Vassalli: «Le contestazioni sono una replica del '48»

Vassalli: «Le contestazioni sono una replica del '48» Vassalli: «Le contestazioni sono una replica del '48» Ha mai conosciuto personalmente Erich Priebke? «No. Sapevo che esisteva e che era uno dei principali ufficiali di via Tasso. Ma non l'ho mai incontrato. Sono sempre stato interrogato dal maresciallo Weisemann». Lei avrà seguito, come tutti, in televisione la lunga attesa e le violente reazioni alla sentenza. «Sulla sentenza, come le ho già detto, non posso esprimermi. Ma trovo che la reazione dei cittadini non solo sia spiegabilissima, ma anche largamente attesa. Sono cose già viste, già accadute nel 1948. Questo processo era già stato fatto allora». C'è qualche differenza, tra il 1948 e oggi? «Ricordo bene il processo del 1948. Io c'ero. Ci fu la sentenza giudice della Corte Costituzionale, non posso esprimere giudizi». Giuliano Vassalli, avvocato, giurista, parlamentare socialista e poi ministro della Giustizia, è nella sua casa di Fregene. Con il nome di Guido Venturi, è stato membro della giunta militare del Comitato di liberazione nazionale dal 16 ottobre del 1943 al 10 febbraio del 1944. Doveva sostituire, in quel molo, Sandro Pertini, rinchiuso nel braccio tedesco di Regina Coeli. E proprio Pertini e Saragat, il 24 gennaio del '44, Guido Venturi fece fuggire dal carcere. Per quell'azione eroica, Giuliano Vassalli che a sua volta era stato rinchiuso a via Tasso, torturato, e poi liberato per intercessione dell'allora cardinale Montini, poi divenuto papa Paolo VI, ebbe la medaglia d'argento della Resistenza. QROMA UANDO Erich Priebke fu arrestato, Giuliano Vassalli non ne fu affatto meravigliato: «E' una cosa che può stupire solo se si dimentica che il nazismo era un fenomeno di dimensioni tali che non ha avuto uguali nella storia d'Europa. Pensare che i nazisti non fossero in grado di ricostruire, sia pure nel tempo, una rete per salvare i propri adepti, significa non avere chiara la potenza inaudita raggiunta da un regime che era riuscito a occupare tutta l'Europa continentale, fino agli Urali», raccontò in un'intervista nel maggio del 1994. Oggi non ha voglia di tornare sul tema, anche se poi, sul giudice Giuliano Vassalli ha la meglio il partigiano Guido Venturi: «Su questa materia hanno scritto e parlato persone più autorevoli di me. Sono un INCONTRO IN CARCERE CI sono andato dopo il pestaggio alla Camera, dopo aver subito i colpi della Lega, dopo aver capito chi sono i veri nazisti nell'Italia di oggi». Anche Vittorio Sgarbi, ieri pomeriggio, ha superato la porta di Regina Coeli per parlare con l'uomo delle Ardeatine. «Stavo per cedere alla vigliaccheria - dice -, quella che ti fa restare impietrito davanti all'orrore. Ma poi mi sono detto che se persino io mi lasciavo condizionare dall'emozione, allora era davvero finita. Sono andato a parlare con il mostro. Anzi, con l'omino che la sete di vendetta ha trasformato in un mostro». Onorevole Sgarbi, sta dicendo che Priebke le ha fatto pena? «Quando l'ho incontrato, era nella sala che i magistrati usano per gli interrogatori: tavoli di formica orrendi, una terribile finestra di alluminio anodizzato, peraltro aperta, per far venire la voglia di scappare. Lui era li seduto: in camicia e con un paio di calzoni beige. Quando mi ha visto mi ha chiesto: "Scusi, ma lei tino a qualche mese fa aveva mai sentito parlare di Erich Priebke?"». Elei? «E io niente, che dovevo dire? Certo che non io avevo mai sentito nominare. "E allora le sembra giusto che io sia trattato come il vice di Hitler", mi ha risposto lui. Stava lì, ripeteva le cose con il suo italiano infarcito di parole spagnole. Ripeteva di aver obbedito agli ordini, che altri come lui erano stati assolti a Norimberga. Mi ha raccontato la sua vita: è venuto due volte in Italia, ha viaggiato in tutto il mondo con un passaporto con il suo vero nome. Non si è mai nascosto, e d'improvviso - per aver rilasciato un'intervista in cui confermava il suo anticomunismo - è diventato un mostro assassino. Ma dov'è il

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