«Mandate soldati in Burundi»

«Le parole e gli appelli non bastano certo per fermare i massacri» «Le parole e gli appelli non bastano certo per fermare i massacri» «Mandate soldati in Burundi» L'Osservatore Romano vuole una task force Il nuovo presidente tutsi Buyoya «Non voglio altri bagni di sangue» ROMA. All'indomani del colpo di Stato attuato dalle forze annate burundesi, con il Paese sull'orlo di una guerra civile simile a quella che due anni fa sconvolse il vicino Ruanda, la comunità internazionale scende in campo per esprimere tutta la sua preoccupazione. La drammaticità degli ultimi eventi ha fatto prendere posizione anche all'Osservatore Romano, che ieri si è schierato a favore di un intervento militare internazionale in Burundi. L'Osservatore ha denunciato la passività nel fermare le stragi del Paese. «La comunità internazionale - si legge in un editoriale assiste da anni passivamente a questo genocidio strisciante». «Certo - prosegue il giornale vaticano - non mancano gli appelli di governi e di organizzazioni internazionali al dialogo e alla pacificazione; tutti sono prodighi di saggi consigli né fanno difetto i dibattiti all'Onu, l'invio di missioni diplomatiche a Bujumbura e l'offerta di aiuti economici e finanziari. Tutto, purché non si parli di una qualche forma di intervento militare intesa a far cessare le stragi». «Nessun governo, comprese le grandi potenze, gelosi custodi dell'ordine internazionale, è infatti disposto a rischiare per porre fine - sottolinea il giornale vaticano - ai crimini contro l'umanità che si commettono in quello sventurato Paese africano». Dopo la ferma condanna del colpo di Stato dei segretario generale delle Nazioni Unite Boutros Ghali, Salim Ahmed Salim, segretario del¬ ISRAELE l'organizzazione dell'Unità africana, ha chiesto alla comunità internazionale di «isolare» il Burundi. Gli Stati Uniti, per quanto «profondamente preoccupati», lavoreranno con Pierre Buyoya - nominato ieri presidente dall'esercito tutsi «se seguirà le norme costituzionali sulla successione e non fomenterà i disordini tra hutu e tutsi». In ogni caso il dipartimento di Stato americano ha fatto sapere che Washington considera ancora legittimo presidente Ntibantunganya. A Bruxelles l'Unione Europea si sta muovendo per la sospensione degli aiuti al Burundi e ha chiesto l'immediato ritorno a un governo civile. Mentre si spara nel Sud del Burundi, il nuovo presidente Pierre Buyoya, un moderato tutsi che aveva condotto il Paese alle elezioni democratiche, sta tentando di normalizzare la situazione. Ieri ha lanciato un messaggio alla popolazione per la riconciliazione nazionale. Ha invitato inoltre l'ex presidente Ntibantunganya a collaborare per trovare la via della pace e per scongiurare un bagno di sangue ed ha annunciato la prossima costituzione di «un governo di transizione», costituito «al di fuori dei meccanismi dei partiti politici». Buyoya ha poi affermato che la durata della «(transizione» dipenderà dalla fine dell'ondata di violenza etnica, che dall'ottobre 1993 ha già provocato 150 mila morti. Al riguardo, Buyoya ha ribadito di essere pronto ad avviare negoziati con i ribelli hutu solo «se rinunceranno alla violenza e deporranno le armi». Ha quindi ribadito la sua contrarietà all'invio in Burundi di una «forza di sicurezza» regionale. Stando a quanto riferiscono fonti della capitale, nella zona di Bururi sarebbero in atto scontri tra militari e bande armate. Anche in alcuni quartieri di Bujumbura, la tensione sta crescendo e la notte scorsa vi sono stati cinque morti. Squadroni di giovani tutsi si addestrano marciando per le vie della capitale armati di bastoni chiodati. Sono gruppi radicali che fanno capo a Jean-Baptiste Bagaza, un ufficiale tutsi già presidente del Burundi e destituito da Buyoya con un colpo di Stato nel 1987. [Ansa-Agi] Il presidente Buyoya e (nella foto grandi reclute dell'esercito a Bujumbura ande) un gruppo [foto ansa-reltter]

Persone citate: Boutros Ghali, Buyoya, Pierre Buyoya, Salim Ahmed Salim