve esserci, deve essere sul lavoro». A proposito. Il governo sarebbe in grado di sopravvivere ad un autunno caldo? «Sul lavoro e con una mobilitazione di massa? Secondo me non ce la farebbe. Difatti deve trovare un'intesa prima, entro il 15 settembre occorre siglare un grande patto a tre di concertazione fra governo e parti sociali, mi accordo che fissi obiettivi e comportamenti coerenti per tutti in modo da avere una fase di sviluppo e crescita occupazione. Questo è decisivo. Prodi deve giocare d'anticipo e prevenire. Se si aprisse un conflitto non sarebbe in grado di fronteggiarlo..» Marco Zatterin Nella foto a destra il segretario della Cgil Sergio Cofferati «La battaglia con Fausto ha un sapore da I Repubblica» «La grande paura dell'autunno caldo? Dobbiamo cercare di evitarlo» Nella foto qui accanto Giuliano Amato il presidente dell'Antitrust

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