Se anche i fedeli beduini si ribellano al piccolo re di Igor Man

Se anche i fedeli beduini si ribellano al piccolo re Se anche i fedeli beduini si ribellano al piccolo re Uk GIORDANIA IN GINOCCHIO I L piccolo re si sta rimpicciolendo. Lo chiamano «piccolo» a causa della statura, un metro e sessanta, non già per denigrarlo: un po' tutti, in Medio Oriente, nel mondo, riconoscono come alla piccola statura fisica di Hussein corrisponda un'alta statura politica. (Almeno sinora). «Indistruttibile come il sole», han detto di lui un po' tutti, amici e nemici. Infatti il re di Giordania è un campione di sopravvivenza: fisica e politica. Ha resistito a venti attentati, a due guerre con Israele, al bulimismo territoriale di Saddam, a un carcinoma a un rene, e, ultimo ma non meno importante, a quattro mogli. Quando partì per Rochester dove l'attendeva la camera operatoria, disse: «Voglio dirvi che la vita d'un Paese non può dipendere da quella d'un individuo», e il popolo capì che l'ala della morte stava sfiorando la fronte stanca di Hussein Ibn Talal el Hasim. Capì e si attristò. Ma qui va chiarito che il popolo vero, quello che, almeno in teoria, dovrebbe sentirlo «suo re», non è certo composto di palestinesi (il 60% della popolazione). Essi, i palestinesi, non hanno dimenticato il «settembre nero» del 1970 allorché la Legione beduina del sovrano massacrò i fedayn di Arafat che s'erano illusi di poter creare uno Stato (forte) hi uno Stato (debole) quale, allora, era la Giordania. Il popolo vero è beduino. Sono beduini in teoria, appunto, coloro che nutrono sentimento d'amore per re Hussein. A dispetto dei lunghi anni spesi in Medio Oriente e, quindi, anche in Giordania, non sono mai riuscito a capire se il popolo ami o no re Hussein. La Giordania è il parente povero del Medio Oriente: Churchill diceva di averla inventata in un noioso pomeriggio di domenica pasticciando su di una carta geografica. Un Paese, la Giordania, che ha due mammelle: il turismo e il contrabbando. La lunga eclissi di Beirut, a causa dei diciassette anni di incivile guerra civile, provocò il boom di Amman che sembrò in grado di surrogare la poderosa macchina finanziaria della «Svizzera del Medio Oriente». Ma la guerra del Golfo, prima, con l'accostata di Hussein verso l'Iraq (sia pure in stato di necessità) e, poi, la ripresa del Libano hanno restituito la Giordania al suo status di Paese volenteroso ma, ahimè, irrimediabilmente povero. E questo nonostante il piccolo (grande) re sia riuscito a tornare nel salotto buono della politica internazionale dopo un'amara quarantena in cucina, addirittura infamato da voci che lo volevano sul libro paga della Cia. Secondo dati di fonte inglese, ogni giordano è indebitato (statistica- mente) per duemila dollari; un terzo all'incirca della popolazione (4,2 milioni di abitanti) vive al di sotto della «soglia di povertà». Il turismo non basta a muovere la macchina, la pace con Israele pare abbia portato benefici solo dall'altra parte del Giordano. L'mterscambio commerciale tra i due Paesi è in proporzione di uno a dieci in favore di Israele. Stando così le cose, il re ha dovuto convenire col suo primo ministro, Kabariti, ch'era obbligatorio uniformarsi alle «indicazioni» del Fondo Monetario Internazionale. Quella brava schiera di funzionari ch'è in fatto l'Fmi, ha «concordato» col governo giordano un implacabile piano di ristrutturazione economica che, fra l'altro, abolisce il prezzo politico dei generi di prima necessità. Come diceva Sadat, l'Fmi, per il mestiere che fa, «non deve avere il cuore ma solo la testa: il guaio è che, spesso, a causa dei senza cuore, la testa la perdono, fisicamente, i miss». (Il povero Sadat scampò per miracolo, anche 1ui, a una sommossa del pane). \rdimentoso com'è, fidando nella &ua baraka, re Hussein ha spinto il suo governo a portare in Parlamento il piano di ristrutturazione. Ma dopo una seduta tempestosa, 24 deputati del partito di opposizione islamica hanno abbandonato i lavori. Il governo è andato avanti, la ristrutturazione è stata approvata. Di più: irritato dall'ostruzionismo, da lui definito «demagogico», Hussein ha firmato un decreto per interrompere la sessione della Camera bassa. Dall'oggi al domani il pane è aumentato di prezzo. Follemente. Da 85 fils a 180 (375 lire italiane) al chilo. In proporzione è come se da noi il prezzo del pane fosse balzato a 30 mila lire la pagnotta. Da qui l'ira popolare, i disordini che non hanno ri¬ sparmiato neanche Amman, sfiorando addirittura il (triste) «palazzo del sorriso», sede del Divano hascemita. La cosa strana (e preoccupante per Hussein) è che i primi moti popolari siano scoppiati nella città di Karak. Codesta città è infatti beduina, e si vanta, insieme con Ma'an, Mazar, Tafileh, di offrire «la meglio gioventù» a quella Legione beduina ch'è la forza autentica, in termini di fedeltà, del piccolo trono hascemita. Insomma, a ribellarsi sono stati, se non altro per primi, i beduini, i fedelissimi. Lo «zoccolo duro» ha colpito in piena fronte il re coraggioso che la Legione beduina ha (forse) reso spavaldo. Per la prima volta i beduini hanno insultato il loro sovrano. Adesso si tratta di vedere se il grande scontento beduino è soltanto legato alla lievitazione pazzesca del prezzo del pane, ovvero abbia connotati anche politici. Si tratta di vedere se quanto è accaduto, e sta accadendo in Giordania, è soltanto un «fatto locale» oppure è il contagio della delusione, della frustrazione, della «vergogna» di non pochi Paesi arabi convinti di aver perso la faccia. Avendo dato per scontata la realizzazione degli accordi di Oslo, avevano (finalmente) cominciato a pensare che poiché Israele non era poi il diavolo, si potesse avere commercio con il vecchio nemico di sempre, e, in virtù della pace, assicurarsi, grazie anche al primato tecnologico di Israele, un futuro di prosperità. Nel segno di una sorta di mercato comune, quale la conferenza di Casablanca aveva prospettato ad arabi e israeliani, europei e americani. Certamente Hussein è in grado di stroncare anche questa rivolta del pane (ce ne fu una nel 1989) ma la repressione è come l'aspirina: cura il sintomo, non il male. Non vorremmo che a furia di rimpicciolirsi, re Hussein diventasse un nano. Politico. Igor Man Fallito il sogno di un mercato comune trainato dalla tecnologia israeliana Amman è stata costretta dalla sua disastrosa povertà a mettersi nelle severe mani del Fondo monetario In alto re Hussein ispeziona le truppe a Karak e qui accanto un'immagine degli scontri Sotto, Yasser Arafat [foto reuterj

Persone citate: Arafat, Churchill, Hasim, Hussein Ibn Talal, Sadat, Yasser Arafat