I discotecari tirano il freno; la frase fantasma di De Coubertin

/ discotecari tirano il freno; la frase fantasma di De Coubertin / discotecari tirano il freno; la frase fantasma di De Coubertin e cominciano a lanciare iniziative per catturare i giovani. Alcune di queste sono degne di nota, come ad esempio l'idea della discoteca «Flintstone» di effettuare sconti per chi guida e decide di non bere. Chissà che questa crisi non possa essere finalmente il motore per un circolo, questa volta virtuoso, di buone iniziative! Giancarlo Brunello Segretario generale «Sicurstrada» «Battaglioni sacri» votati alla vittoria A giochi olimpici finiti speriamo che si plachi la diatriba sulla frase attribuita al Barone de Coubertin, «l'importante non è vincere, ma partecipare». Il Barone, forse uno dei pochi francesi che abbiano avuto una visione di largo respiro, una Weltanschauung, scrisse migliaia di pagine, che quasi nessuno ha mai letto. Ebbe però il merito di teorizzare il «tempo libero», come pochi altri. Nella mia qualità di membro della Commissione Culturale del Ciò ho più volte suggerito, invano, di realizzare almeno un estratto della sua opera. Peraltro, frugando tra i suoi scritti, non ho trovato traccia di quella benedetta frase, diventata ormai «argomento di riso e di trastullo», anche presso gli addetti ai lavori. Lo sport olimpico in versione «samaranchiana» si traduce in ricerca di successo a tutti i costi. Sicché i Comitati olimpici nazionali addestrano «battaglioni sacri» che puntano esclusivamente alla vittoria. Il detto attribuito al Barone non era privo di fascino; ma non regge il confronto coi bei versi di Properzio (Libro 11,10,6): Quod si deficiant vires, audacia certe Laus erit; in magnis et voluisse satis est. In sintesi, nelle grandi imprese basta l'aver voluto. Donato Martucci, Roma il LA LETTERA DI O.d.B. struita nel 1886 collegata tramite un'interessante soluzione architettonica a 1 imponente edificio settecentesco con fondamenta medievali e 1 teatro-palestra (seconda metà del secolo scorso, ristrutturato alla fine degli Anni 20). E' anche previsto, ovviamente, lo sterro della collina su cui si ergono questi edifìci. Egr. Sig. Del Buono, le segnalo questa iniziativa che è un enorme paradigma dei mali del nostro Paese. Può un fatto di cronaca spicciola locale diventare di interesse nazionale? A noi pare di sì in quanto ciò che stiamo per raccontare ci sembra sintomatico di una barbarie sociale e urbanistica diffusa che dimostra ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, il disinteresse della maggior parte degli italiani per il proprio patrimonio storicoarchitettonico e la superficialità di coloro che sono pagati dallo Stato per tutelarlo ma valorizzano interessi privati... , torna cone atore «Ci troviamo di fronte a una vera e propria speculazione edilizia, camuffata da operazione di recupero. Siamo in pieno clima di sventramenti ottocenteschi o di "piccone risanatore" del regime. Vorremmo sottolineare oltre la validità (in tutti i sensi) di questi edifici, anche la pericolosità del progetto soprattutto dal punto di vista idrogeologico in quanto sono presenti nel sottosuolo dell'area in questione falde acquifere che vanno a ingrossare un rivo sotterraneo che, puntualmente, ad ogni nubifragio (così frequenti a Genova) tracima e fa esplodere l'asfalto nella vicina via delle Fontane. Il recupero, a nostro giudizio, sta proprio nel rispettare l'assetto architettonico che la Storia ci ha consegnato. Infine, fatto da non trascurare, nel 1995 la Regione Liguria a cui venne sottoposto il progetto espresse un parere sfavorevole sull'intera operazione...». Mario Pecchenino, Genova Per il Comitato del Carmine GENTILE Signor Pecchenino, io non ho l'autorità per intervenire in questa vicenda, ma posso pubblicare come lei mi chiede l'esposto del Comitato del Carmine e sottoporlo ai lettori: «Il Comune di Genova ha ottenuto dal ministero dei Lavori Pubblici circa 5 miliardi per iniziare un intervento di "riqualificazione urbana" riguardante la proprietà del Pio Istituto Negrone Durazzo Brignole Sale situata nel borgo del Carmine nel centro storico della città. Il progetto prevede, oltre la ricostruzione di alcuni edifìci bombardati nell'ultima guerra (tra cui un oratorio seicentesco), la realizzazione di 1 parcheggio sotterraneo privato per circa 180 posti auto. Per questo è prevista la completa demolizione di alcuni edifici abitati da 16 famiglie e 5 negozi che dovranno tra breve abbandonare gli stabili. Verranno, infatti, abbattuti 1 palazzina di 2 piani co- Genovil picrisan tità soprattutto quando si vede la morte vicina, da come reagisce e si comporta. E poi vi sono guerre giuste e non giuste. La guerra di «Liberazione» combattuta nel nostro Paese, fu una lotta giusta perché portò una libera democrazia consentendo poi un benessere mai registrato nella nostra storia. Benessere e libertà che anche chi la pensa come il sig. Banale non rifiutano, anzi «ci sguazzano dentro». Ma ciò che mi dà fastidio è chi si erge giudice e emette sentenze su cose che non ha visto e quindi che non conosce. Albino Porro, Asti Intesa scritta fra Stato e Testimoni Sono d'accordo con l'articolo «Fede e leggi» di Ferdinando Camon (La Stampa del 21-7-96) inerente all'omertà che vige nella setta pseudo-religiosa geovistica. Trovo buffo che i Testimoni di Geova si siano appellati, per avere il recupero della «confessione» sequestrata dagli organi competenti, al Tribunale della Libertà (poi non concessa). Nei Testimoni di Geova non viene presentata e poi vissuta e testimoniata la libertà dei Figli di Dio-Amore-Gesù, ma bensì una libertà che schiavizza, che incatena. Troppa acqua è passata sotto il ponte dell'omertà geovista; è tempo che il problema (come l'articolo sostiene) venga risolto a monte, «una volta per tutte». Saluto, cristianamente, con stima. Rita Dell'Oro, Intra (Verbania) Credente, per grazia misericordiosa del Dio-Amore, Gesù Sono d'accordo sull'opportunità che lo Stato disciplini i rapporti con la confessione religiosa dei Testimoni di Geova, ma non coartando le coscienze, bensì nel rispetto degli artt. 3, 8, 19 e 32 della Costituzione. Se i responsabili della Comunità di Seveso hanno accettato il pentimento del padre indegno (per atti di libidine sulla figlia) senza che la moglie fosse informata per poter proteggere la ragazzina, sono censurabili. E se hanno detto al magistrato di non sapere nulla, anziché eccepire l'obbligo del segreto, sono censurabili. Ma non pare che le cose stiano così. La stessa assiduità dei due pastori nei confronti del traviato fa pensare che si preoccupavano di verificarne la buona condotta. Si chiede forse ai preti cattolici di denunciare i fatti anche gravi dei quali vengono a conoscenza nell'esercizio del loro ministero? I rapporti dei Testimoni di Geova con la classe medica sono ben diversi da come l'articolo di Camon suppone. A termini di legge (art. 19 D.M. 15/1/91) la somministrazione delle trasfusioni è soggetta al consenso informato del paziente o di chi ne ha la tutela. Le prime macchine «autotrans» per operare senza trasfusione furono offerte agli ospedali italiani dai Testimoni. E i risultati sono stati talmente buoni che ora vengono utilizzate anche per i non Testimoni. Altro che assassini di bambini, come crede il popolino! Franco Rizzo, Torino Risponde Ferdinando Camon: Per le morti che provocano col rifiuto delle trasfusioni, i Testimoni di Geova furono chiamati «Associazione a delinquere», e chi li chiamò così fu assolto dal Tribunale di Venezia, in quanto l'espressione «non è reato» (giornali nazionali, 12-3-1992). Avrei preferito che non si arrivasse mai a quella definizione. Ho qua dei titoli di giornali: «Il piccolo immolato sull'altare di Geova», «Costretta alla trasfusione: il Comune la impone alla Testimone che, in fin di vita, la rifiutava», «Geova, medici nei guai: ubbidirono al Testimone che morì, rifiutando la trasfusione». Nell'articolo chiedo che si arrivi a una intesa scritta tra Stato e Testimoni. Affinché non ci siano più ingimie, né violenze dei Testimoni sui medici, né dei medici sui Testimoni, né cadaveri.