Camping della morte l'ora delle accuse di Gian Antonio Orighi

Le vittime sono salite a ottanta mentre si scava per cercare i centoquaranta dispersi Le vittime sono salite a ottanta mentre si scava per cercare i centoquaranta dispersi Le vittime sono salite a ottanta mentre s sc pq p^ Camping della morte, l'ora delle accuse / meteorologi, 4 ore prima, avevano chiesto lo sgombero «Un camping incastrato sotto un canalone alluvionale, in una pianura in cui esistono rischi di inondazione, è la cronaca di una catastrofe annunciata». Le parole di Francisco Ayala, direttore di Ingegneria geoambientale dell'istituto tecnologico e geominerario, innescano una polemica a tre giorni dalla tragedia di Biescas, nei Pirenei aragonesi, ove una gigantesca tromba d'acqua ha spazzato via il camping «Virgen de las Nieves», causando 80 morti, 144 dispersi, 180 feriti (10 ancora gravi, di cui 6 in rianimazione). UNA TRAGEDIA D'ESTATE BIESCAS DAL NOSTRO INVIATO La donna era prona, affondata nella melma, le braccia incrociate sotto il capo, come se dormisse. Il prendisole che indossava doveva essere stato chiaro, prima che la morte color del fango uniformasse tutto. Hanno cominciato a tirarla per i piedi, per farla scivolare sotto la catasta di pietre e di sterpi. Poi un ragazzo della Protezione civile ha puntato meglio il raggio della fotoelettrica e ha gridato: «Fermi! C'è qualcos'altro, h sotto». Qualcosa che cominciava ad affacciarsi tra quelle braccia immobili, qualcosa che aveva anch'essa braccia e gambe, un corpo, una testa e una vita. Era un bambino. Un bambino di pochi mesi, ancora coperto dal pannolino e col viso spalmato di uno strato di mota. Una maschera che si apriva solo all'altezza della bocca, lì dove il piccolo doveva essere rimasto a contatto del corpo, della pelle della madre. Lei era rigida, fredda. Quando l'hanno girata, il corpicino è scivolato via, ancora una volta nel fango. Ma un attimo dopo, quell'oggetto ha cominciato a muoversi e ha pianto. Un pianto flebile, raccontano, cosi breve e stentato da somigliare al verso di un gatto. Ma è bastato quel verso per sovrastare i richiami che i soccorritori si lanciavano l'un l'altro, e lo scoppiettio dei generatori. Lo stupore, per qualche attimo, ha fermato tutto. E quel bambino vivo, avvolto in una coperta, è passato di mano in mano fino all'ambulanza più vicina, e l'ambulanza è partita, col lampeggiante arancione che per una volta celebrava il miracolo di una vita salva in un modo così straordinario. Lo raccontano tutti, il miracolo dell'altra notte, lo arricchiscono di enfasi e di particolari come si fa quando si vuole dimenticare il presente, scacciare un incubo che invece è ancora qui, dilaga tutto intorno, riempie la valle di uno stupore atterrito. Quel bambino non ha ancora un nome, come non ce l'ha la madre morta, e come molte altre vittime VELENI IN TAVOLA TOKYO NOSTRO SERVIZIO A poche ore dall'annuncio della probabile scoperta del cibo responsabile dell'epidemia da colibacillo 0-157, un'altra bambina è morta a Chiba, a pochi chilometri da Tokyo, stroncata dall'infezione. Mercoledì, il ministero della Sanità e Previdenza Sociale ha presentato una relazione in cui annunciava che l'epidemia da avvelenamento da cibo di Sakai, nella provincia di Osaka, potrebbe essere stata causata da un tipo di germogli di radice di ravanello bianco, chiamati qui in Giappone «kaiware daikon» e molto diffusi nell'alimentazione quotidiana. La malattia infettiva fino ad oggi ha colpito un totale di 9200 persone di cui più di 6000 nella sola città di Sakai, per la maggior parte bambini delle scuole elementari. Con la bambina morta oggi, appena fuori Tokyo, salgono ad 8 le persone decedute a causa dell'E coli 0-157. Le autorità non credono che una tormenta estiva, benché molto forte («ma non eccezionale: ce ne sono state altre peggiori, alla stessa ora, in Castilla-León, nella stessa Aragona, in Navarra e Catalogna, e non è successo niente», assicurano gli esperti consultati da «Abc») possa aver provocato il più grave disastro naturale degli ultimi 25 anni. L'attenzione della Spagna intera è puntata sulla strage che ha spezzato la vita in famiglie di tutte le regioni del Paese, dalla Catalogna alle Canarie. Le immagini del lento recupero dei cadaveri, il dolore dei familiari che vanno a riconoscere i loro cari (8 i piccoli morti, tra cui un tragedia cominciò alle 19, ndr) che forti piogge si sarebbero scatenate nella zona. La prefettura di Huesca non adottò nessuna misura d'allerta né di sgombero nonostante gli avvisi della protezione civile sull'intensità della tormenta». E conclude amaro: «Il disastro poteva es- bebé di 10 mesi), la disperazione di quanti non sanno se tra i «desaparecidos» ci sono figli, nipoti, mogli, mariti, nonni, sono per ora più importanti delle polemiche. Anche se, per tragica ironia, ieri si è saputo che il «Virgen de las Nieves» era catalogato come uno dei camping migliori di Spagna. Il Mundo parte lancia in resta e a tutta prima pagina denuncia: «Errori a catena delle autorità hanno contribuito alla catastrofe. Il governo aragonese autorizzò l'apertura del campeggio valutando che la sua ubicazione non era pericolosa. L'Istituto nazionale di meteorologia predisse poche ore prima (alle 15, la non l'avranno per molti giorni ancora. La confusione è totale. Secondo il campeggio, i turisti che l'altra notte si trovavano nel recinto erano al massimo 630, ma raccogliendo appelli, telefonate, segnalazioni di parenti in ansia la Protezione civile ha stilato un elenco di 900 persone che avrebbero potuto trovarsi lì. Dove si trovava il campeggio, la valanga d'acqua ha arato il terreno trasformandolo in una sorta di scali¬ nata, dove ancora rivoli d'acqua si rincorrono come in una cascata. Subito sotto, passa la strada per Biescas, e immediatamente oltre la strada scorre un altro fiume, il rio Gallego, che 13 chilometri più a valle è imbrigliato da una diga. Le sponde di quel fiume, adesso, ricordano un cimitero di auto, tanto ingombre sono delle carcasse trascinate giù dall'onda d'urto. E 13 chilometri più in là, contro la diga adesso preme un'e¬ Per il ministero della Sanità la misteriosa epidemia è c sere evitato». Un «j'accuse» smentito ieri pomeriggio da Isabel Tocino, il ministro dell'Ambiente che coordina l'unità di crisi da Huesca e che, come il direttore del campeggio e il presidente dei campeggiatori di Spagna, parla di «tragica fatalità, un incidente atmosferico totalmente imprevedibile». Però si apprende, sempre secondo Ayala, che nella zona di Biescas non sono mai stati fatti studi sui rischi di inondazione. E ieri, sul giornale locale «Diario de Alto Aragón», il direttore dell'Istituto pirenaico Juan Pablo Martinez rivela: «Il campeggio fu dichiarato, all'inizio, zona di alto rischio per essere calda e fredda, si crea una specie di uovo d'acqua che improvvisamente si rompe, sfogandosi in un punto limitato. Infatti, il vicino Rio Gallego non è straripato». Mercoledì notte, il giorno della tragedia, alle 23, la Guardia Civil sgomberò un campeggio a Bielsa, vicinissimo a Biescas, ove villeggiavano 80 ragazzi. Poco dopo il camping fu travolto dalle acque. Dar retta alle previsioni del tempo ha probabilmente evitato un'altra tragedia. Purtroppo nessuno avvisò il «campeggio della morte». Che non avrebbe mai dovuto nascere. un cono di deposito di detriti di un antico ghiacciaio». La legge regionale prevede che non si possono costruire camping vicino a fiumi pericolosi. Ma sia il Rio Gallego che gli altri torrenti dell'area non sono considerati tali. Forse anche perché, nella zona di Biescas, il turismo è la principale fonte d'introiti. L'«eccezionalità» della tromba d'acqua è respinta anche da Jeroni Lorente, docente di Fisica dell'Atmosfera presso l'università di Barcellona, che commenta: «E' stata una tipica tormenta estiva come tante altre che capitano, ogni anno, sui Pirenei. Per lo scontro d'aria Gian Antonio Orighi