«Lui e Villa, due leoni eterni rivali»

«Lui e Villa, due leoni eterni rivali» «Lui e Villa, due leoni eterni rivali» il nostro amico ——; : 17— — : — ; ; orgoglioso // d d Tt Ml D Cp il nostro amico ;17 ;;orgoglioso // ricordo commosso di Testa, Merola e Di Capri frenata - il contrario delle sceneggiate - del «leone vero eppure docile». Ricorda Tajoli che andò a sentirlo alla Bussola e gli disse: «Bravo, leone». Racconta: «Gli risposi che ero il leoncino e lui l'unico leone vero». E torna a quel problema fisico: «Credo che molta forza gli venisse da lì. Lui reagiva. Entrava e si appoggiava a una sedia. Ma appena cantava sembrava dire: io vi sembro così, ma così non sono, io sono questa voce. Nel suo «Binario» c'era quella figura sempre ferma. Adesso si è fermato lui, caro Luciano». Caro Luciano mostro sacro ma anche osservatore degli innovatori e fanciullescamente indispettito dal loro trionfo. E' affettuoso il ricordo del «ragazzino» Peppino Di Capri, rispettosissimo della scuderia di «adulti» Tajoli, Consolini, Villa: «C'era chi puntava alla potenza e chi, come lui, aveva la grazia vincente dell'usignolo». E racconta: «Per noi diciottenni quei quarantenni non erano una scuola, non li vivevamo così. Erano mostri sacri non da abbattere, ma almeno da aggirare per superarli. Con lui partecipai a un Cantagiro e a una tournée in America, dove vidi il vero trionfo di un grande. Per noi ragazzini era come oggi per uno del karaoke cantare insieme a Zucchero o a Michael Jackson. Al Cantagiro era così combattivo, si immedesimava così tanto da accentuare - mi pare con un braccio al collo - il suo problema fisico, così da commuovere e strappare voti. Io vinsi e lui fu secondo. Ma da quel momento, da quella prova di entusiasmo combattivo, imparai ad amare l'uomo dietro il mostro sacro». L'uomo, appunto. E' soprattutto Arturo Testa, l'amico delle strade divise - Testa passò presto alla commedia musicale e dal '70 tornò alla sua vera vocazione, la lirica - a riallacciare il filo con il Tajoli ragazzo e poi divo: «Eravamo entrambe meneghini, di estrazione popolare. La cosa più logica era cantare per la gente. E lui lo faceva con una naturalezza estremamente rara. Quando mia madre pronosticò la vittoria al Festival di Sanremo, non c'era nulla di diverso da aspettarsi. Era naturale». Prima, però, parlava di orgoglio. Risponde Testa: «Certo, l'orgoglio era la sua debolezza. Non avrebbe mai chiesto di partecipare a qualcosa. Aspettava che lo chiamassero». Forse per via di quel suo difetto? «Vuol dire che temeva il pietismo? Questo è certo, Era un artista perché era l'uomo che era. Oggi forse, lo dico senza polemica con nessuna, un handicap diventa un atout, una chance. Allora era davvero un handicap. E lui era orgoglioso, signore. Così signore che mi domando fra tre anni chi lo ricorderà a fondo, passata l'emozione della scomparsa. E' successo anche per quel grande interprete che era Claudio Villa. E questo è scandaloso, molto scandaloso. Auguro a Luciano che non sia così». GRAZIA innata e capacità da fine dicitore lirico. E quell'orgoglio che a volte gli si è ritorto contro». Così Arturo Testa ricorda, con la commozione di chi - via telefono dalla «Stampa» - viene colto dalla notizia di un lutto, l'amico e collega. Una strada intrapresa insieme, benché ci fossero oltre dieci anni di differenza e una storia professionale diversa, il Conservatorio per Testa e la sfida entusiasta per Tajoli, il teatro dopo la tv per Testa e i palcoscenici studiati dagli impresari per Tajoli. Ciao Luciano, hai fatto tutto bene, bene e con dolcezza, e tante volte hai superato i nostri studi. Questo dice Testa a «un amico carissimo, anche se lo vedevo raramente» che se n'è andato. Ricorda: «Era impostato bene, però era un'impostazione naturale, innata. Penso a certi falsetti, assai più belli dei miei, o di quelli di Beniamino Gigli, fieri della nostra voce lunga e chiara». Parla di un «canto efficacissimo, un alter ego di Claudio Villa che ai Festival dell'Unità, di fronte a un pubblico semplice e genuino, batteva tutti quanti. Il suo handicap non lo vedeva nessuno, lo ascoltavano e basta». E, anche alle agenzie di stampa, Nilla Pizzi, coprotagonista con lui di recenti tournée in Italia e all'estero, racconta: «Era pignolo anche sull'allestimento degli spettacoli e non lasciava mai nulla al caso. Il contatto con il pubblico lo inuminava». Da Napoli, Mario Merola, ci parla con commozione Marco Neil-otti

Luoghi citati: America, Italia, Napoli, Sanremo