SE RASKOLNIKOV SUONA MOZART di Giuseppe Culicchia

IL CONSIGLIO IL CONSIGLIO di Giuseppe Culicchia FINALMENTE torna Factotum di Charles Bukowski (Guanda, pp. 156, L.24.000). Uscito negli Stati Uniti nel 1975, è un romanzo che con gli anni non ha smesso di urlare la sua ribellione contro quell'utilitarismo totalizzante che, partendo dagli Usa, ha contagiato il resto del globo, dall'Asia del Modello Giapponese all'Europa della Qualità Totale. L'anarchica indifferenza del protagonista di fronte all'impressionante numero di assurdi lavori manuali affrontati nel corso della vicenda rasenta la stoicità. Impossibile non ridere (verde) dalla prima all'ultima pagina. L guaio dei romanzieri è che spesso, essendo persone oneste che vogliono raccontare quello che conoscono davvero, si occupano di altri romanzieri o comunque di intellettuali, di querelles paraletterarie, di polemiche editoriali e dì altri argomenti che non possono interessare tutti, almeno non tutto il tempo. Questo guaio riguarda particolarmente gli autori inglesi, che come è stato osservato vivono vite poco interessanti, in un'epoca abbastanza smorta - non è un caso se tante voci toniche nell'odierna narrativa stampata a Londra provengono dal Terzo Mondo e aprono squarci su panorami inconsueti. E' vero che una grossa fetta del pubblico britannico ò acculturata e sembra seguire volentieri argomenti del genere, c'è addirittura chi come David Lodge è diventato autore di bestseller popolari con storie di vitarella accademica; ma come aspettarsi anche all'estero partecipazione a conflitti riguardanti bozze e uscite, lanci e promozioni, invidie e sgambetti, e insomma tutto quanto sta a monte di quell'oggetto frattanto forse in estinzione, il libro, sia pure di lingua inglese? Nel caso di Martin Amis, poi, il dotato e a questo punto famoso figlio del romanziere «arrabbiato» Kingsley (lui pure autore di storie beffarde su letteratucoli o professorini e il tronfio e corrotto ambiente in cui agiscono), c'è l'aggravante, parlo sempre a nome del fruitore alloglotta e non troppo familiare col background, che costui non ha vere vicende da raccontare, ma piuttosto brani da allineare in margine a una situazione. Singolarmente questi brani contengono sfoggi di virtuosismo anche abbaglianti, ma chi legge cercando di seguire un filo dura fatica, almeno fino a quando non si rende conto che nessuno gli chiede di far altro che rilassarsi e lasciarsi frastornare momento per momento da tali fuochi d'artificio. Inoltre bisogna essere disposti ad apprezzare la sgradevolezza, perché Amis è un satirico, e non descrive mai altro che sensazioni spiacevoli - ubriacature, malditesta da troppo fumo, cibi dal sapore disgustoso, persone antipati- SE RASKOLNIKOV SUONA MOZART RASKOLNIKOV Laura Mancinelli Einaudi pp. 132 L. 20.000 RASKOLNIKOV Laura Mancinelli Einaudi pp. 132 L. 20.000 N incontro nello scompartimento di un treno, un gioco di sguardi fra un uomo e una donna, fra la curiosità di lui che vuole scoprire cosa sta leggendo lei e la civetteria sorniona della lettrice, che si diverte a nascondere il titolo e l'autore. Inizia così Raskolnikov, il nuovo libro di Laura Mancinelli, che non è un romanzo ma un intarsio di piccole e bizzarre storie quotidiane, un ironico divertissement sulle sue amicizie e sulla sua essenziale filosofia del vivere. Raskolnikov è un pianista geniale e bizzarro, sbadato e svagato, allievo di Benedetti Michelangeli; Arianna è una donna mite e romantica, con il gusto per i gesti e i sapori quotidiani, ossessionata da un libro, Se questo e un uomo di Primo Levi. E' questo il dono che la protagonista fa ai suoi amici: un modo per alimentare la memoria, combattere l'oblio, dar valore alle nostre azioni, anche minime. Se il Lager ha pesato nella coscienza di Levi «come un macigno che può rendere intollerabile la vita», non bisogna dimenticare le ferite inferte alla coscienza collettiva, il senso di colpa che ha tormentato quelli che si sono salvati. Organizzare in un teatro di provincia una serata in onore dello scrittore torinese, sopravvissuto al Lager ma non al peso tremendo dell'Olocausto, diventa per Arianna una sfida per continuare a vivere, una lotta tenace contro il male sempre in agguato: «La speranza, anche se piccola, anche se tanto celata che nessuno la vede e non ci accorgiamo à; nutrirla in noi. è la cosa più importante, capace di tenerti in vita contro ogni logica». gna «lasciando tracce di sangue sulla tastiera e la musica di Mozart sparsa sul pavimento» luna storia che la Mancinelli aveva già narrato ne I racconti della mano sinistra), deve rinunciare a un concerto per essere rimasto prigioniero nella doccia, viene sospettato di un delitto dai carabinieri per aver inopportunamente chiesto notizie del «mostro di Cavagnolo», facendo scattare un equivoco di esilarante e beffarda comicità. C'è sempre un sorriso agrodolce nella scrittura della Mancinelli, che conclude la vicenda Il candore e la svagatezza di Raskolnikov sono la nota più felice del libro: il pianista, che non ha nulla del tormentato protagonista di Delitto e castigo, ricorda piuttosto l'ascetica e disarmante ingenuità di un altro personaggio dostoevskiano, il principe Myskin de L'idiota. Scompare misteriosamente dalla sua casa di monta¬ gna «lasciando tracce di sangue sulla tastiera e la musica di Mozart sparsa sul pavimento» luna storia che la Mancinelli aveva già narrato ne I racconti della mano sinistra), deve rinunciare a un concerto per essere rimasto prigioniero nella doccia, viene sospettato di un delitto dai carabinieri per aver inopportunamente chiesto notizie del «mostro di Cavagnolo», facendo scattare un equivoco di esilarante e beffarda comicità. C'è sempre un sorriso agrodolce nella scrittura della Mancinelli, che conclude la vicenda sulle note dell'Adaaio di Mozart, quello in si minore, K. 540. Il musicista austriaco è stato per lei un gioioso angelo custode, un tenero compagno di ore felici che ha segnato, con la tecnica del contrappunto, le tappe della sua narrativa e della sua vita più segreta. Massimo Romano che e via dicendo. Sto parlando dell'ultimo romanzo L'informazione, che per l'atmosfera si riallaccia a due precedenti, Money e Tenitori londinesi, altrettanto massicci e egualmente collocati nel brutale benché in teoria ricco e civilizzato West End londi¬ nese. Qui la trama continuamente abbandonata riguarda l'odio furioso di uno scrittore mediocre e frustrato per un altro scrittore altrettanto mediocre ma, incongruamente, baciato dal successo, nato ad appena un giorno di distanza da lui. Il primo si chiama Richard Tuli, il secondo Gwyn Barry, e il loro strano rapporto (sono amici sin da ragazzi) si riflette nella coppia di gemelli molto diversi, Marius e Marco, di cui Richard è padre. Richard pubblicò un romanzo diversi anni prima, ma in seguito se ne vide respingere molti, e per vivere ora scrive solo recensioni; il suo opus in corso, intitolato «Senza titolo», è talmente illeggibile che chi lo comincia, per ragioni professionali, immancabilmente si ammala. Furiosamente quanto segretamente ge¬ loso di Gwyn, che peraltro continua a frequentare - giocano a biliardo e a tennis, malissimo entrambi, e si cimentano goffamente anche in altri passatempi, nei quali Richard vince sempre - Richard decide di sabotarlo, e arclùtetta complicati piani che però di solito falliscono ritorcendoglisi contro. Rincasando ubriaco da una di queste missioni per esempio sbatte con l'auto proprio davanti a un commissariato di polizia. Mezzo per masochismo, mezzo per continuare nella sua opera di distruzione, accetta di seguire l'amico-nemico in un giro promozionale negli Usa... L'odio di Richard unito alla sua inettitudine è il filo conduttore, ma poi si procede per vignette, e incisi, magari di commento sardonicoamaro - «Perché piangono gli uomi¬ ni? Per colpa delle lotte e delle gesta e della maratona delle promozioni, perché restano ciechi anche con il passare del tempo, per colpa di tutte le erezioni che devono inventarsi sul più bello dal nulla...» -, magari argutamente descrittivi, di orrori anche americani - «Alle spalle di Richard, tra la spiaggia e la strada principale, dove il commercio balneare si contorceva in preda alle convulsioni sullo sfondo di un innocuo proscenio di art déco, c'era un'area verzolina, circondata da bassi muretti di mattoni, in cui Gwyn Barry, e altri, stavano girando mi video rock». Da entrambe le citazioni si sarà notato come il traduttore sia all'altezza. C'è anche una sottotrama abbastanza oscura su certi teppisti, e ci sono cenni sulla squallida vita pri¬ vata dello scrittore fallito e sui suoi rapporti con i figlioletti e con le donne, fra cui la passiva moglie Gina; le donne non sono peraltro il forte di Amis, che consumato tutto il suo sarcasmo sui mariti le vede solo come presenze anonime, sullo sfondo. Certo non a caso nel libro viene citato Nabokov, che di Amis è evidentemente un modello, ancora piuttosto lontano, tramite mia frase in cui il grande russo si dichiara omosessuale nelle sue simpatie letterarie, nel senso di prediligere i libri degli uommi. Amis lo è nel senso in cui i personaggi in cui si impegna sono tutti di sesso maschile; il che peraltro visto come li tratta potrebbe essere una forma di cavalleria. Masolino d'Amico MA CHE BEL RESTYLING PER L'ANONIMO LOMBARDO L'ANONIMO LOMBARDO Alberto Arbasino Adelphi pp. 205 L. 28.000 L'ANONIMO LOMBARDO Alberto Arbasino Adelphi pp. 205 L. 28.000 AGINA 101: «...la tentazione irresistibile di "non fare il racconto", ma appunto questa "grossa sotie" forsennata e trucibalda. Sviluppare da un materiale passabilmente "tragico" un groviglio di variazioni proliferanti "da ridere"...». Eccetera eccetera. A caso - ma è un caso da imbarazzo della scelta - abbiamo estrapolato ad uso personal-critico questa sorta di autocertificazione arbasiniana a proposito di sé medesimo e del tutto di sé che compare tra le pagine ora ristampate del suo giovanile Anonimo lombardo. La prima edizione uscì da Feltrinelli nel '59; una seconda, riscritta, presso Einaudi nel '73. Niente di veramente definitivo, come già decretava l'Autore presentando quella nuova versione, poiché ogni testo contiene in sé «numerose versioni possibili che si modificano ad ogni rilettura». Ridefmire quindi Arbasino alla luce di questa terza riproposta dell'opera è mi compito arduo e ripetitivo, all'insegna del si è già detto tutto il dicibile. Ripercorrere il suo passato fingendosi novelli lettori, potrebbe magari valere come confronto in termini di attualità del testo. Si fa tanto clamore sulla tenuta stagna di certi prodotti del Novecento, quindi perché non considerare questa opera seconda del geniale raffinato rampollo di Voghera (dopo le Piccole vacanze del '57), inviato speciale assoluto sul fronte del Kitsch d'alto bordo e della mondanità intellettuale, alla luce degli ultimi bagliori del secolo? Un bilancio esistenziale quando ancora la vita è lungi dal sigillare bilanci definitivi. Una summa di cognizioni acquisite in tempo record e già ruminate in termini di critica assoluta, a denominazione di origine controllata e garantita. Una capacità di rincorrere il testo nel testo, di reinventare le trame sulla base delle esperienze nel frattempo venute a bussare alla porta. Una lieta giocosità intellettuale della citazione sparsa come un'interminabile sequenza di semi tracciasentiero verso una superiore definizione, già esclusivamente personalizzata, di romanzo totale. Tutto questo compare nel romanzo, o non-romanzo, o romanzo-saggio di Arbasino, e già basterebbe per gridare al miracolo. Ci sono i riferimenti necessari per incorniciare la petulanza salottiera (basterebbe aggiornarli con qualche nome di vippuscolo recente); ci sono le frustrazioni di un giovane beneducato a contatto con la propria sfera affettiva (love story omosex, trattata con una disinvoltura assai prossima alla nostra generazione da inchiesta-copertina); ci sono le considerazioni sulla letteratura italiana già tutte incasellate in un'elitaria antologia del Buon Gusto unita all'arricciar di naso nei confronti dei polverosi sudaticci neorealismi di moda all'epoca... Il bildungsroman arbasiniano è quindi presente in toto tra queste pagine. La scheda anagrafica del- per sputare - con eleganza - sulle tombe dei padri letterari, senza rimediare figuracce, ma anzi impartendo saggi consigli a campo aperto, nella vita e nelle arti. Proprio qui, in questa capacità critica costruttiva, campeggia il valore ultimo, e piuttosto assoluto, della letteratura che si autorigenera. Già, e la trama? O la mancanza di trama? O il tentativo di provare ogni tipo di trama? Potrebbe essere, non necessariamente nell'ordine: a) un grande amore mancato; b) un romanzo epistolare; c) un gioco esistenziale che è una ricerca di sé e della propria vocazione alla vita; d) un riverente omaggio all'ingombrante ombra del Gran Lombardo Gadda. E altro ancora. Per noi è soprattutto un brindisi dell'Autore alle proprie spavalde capacità di farsi leggere senza troppa voglia di saziare la brama del lettore. Se una storia c'è, è nella genesi affettiva e intellettuale che ha portato il giovane Arbasino a tessere le sue trame in un gioco d'alto livello a cui tutti possono partecipare, entrando in campo senza l'obbligo di passare la palla o di terminare l'incontro. Qualcuno ha sostenuto che Arbasi- Alberto Arbasino pubblica da Adelphi la terza versione del suo «Anonimo lombardo» (già Feltrinelli '59, poi Einaudi 73) l'autor giovane ma criticamente maturo e in grado di «fare tendenza» è tutta qui, in questo esempio di de-formazione esistenzial-narrativa-mondana che spara a raffica sulle mitologie maturate nel bonario clima ricostruttivo del dopoguerra. Qui campeggia una sorniona faccia tosta cosmopolita che spinge da presso i nostri rachitici letterati di provincia alla ormai mitica «gita a Chiasso». In questa atemporalità essenziale e assoluta risiede tutto il valore di un'opera che ha superato indenne mode e stagioni. Con qualche riferimento aggiornato, dicevamo, potrebbe essere il testo consacratelo di un rampante dei nostri giorni, con l'unica differenza che sarebbe piuttosto raro trovare, oggi, un trentenne che abbia letto tutto il necessario Un saggio di Eva Cantarella rievoca un «passato prossimo» del femminismo contemporaneo: da Tacita, ninfa del silenzio a Sulpicia, poetessa dell'amore le antesignane di un lungo cammino verso l'emancipazione dal Potere no non ha mai mostrato grandi doti narrative. Noi pensiamo piuttosto, in questo caso specifico, ma basterebbe citare l'ultima, vigorosa versione dei Fratelli d'Italia, che una ricca riflessione su tutti i romanzi possibili contenga già in sé la storia stessa del Romanzo e la sua giustificazione - davvero unica - ad esistere. L'epoca di Augusto è un caso più unico che raro nella Storia (compresa quella della Grecia): anche se il ruolo primario degli uomini non venne mai meno, si stabilì «un patto tra i sessi» che fu generalmente rispettato