Tocco al cuore per salvare gli animali; omicidi bianchi, solo silenzio

Tocco al cuore per salvare gli animali; omicidi bianchi, solo silenzio Tocco al cuore per salvare gli animali; omicidi bianchi, solo silenzio vita di tanti animali, anche quella di esseri umani, non possiamo che gioirne. Marco Poli, Bra Responsabile settore «Comunicazione & Sviluppo» Lega Nazionale Difesa del Cane Quel che resta degli ideali olimpici Tanti secoli fa gli antichi Greci inventarono le Olimpiadi. Era un modo per sottolineare l'unità spirituale del popolo greco, che ogni quattro anni dimenticava le faide e le guerre fratricide in nome della grecità. Era una manifestazione sportiva, ma che traeva dei motivi sacrali dalla celebrazione della fondamentale unità di una cultura. Or sono cent'anni, un signore ebbe l'idea di far rivivere questi ideali. Forse era un ingenuo, erano altri tempi. Può anche darsi che nei primi anni la cosa si sia fino ad un certo punto verificata, non so. Certo è che le Olimpiadi moderne avevano perso qualsiasi valore, non diciamo sacrale, ma neppure ideale, almeno sin da quando Hitler si arrabbiò perché un negro vinceva troppo. Che cosa succeda oggi lo stiamo vedendo. E di fronte a questo carrozzone da migliaia di miliardi, destinato a solleticare le vanità sportive dei vari Paesi (allegro il de Coubertin, lui e il suo «l'importante è partecipare») e a portare ingenti benefici alla città ed al Paese che hanno avuto la fortuna o l'abilità di assicurarselo, l'unico commento che ho visto da parte dei mass media, a parte la scontata deprecazione, è stata la critica per l'insufficienza delle misure di sicurezza. Condita magari da un po' di maligna soddisfazione nei confronti degli americani: che imparino anche un po' loro. Bisognerebbe discutere sul senso che possono ancora avere queste Olimpiadi, e se la fratellanza umana non potrebbe essere meglio celebrata nel tentativo di alleviare le ingiustizie. Camillo Riccardi Candiani S. Sebastiano Po (Torino) LA LETTERA DI O.d.B. o spot piegato ucato gato del quale addusse il ritardo nel rimborso alla disfunzione postale ("ci vuole una settimana perché una lettera spedita in città arrivi a destinazione") e alla burocrazia interna della Telecom ("la richiesta passa per diverse mani, dev'essere protocollata e firmata prima dell'inoltro all'ufficio addetto ai rimborsi"). Il rimborso mi "era comunque stato inoltrato il 28 giugno" e l'avrei ricevuto "la settimana successiva a quella in corso". Ho lasciato Firenze e l'Italia il 14 luglio, a settimana successiva conclusa e senza il rimborso dovuto e promessomi. L'impiegato aveva concluso, seccatissimo: "Io faccio l'interesse dell'azienda e poi la Telecom ha ben altro da fare che restituire schede perdute". Immagino che sarà troppo impegnata a salvare condannati a morte nei fortini del deserto televisivo per potersi preoccupare del tran-tran dei condannati a vivere nella giungla metropolitana. Telecom, ci ami? Sì, ma quanto ci ami? Ognuno tragga le sue conclusioni...». Elogio il corrispondente Sergio Comet per la tenacia con cui ha difeso un suo diritto e mi auguro che, nel frattempo, il rimborso sia arrivato. Quanto alla Telecom, suggerisco sommessamente di dedicare un pensierino alla pubblicità negativa che può fare un impiegato maleducato. Gentile Signor Del Buono, trovandomi a Firenze il giugno scorso, provai a telefonare da una cabina situata all'interno dell'ospedale di Careggi con una scheda da 10.000 lire appena acquistata. L'apparecchio mi inghiottì la scheda senza restituirmela né darmi la possibilità di telefonare. Comunicai prontamente il guaio alla Telecom, da cui mi venne promesso che un tecnico sarebbe stato mandato subito sul posto e sarei stato poi richiamato. Non avendo ricevuto alcuna comunicazione, telefonai il giorno seguente... Sergio Comet, Helsinki GENTILI lettori, ogni tanto, mi trovo a pubblicare qualche protesta contro qualche disservizio della Telecom. Ma non è affatto per partito preso, è solo per collaborare alla buona fama della Telecom, aiutandola a migliorare i rapporti con gli utenti. La segnalazione che mi fa il lettore de La Stampa Sergio Comet è la storia di un disservizio minimo ma potenzialmente pericoloso. «Telefonai il giorno seguente all'Ufficio Telefoni Pubblici della società da dove mi fu richiesto di inviare loro una lettera - lo feci il giorno stesso - con la segnalazione del guasto e la richiesta di rimborso, che sarebbe stato evaso "immediatamente'' dopo il ricevimento della mia. Non so quale sia la valenza del vocabolo "immediatamente" nel linguaggio della Telecom, fatto sta che il 7 luglio, non avendo ancora ricevuto il rimborso dovutomi, richiamai quell'ufficio, un impie- Il brutdell' immaled Annualmente le statistiche dicono che sono oltre 1000 gli infortuni mortali sul lavoro in Italia: la più alta percentuale tra i Paesi della Cee. La prevenzione antinfortunistica è prevista dall'art. 2087 del Codice Civile ma la legge «tecnica» che la governa è la 626 dell'U.E.: purtroppo la sua continua proroga non fa che esacerbare le piccole e medie imprese; lo Stato dovrebbe farla entrare in vigore favorendo con contributi la conversione delle strutture antinfortunistiche delle imprese. Servirebbero molto anche le leggi che il ministro dei Lavori Pubblici e quello della Funzione Pubblica hanno annunciato contro la corruzione dei pubblici funzionari. Se fossero già in vigore, il giovane Zanni, caduto il 5 lugho nella tromba dell'ascensore di un palazzo in costruzione a Milano e l'ispettore Rapone dell'Usi di Roma, colto in flagrante mentre intascava una tangente di 2 milioni e suicidatosi il 6 luglio per la vergogna di non aver saputo praticare «la piccola virtù» dell'onestà (come ha scritto il 7 luglio Lorenzo Mondo con la sua affascinante prosa) sarebbero certamente ancora vivi. Giorgio Amprimo, Torino Gli scrittori facciano muro Sulla Stampa del 25 luglio, leggo un articolo di Mario Baudino intitolato «Tasse, scrittori in rivolta». E' strano che i «rivoltosi» siano i colleghi scrittori, che in questa storia non c'entrano un bel niente. Una trentina di anni fa, cominciai una crociata solitaria e iniziai una causa contro la Siae. La Società degli autori forniva al fisco notizia del 100% di quanto veniva versato agli associati, anche delle cifre percepite dall'estero, dove le tasse erano pagate alla fonte. Si trattava, quindi, di un caso di doppia tassazione. La Siae sostenne che era estremamente difficile tenere una contabilità aggiornata nazione per nazione e allora si addivenne a un accordo; il fìsco concesse l'abbattimento del 30% sull'intero rendi¬ conto di ogni associato. Perciò, i musicisti - che, spesso, diversamente da De Crescenzo, con i loro proventi non possono permettersi una filippina - furono i primi a capire quello che oggi, giustamente, sostiene Dacia Maraini: «Il nostro è un Paese dove non si legge, non si va a teatro... Mi sembra, questo, un settore su cui sarebbe meglio non infierire». E i musicisti ritennero doveroso tendere una mano agli scrittori, facendo includere la loro categoria nella deduzione sebbene non fosse stata colpita dalla doppia tassazione; però, cosa che tra gli intellettuali dovrebbe farsi sempre, non strombazzarlo ai quattro venti. Ora, dopo trent'anni, vengo meno a questo riserbo solo perché credo che le rivendicazioni degli scrittori si basino davvero sul nulla. Voglio sperare che lo scrittore italiano più bravo e più di buon senso, Pietro Citati, abbia ancora ragione: ((Alla fine non se ne farà più niente». Però occorrerà che tutti, a cominciare dagli scrittori, «facciano muro», minacciando il governo. «Se farete passare questa legge insulsa, la Siae farà tutti i conti riguardanti i diritti che si incassano dall'estero». Agli aventi diritto andrebbero pagate cifre che superano di molto il 30% che 10 Stato concede con l'attuale abbattimento. Franco Mannino, Roma 11 prestigio delle case editrici In un'intervista trasmessa qualche giorno fa da Telecampione, Inge Feltrinelli ha affermato con entusiasmo che solo a Milano ci sono case editrici importanti, prestigiose, le altre città, compresa Roma, non ne hanno assolutamente. Imperdonabile. Basta consultare i cataloghi Bollati Boringhieri ed Einaudi, per esempio, due case torinesi, ma guarda un po', non milanesi, (che peccato)... Fabrizio Manfredi Orbassano (Torino)