Tour Eiffel, simbolo d'Europa di Aldo Cazzullo
Tour Eiffel, simbolo d'Europa Tour Eiffel, simbolo d'Europa E per il nostro Paese, batte la torre di Pisa N~ PARIGI ON abbiamo ancora imparato il suo vero nome (si pronuncia «Effel», Isenza la «i»). Però la sentiamo più nostra dei nostri monumenti: la torre di Pisa, il Cupolone, la Mole Antonelliana. Per un italiano su due la Tour Eiffel è «l'opera dell'uomo che simboleggia meglio l'Europa». Anche se non è più (da 65 anni) la più alta del mondo, superata dalle follie americane e dalle bizzarrie asiatiche; anche se appare ormai confinata a un'epoca passata, di acciaio e di ottimismo, di slancio e di modernità, la Torre parigina è considerata dalla maggioranza degli europei l'unico saldo vessillo della traballante Unione. Ma perché la Tour, e non il Colosseo o l'Atomium? Il sondaggio va letto così. «Sofres», primo istituto demoscopico di Francia, ha chiesto a 4040 tra spagnoli, inglesi, tedeschi e italiani di scegliere tra la Torre Eiffel e un grande monumento del loro Paese. In Spagna l'«orrore» (così la chiamava Verlaine) ha surclassato i ricami di marmo dell'Alhambra (59% contro 36). A Londra il «mostro» (Alexandre Dumas) ha umiliato un mito nazionale come il Big Ben (62 contro 39). Soltanto in Germania le è stata preferita la Porta di Brandeburgo. In Italia, «l'inutile ferraglia arrugginita» (Guy de Maupassant) ha staccato di oltre 20 punti la torre di Pisa. Il committente del sondaggio è la società che gestisce la Torre, il che può dar adito a qualche sospetto. Ma la seconda parte del questionario decreta il definitivo trionfo del simbolo di Parigi e, da ora, d'Europa. Il 50% degli inglesi e dei tedeschi e il 37% degli italiani ha già salito almeno una volta i 1652 gradini (o, preferibilmente, ha preso uno dei quattro ascensori). Per portare i bambini su questa grande giostra di metallo? No: i due terzi ammettono di esserci andati per se stessi. E, se noi italiani siamo affezionati alla Tour, quella dei francesi è una vera passione: quasi tre su quattro hanno tentato la scalata, considerata ormai «una sorta di cerimonia laica». Molti meno sono stati ammessi alla cerimonia gastronomica che si officia al secondo piano, nel mitico ristorante «Jules Verne» (prenotate almeno un mese prima e tenete da parte 180 mila lire a testa). Ma perché ci affascina tanto questo monumento alla modernità, ora che la modernità è finita? Centosette anni ci sono voluti, perché la creatura dell'ingegner Eiffel riuscisse a integrarsi davvero nel paesaggio di Parigi e nell'immaginario dei suoi abitanti. Che, quand'era nata, avevano organizzato raccolte di firme per abbatterla. E erano quasi giunti a farlo. Quel 31 marzo 1889, una domenica, i cinquanta consiglieri comunali di Parigi che con mogli e parenti salirono per primi in vetta ne scesero disorientati e impauriti. Gustave Eiffel è pazzo, commentarono, e Jules Ferry dev'esserlo diventato. Era stato proprio il Presidente del Consiglio a volere quel chiodo di 300 metri, elevato alla gloria dell'Industria e del Progresso. C'era da festeggiare il centenario della Rivoluzione e da celebrare degnamente l'Esposizione Universale. Ma la reazione, a tutti i livelli sociali, fu di disgusto e sdegno. Duecento tra artisti e intellettuali, tra cui i citati Dumas e Maupassant, firmarono un manifesto contro la «montagna arrugginita». Tra le accuse, la più infamante fu quella di rappresentare un cedimento all'arrembaggio del «mercantilismo americano». Un secolo e qualche chilo di ruggine dopo, eccola trasformata in simbolo dell'Europa. La Tour Eiffel:fu inaugurata marzo 1889, non senza contrasti. Molti la giudicarono «mostruosa» evPlesncszdtcscntc« Aldo Cazzullo
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