L'ombra del grande Reagan sul piccolo Dole

I riflettori spingono il repubblicano a 9 punti da Clinton. A Powell, l'eroe della Guerra del Golfo, l'onore dell'apertura I riflettori spingono il repubblicano a 9 punti da Clinton. A Powell, l'eroe della Guerra del Golfo, l'onore dell'apertura L'ombro del grande Reggati sul piccolo Dole Via alla Convention di San Diego, tra timori e nostalgie SAN DIEGO DAL NOSTRO INVIATO 2000 delegati e i quasi 20 mila fedeli del partito dell'Elefante arrivati da tutti gli Stati si preparavano a vedere sugli schermi del Convention Center un ricordo filmato del Grande Comunicatore e poi ad ascoltare dal vivo la moglie Nancy, gli strateghi di Dole scoprivano le carte. «Quando Bill Clinton ci ha tacciato di reaganismo, come nelle politiche del '94, è caduto in una trappola e ha perso. Il Gipper è ancora troppo popolare», diceva Scott Reed, capo della campagna di Dole. I sondaggi continuano a portare buone notizie e ieri hanno collocato Dole a soli 9 punti di distanza di Clinton. Ma anche i democratici, a fine mese a Chicago, potranno beneficiare dell'effetto-Convention, l'esposizione che potenzia l'immagine. Ci vorrebbe Reagan. «One more for the Gipper, one more for the Gip--per», una vittoria in più per il Gipper, continuava ieri a ripetere Dole come un disco rotto, usando il popolare soprannome che Reagan si è portato dietro quasi tutta la vita per un ruolo interpretato in un film. Ma il Gipper non c'è più. E' vivo, ha 85 anni, sta fisicamente abbastanza bene, ma in due anni il morbo di Alzheimer gli ha fuso il cervello, tanto che mesi fa non ha neppure potuto partecipare alla festa per il suo compleanno. Per questo ieri sera, dopo l'apparizione sul palco di due ex presidenti in carne e ossa, George Bush e Gerald Ford, Reagan è apparso solo in immagini di repertorio. Poi, a rappresentarlo, la moglie, che non è certo popolare come lui. «Certo che ci manca, questo è quello di cui tutti parlano qui: dove lo troveremo un altro Reagan?», diceva ieri un suo vecchio amico, l'attore Charlton Heston. Il Gipper, sì, che aveva tutte le caratteristiche del tipico felice guerriero repubblicano, del vincitore, lui che sapeva sposare l'ottimismo dell'uomo di frontiera nato cow-boy con solidi principi liberisti e anticomunisti. E poi c'era quella forte vena di populismo rimastagli addosso dai tempi del New Deal rooseveltiano, di cui Reagan era un acceso sostenitore, decisiva per conquistare L'onore del discorso inaugurale è toccato a Colin Powell, il popolarisimo generale ex capo degli stati maggiori, eroe della Guerra del Golfo, che a novembre deluse tanti repubblicani rinunciando a candidarsi. Parole attese, vibranti, che però non sono riuscite ad allontanare dall'apertura della Convention repubblicana una vaga atmosfera da seduta spiritica, dominata da un fantasma, una specie di genio buono capace di portenti come l'amico di Aladino. Il sentimento di nostalgia è fortissimo tra i delegati del Great Old Party in questa prima Convention in due generazioni senza Ronald Reagan, ma qui non si tratta soltanto di nostalgia. «Porterò a compimento la rivoluzione reaganiana», sono state le prime parole che il candidato Bob Dole ha pronunciato, sbarcando dal rimorchiatore Silvergate alla Marina di San Diego. E ieri, mentre i quasi LA CITTA1 DELLA CONVENTI La polizia ha assicurato che il traffico marino non verrà modificalo, ad eccezione che durante il clou della Convention: in questo periodo potrebbe anche venire bloccato per motivi di sicurezza. LA KERMESSE DEI CONSERVATORI EMBARCADERO PARCO SUD. l'area tra il lungomare e la baia di San Diego e uno spazio tradizionale per i concerti. SAN DIEGO. SAN DIEGO, la sesta città più grande degli Stati Uniti, non è stata scelta dalla Convention repubblicana solamente per la sua gradevole posizione e il piacevole clima, mb perché fornita di un gran numejadu hofòtjl luogo della Conyentic^'noh è molto vasto^cosi gli organizzatori avevano pensato di tenere lo sessione dell'ultima notte all'aperto, allo stadio «Jack Murphy». Ma l'idea fu scartata per l'incognita del tempo e i problemi di sicurezza. Ma sì, forza con la tromba della nostalgia, vai con gli effetti speciali, luce sui megaschermi, fuori gli spot, un'altra mano di cerone e poi via con la riga della lacrima che apre un sottile canyon sul fondotinta, mentre la banda accenna alle prime note della carica del settimo cavalleggeri così come si fa alla partita di baseball. Grande, grandissima festa dopo una vigilia che sembrava una veglia funebre, finché Dole non ha imbarcato Jack Kemp, per poi sbarcare da un vaporetto addobbato come un café chantant sulle spiagge di San Diego e salutare di nuovo l'America, l'America dell'Elefante. Ieri questo Paese complicato, multicefalo, multilingue, multicolore e tuttavia unico e unito come il grande corpo di un mostro marino si è svegliato e ha saputo la grande notizia, sparata già nella notte dalle televisioni, e poi stampata come un rassicurante bollettino medico su tutti i giornali. E la notizia è che la partita si fa, c'è gioco, c'è squadra, c'è un nuovo allenatore, si chiama Jack Kemp ed è uno che sa stare in campo. Lo dicono i sondaggi: la Convention di San Diego, California, non sarà la veglia funebre intorno a un partito che agonizza insieme a Ronald Reagan, sua grande anima, ma sarà il grande allenamento, si fa la squadra. Dall'America dei grattacieli e delle paludi, dalle mille Paris Texas col distributore, lo spaccio e la strada centrale, l'America degli intellettuali, degli ubriaconi, dei colletti bianchi e dei colletti blu, dei conformisti e dei pazzi (pochissimi neri e ispanici), ha spostato il mouse sulla rete di Internet, modificato gli share, insomma ha dato non attesi e fortissimi segni di interesse. I punteggi sul tabellone elettronico sono improvvisamente cambiati, si vedono altri uomini alla battuta, corrono i difensori delle basi. Questo è un Paese che sa vivere soltanto se in campo alla fine qualcuno vince e qualcuno perde dopo aver fatto battere i cuori e versare lacrime e Coca-Cola in bicchieroni con cannuccia incorporata. Insomma: se in campo si vedono i nostri, il nemico, la rivincita e il colpo di scena. Tutto previsto, intendiamoci. Era scritto nel grande libro dei sondaggi che San Diego avrebbe ridato fiato ai repubblicani. Ma: sarà per la Convention in sé; sarà per la grinta del candidato vicepresidente Jack Kemp (che sembra un presidente in carica, tant'è che Bob Dole ha dovuto raccomandargli di dare una mano e di non fare il protagonista); sarà perché i grandi giornali liberal stanno facendo uno sforzo di equità e di omaggio al grande vecchio partito; sarà anche per l'orgia moltiplicatrice delle dirette tv che rifrangono il congresso in mille schegge; sta di fatto che il punteggio di Clinton nei sondaggi è calato SICUREZZA Dopo l'esplosione dello bomba ad Atlanta durante i Giochi Olimpici, gli organizzatori della Convention hanno rivisto i loro piani di sicurezza. 1 ) Rilevatori magnetici sono stati messi a ogni entrala per scoprire pistole e ogni altro oggetto di metallo. 2) I delegali, i giornalisti e gli ospiti possiedono un pass codificato che dà loro accesso solo a una specifica area candidato repubblicano è mai diventato presidente senza vincere in California dal 1880, da quando, cioè, ci riuscì John Garfield. Ma allora il totale del voti elettorali era 369 e la California ne possedeva solo 6. Inoltre, se Dole abbandona la California, anche Clinton può permettersi di concentrarsi altrove per fronteggiarlo. L'invocazione del fantasma del Gipper è l'ultimo sortilegio che gli strateghi di Dole tentano anche nella speranza di ritornare in gioco in California. Funzionerà? Anche Clinton ammira Reagan e, in parecchie cose, cerca di imitarlo. Anzi, nel modo di parlare, gli assomiglia più di Dole. «Lo copia quasi - diceva ieri con scorno Ken Khachigian, che scriveva discorsi per Reagan e adesso lavora per Dole. - Avete notato il modo in cui Clinton inclina dolcemente la testa da una parte mentre parla? E' pura vendemmia Reagan, credetemi». il cuore della classe operaia democratica del Midwest. E infine c'è il problema California, lo Stato del quale Reagan, pur essendo nato nell'Illinois come Lincoln, è stato per decenni incontrastato imperatore: re di Los Angeles, dove ha sempre vissuto, ma anche principe di San Diego, che amava molto ed è compattamente repubblicana, e conquistatore di San Francisco, con il discorso nella Convention del '64 che aprì la sua carriera politica. Dole, in California, è più distaccato da Clinton che nella media nazionale di circa tre punti. Tanto è vero che i suoi strateghi non hanno ancora deciso se impegnarsi in questo Stato, oppure mollarlo in partenza per concentrare fondi e energie in Stati più oscillanti. Ma è, appunto, un bel problema. La California ha una popolazione e un prodotto interno lordo superiori a quelli del Canada. Controlla più di un decimo, 54 su 538, dei voti elettorali con i quali viene nominato il Presidente. Nessun Paolo Pas ON ON 3) Cani in grado di scoprire esplosivi verranno utilizzati dal giorno precedente all'apertura della Convention 4) Alcune strade verranno chiuse e nessun veicolo potrà essere parcheggiato vicino al luogo della Convention 5) Pattuglie di polizia stradale sono state aggiunte ai 2 mila ogenti di polizia e federali. L'area da vigilare copre 300 miglia quadrate, dalla frontiera con il Messico alla zona Nord della città Il candidato repubblicanalle presidenamericane Bob Dole Grazie all'effetto Convention è a soli nove punti da Clinton sarini no nziali