San Severino Marche scopre il superbo miniaturismo di Giovanna Garzoni

San Severino Marche scopre il superbo miniaturismo di Giovanna Garzoni San Severino Marche scopre il superbo miniaturismo di Giovanna Garzoni ÌSAN SEVERINO MARCHE guardarla così, impastata di neri e di veli, nel ritratto un tempo attribuito a Maratta e restituito dal Susinno a Giuseppe Ghezzi, padre del «caricaturista» Pier Leone, la si scambierebbe per una monaca arcigna e penitente. E dire invece che morì in odore di celebrità e sfarzo, richiesta dalle corti e contesa dai mecenati, lasciando «tutti li miei anelli e diamanti e gioie e tutti li miei dissegni» all'Accademia di San Luca, in cambio di una degna sepoltura. A Giovanna Garzoni, nata nel 1600, veneta - «L'illustre Gorgona, pittrice ascolana», come la deforma nel nome il suo agiografo Cantalamessa Papotti -, è dedicata una brillante carrellata fra poponi, insetti e libellule, in mostra al Palazzo Ducale sino a fine agosto). Poco si sa della sua vita, forse dispettosa, se si tien conto d'un divertente aneddoto. Del cappuccino, suo allievo, il Galantini (in mostra con un autoritratto miniato dai colori di fungo) fu maestra e lui le pagava i conti in farmacia, le portava «pane di zucchero e altre confetture» sul letto di malata e per lei prelevava dagli Uffizi tele da copiare, ma quand'ebbe la grande occasione di donare una copia della Pietà del Tintoretto ad Alessandro VII, la sottopose alla revisione della «nominata Giovanna Ascolana che, o fosse perché ornai, come attempata che era non le obbedisse la mano, o pure per motivo d'invidia, come altri dubitarono, in alcune parti gliela peggiorò». E lui, giovane, non riuscendo a rifar la Pietà all'altezza, ne morì, poco lasciando alla posterità, da buon scalognato intagliatore di legni. «Ma dureranno assai poco e può ben essere che anch'oggi o sien già quasi tutte rotte o rose da tarli o affatto disperse». Invidiosa? Certo non ne aveva motivo, la Dotta Ascolana, che poteva conversare da pari con l'erudito Cassiano del Pozzo, collezionista di opere di Giulio Clovio e di «Alberto Duro», ovvero e non ca¬ li cagnolino seicentesco di Giovanna Garz oni, la «Dotta Ascolana», le cui opere sono come ricalcate in candide decalcomanie Marco Vallora l'immagine. Nel contorno dei temi e iconografie tipiche di Forgioli, la bistecca, la scarpa, la stessa magia si ripropone, fra la tipizzazione essenziale della forma significata e la sostanza vitale e corporea dell'immagine: una conscia contestazione esistenziale del repertorio pop. Ancora più densamente esistenziali e segrete risultano le teste-ritratti, le cui fisionomie «cancellate» travalicano in intensità e densità emozionale i paragoni stilistici, da Giacometti a Bacon. Marco Rosei na, Gargallo, Giacometti, Gonzales, Klein, Léger, Leoncillo, Maillol, Manzù, Marini, Martini, Melotti, Moore, Mirò, Picasso, Rodili, Takls, Tinguely. A cura di: S. Anzias. GORIZIA Secolo d'oro Castello. «I Lichtenreiter nella Gorizia del Settecento» (fino al 17 novembre). Gorizia festeggia il suo millenario con un evento-

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