Istanbul, nell'infermeria dell'orrore

L'imbarazzo della tv di Stato Non dà la notizia che la ragazza è spirata L'imbarazzo della tv di Stato Non dà la notizia che la ragazza è spirata Il ministro della Giustizia: «Il blitz forse già stanotte L'Europa si faccia gli affari suoi» Istanbul/ nell'infermeria dell'orrore 7/ medico: una ventina in coma, strage in 48 ore Alle sette di sera, quando si allontana da questa prigione di Barympasa, il dottor Ohran Arioglu pulisce gli occhiali dalla polvere e da quel che ha appena visto. Lui, il capo della Camera dei medici di Istanbul, insisteva da giorni: «Fatemi visitare i detenuti, da troppo tempo sono in sciopero della fame: o muoiono o subiranno conseguenze irreversibili». Ieri, al settimo morto in quattro giorni, il dottor Arioglu finalmente ha avuto il permesso per Barympasa. «Purtroppo per questa notte prevedo altri tre morti - dice all'uscita, e sempre strofinando le lenti -. Ma domani, se non cambia nulla, dovrò metterne in conto altri 17...». Coma. Il dottore scende dalla collinetta di Barympasa da solo, a piedi, lasciando sul portone del carcere 26 militari e quattro blindati. La strada è sbarrata da copertoni dipinti di azzurro e bianco, passano soltanto i bambini che vanno a riprendere il pallone e qualche mulo che tira carrette di cipolle e cocomeri. Arrivato a casa il dottor Arioglu avrà la conferma di qual che già sapeva. Non è solo Barympasa il carcere della morte, non sono solo Umraniye, Bursa, o Aydin o Ankara. C'è anche Canakkale, sulla strada per Troia, dove è morta Aise Idil Ekmen, 22 anni, militante del «Dhkp-C», il partito comunista marxista-leninista. E' la prima donna che muore, e l'avevano condannata ad appena tre anni. Non a 15, come Tahsin Yilmaz che si è lasciato morire a Barympasa a mezzogiorno. Non a dieci, come gli altri sei. Ma i telegiornali della sera di Aise Idil SI SCE LA PELLE SI INDEBOLISCE 0 SETTIMANE 1 Ekmen non hanno parlato. I morti, per chi guarda la tv, restano sette, la terza notizia di tutti i tg che hanno date la precedenza assoluta al presidente Suleyman Demirel che ha inaugurato la nuova sede del Besiktas, squadra di calcio di Istanbul. E anche questo strano dosaggio delle notizie lascia capire l'imbarazzo, forse la confusione, di certo l'impotenza del primo governo turco a guida musulmana. E' dal 18 maggio che i detenuti sono in sciopero della fame e della sete. Uno sciopero disperato e suicida. «In 40 carceri - calcola Eroi Anar, presidente dell'Associazione diritti umani - da ieri sono in sciopero 2 mila militanti del Dhkp-C e 4 mila indipendentisti curdi». Nella piccola sede dell'Associazione, tre stanze in quello che era il quartiere italiano, ra¬ gazzi e ragazze con spilla al bavero e piccolo fiocco nero a lutto, Saban Dayanan, 28 anni, fa da portavoce. «Lavoro qui da 8 anni e ogni anno è peggio. I detenuti a rischio sono 280. Solo uno ha rinunciato, Fijoran, perché è un ragazzo e i suoi compagni gli hanno detto di vivere». Detenuti a rischio, rischio di coma irreversibile. «Ma non vogliono cedere - dice Saban -, andranno avanti finché le loro rischieste non verranno almeno ascoltate». Firmato il permesso per il dottor Arioglu, ien pomeriggio il ministro Kazan ha convocato i giornalisti. La sua prima volta, la prima mossa del governo: ed è una di quelle mosse troppo simili all'ultimatum. Fino a venerdì Kazan era stato diplomaticamente irremovibile: «Se smettete lo pericolosa, sappiamo che in carcere sono armati. A Barympasa abbiamo individuato 17 agenti di custodia che hanno dotato i prigionieri perfino di telefoni cellulari, fax e computer portatili». La linea dura di Kazan contro quella durissima dei prigionieri. Il ministro, poi, ipotizza che lo sciopero sia un terrìbile atto di ritorsione dei dirigenti del Dhkp-C nei confronti - come ha detto - «di multanti che si stavano avvicinando allo Stato». Insomma, per dirla all'italiana, una manovra contro potenziali «pentiti». Ma questa ipotesi al momento è tutta di Kazan, nessuno in due mesi di sciopero ne aveva mai accennato. Due mesi passati in attesa della resa, della fine delle protesta. E al contrario, due mesi di sciopero che è arrivato a 8 morti, almeno 20 moribondi e 280 a rischio in 40 sciopero possiamo trattare». Da ieri i tom" si son fatti diplomaticamente brutali: «Per cortesia, smettetela altrimenti vi facciamo smettere noi». Il ministro alza l'indice della mano destra: «Se non la finiscono ci sarà il nostro intervento, ma si sappia che se lanciamo la nostra operazione, se entriamo nelle carceri, ci saranno almeno 50 morti!». L'operazione potrebbe essere avvenuta già nella notte. La morte di Aise Idil Ekmen, più che le proteste internazionali, avrebbe convinto il governo di Necmettin Erbakan a cercare la soluzione. I detenuti più gravi potrebbero essere trasferiti in ospedale, affidati ai medici del dottor Arioglu. Ma sembra proprio questo il problema: come entrare nelle carceri? Il ministro Kazan non nasconde la sua drastica intenzione: «E' gente carceri e tra 6 mila detenuti. La polizia, non solo a Istanbul, è in allarme. Ieri in città è intervenuta per impedire l'arrivo della bara rossa di Huseyn Dermicioglu, morto giovedì ad Ankara: 150 fermati e parecchi feriti. Ma non è intervenuta a Sarigazi, a Nord Ovest, verso la Tracia, città scelta dal Dhkp-C per le sue cerimonie, al funerale di Mujdat Yanat morto giovedì ad Aydin. E oggi, a mezzogiorno, manderanno rinforzi al vecchio liceo francese Galatasaray, dove come tutti i sabati da 68 giorni si ritrovano le madri e i parenti dei detenuti politici. Alla stessa ora il dottor Arioglu e i suoi occMalini torneranno a vedere come è passata la notte sull'orribile collina di Barympasa. Giovanni Cerniti

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