Pescando l'America nella palude

Pescando l'America nella palude Pescando l'America nella palude In Louisiana, specchio dell'orgoglio sudista tendiamoci: Baton Rouge come New Orleans non è America. Come del resto non sono America Los Angeles, San Francisco e New York: tutte anomalie, cisti di altre culture, ispaniche o europee. Ma questo è anche Sud vero, profondo, distaccato. E violentemente in crescita rispetto al Nord. Il Sud degli Stati Uniti sta esplodendo in industrie, affari, grattacieli, competizione, e tira con la sua parlata stravaccata e lenta, con iì sole negli occhi, le pale dei grandi ventilatori che ronzano la loro canzone anche quando c'è l'aria condizionata. Tutto il mondo ha visto Atlanta delle Olimpiadi e forse ha pensato che Atlanta sia una città ripicchiata e rimpannucciata per l'evento, ma non è così: Atlanta esplode di potenza, di ricchezza, e così tutta la Georgia, e così la Louisiana e la Florida, dove la Miami di oggi non ha nulla, ma assolutamente nulla, a che vedere con la Miami degli Anni Ottanta, quando si contentava di essere mia gigantesca Ostia Lido per miliardari. La piccola Betesy adesso ha mangiato e ci sta intomo con occhi languidi. I serpenti d'acqua disegnano le loro lunghe esse e le tartarughe stazionano sulle basi degli alberi. La palude è gigantesca, ha le sue strade e le sue conche, è un mondo in cui si svolge quanto di più americano, la wildlife, la vita selvatica di uomini e cose, animali e piante; è mi mondo che sa di piroghe, di indiani, di disperati ubriaconi, di turisti grassi col culone che non gli sta nei bermuda, un mondo di ragazzini petulanti che vogliono comprare tutto nei bazar e di piccoli spacci sulle rive del Mississippi ni cui si vende tutto il ciapa-ciapa del ciarpame da rifugio: scatoline e T-shirt, coccodrilli di plastica nel barattolo che si rovescia facendo la neve e pizzette, dispenser di Coke e gabinetti con igienizzazione ad ogni scarico di sciacquone. Il Sud Risorgerà, avverte una scritta sulla vecchia bandiera dei confederati. E il Sud è un sentimento di estraniazione da quanto può esserci di contaminato ed europeo, perché qui l'Europa è veramente lontana, straniera, incomprensibile, non desiderata. Per arrivare alla palude e alla capanna di Jim Howkins ho percorso un ponte sul lago che sarà lungo una ventina di chilometri: un cavalcavia che galoppa su acque limacciose e tempestose, miste di mare e di marais, salmastro e lacustre. Un ponte che si ingobba per lasciar passare le piccole navi, un paesaggio da pay-bas dei tropici o meglio un mondo infernale che sveglia l'inquietudine che può dare soltanto la Cienega Grande, la grande foresta palustre pietrificata ai bordi del Rio Magdalena, all'ingresso dei quattro paesini bananeros che costituiscono l'immaginaria Macondo di Gabriel Garcia Màrquez in Colombia. La grande palude placida fra alberi e alligatori si svolge nell'infinito acquitrino della vita, che è una metafora trasparente dell'America, come sa chiunque abbia amato i comics di Pogo, di Kelly, in Accanto all'acquitrino spunta improvvisa l d In alto, immagini della palude della Louisiana. A destra suonatori di jazz nelle strade di New Orleans Qui lanciano la loro sfida al Nord con un crescendo di affari industrie e grattacieli Passano i battelli con la grande ruota carnai di turisti colorati come gelati ^ paci di distinguere il vero dal falso, il vecchio dal nuovo, l'antico dal moderno, generazioni di inconsapevoli grassoni fluttuanti intorno ad adolescenze e maturità che superano di molto il quintale, dal colorito incerto fra il mulatto dorato e un pallidissimo insaccato ariano. Perché parlare di quest'America, del vecchio pescatore Jim e della sua vezzosa Betesy l'alligatora innocente? Perché questa è una frontiera piuttosto ignorata da noi europei, che guardiamo sempre a New York, nostra dépendance sulla linea Modane, Parigi, Londra, Quinta Strada; o alla rutilante Los Angeles che è già una delle capitali dell'Americasia, uno dei subcontinénti del Pacifico insieme all'Australasia, un mondo e un contorno che comprende nel suo lago mediterraneo Tokyo, San Francisco, Sydney, Santiago de Chile, e piuttosto Shanghai o Hong Kong che non Boston e il New England. Ma qui, in questo bordo e questo brodo d'America, guardano in pochi. Mentre questo è uno dei cuori pulsanti e pulsanti nel nuovo. Sulla via che porta alla palude, all'improvviso si presenta una giantesca fabbrica piena di operai, opifici, parcheggi, e in un prato un mostro gigantesco e cilindrico tenuto su un carrello che potrebbero sostenere soltanto una decina dei più potenti Tir della Terra. Quel coso è il razzo Saturno 5, con i suoi cinque ugelli posteriori anneriti da antico fumo spaziale, la pelle argentata e annerita di bulloni ossidati, come una lieve putrefazione del tempo. E se ne sta su un prato verdissimo in un parcheggio di periferia. E' la Nasa, l'ente spaziale americano che conquistò la Luna e cui dobbiamo quasi tutto il rientro di tecnologia elettronica che cambiò le nostre vite vent'anni fa. E un grande alligatore che attraversa la strada, due pullman fermi, le madri che trattengono i figli che vorrebbero carezzare il bestione stordito, strisciante, e il drago dalla pancia troppo bassa sembra che rida per l'imbarazzo di aver provocato questo gran casino, è vecchio e di più non può. «Boomtown Casinò», avverte un cartello largo quanto un palazzo, piantato a palafitta sulla schiena del mondo. Ma il Casinò non si vede, sarà piuttosto dalla parte di New Orleans. E' da queste parti, come a Miami in Florida, che i ragazzini di New York riescono a farsi regalare, di contrabbando, piccolissimi alliga tori che i vecchi come Jim volentieri danno via come souvenirs sperando che un giorno sterminino le famiglie metropolitane. E gli alligatori, passando dalla boccia dei pesci alla vaschetta sul balcone, finiscono alla fine nello sciacquone del bagno e di lì alle gramente nelle spelonche delle fo gne, dove si adattano, vivono di pantegane e crescono, ingigantiscono nel buio degli inferi, assumono dimensioni da incubo e per cuotono con le loro code di sette metri le acque limacciose degli spurghi destinati all'Hudson. Qui esiste il mito dell'alligatore albino, come altrove quello della balena bianca. Jim pesca pesci, bestie da far paura, anche pescigatto ^ Mj/fk ^S

Persone citate: Gabriel Garcia, Jim Howkins