Golpe dell'esercito tutsi Il Burundi crolla nel caos

Il presidente hutu rifugiato nell'ambasciata Usa: non cedo Il presidente hutu rifugiato nell'ambasciata Usa: non cedo Golpe dell'esercito tutsi Il Burundi crolla nel caos Chiusi aeroporti e frontiere sciolto il Parlamento e messi fuorilegge tutti i partiti Imposto il coprifuoco Ora si teme il massacro Bande di militari e di civili armati di bastoni percorrono la capitale I diplomatici stranieri: non uscite di casa La Farnesina: sono 170 pronto il piano di fuga BUJUMBURA. Minacciato e temuto da giorni, il golpe militare in Burundi c'è stato: le forze armate di Bujumbura, a maggioranza tutsi, hanno nominato ieri un nuovo presidente, nella persona di Pierre Buyoya, appartenente alla stessa etnia, destituendo di fatto l'attuale capo dello Stato Sylvestre Ntibantunganya, hutu, che due giorni fa aveva trovato rifugio nell'ambasciata americana, insieme ad altri leader politici. Il pronunciamento dell'esercito, preceduto e seguito da alcune sparatorie nel centro della capitale, è stato annunciato alle 16 alla radio di Stato dal ministro della Difesa Firmin Sinzoyiheba, dopo che militari dei reparti scelti a partire dalle 14 avevano istituito posti di blocco nelle principali strade di Bujumbura. In un «messaggio alla nazione» pili volte ritrasmesso, è stato affermato che «per garantire la pace l'esercito ha deciso di destituire Ntibantunganya e di nominare al suo posto Buyoya per «un periodo di transizione». E' stato poi ricordato che gli aeroporti e le frontiere del paese restano chiusi. Appresa la notizia della nomina a presidente del Burundi di Buyoya - che aveva già ricoperto questo incarico dal 1987 al 1993 - Ntibantungaya ha annunciato di non avere alcuna intenzione di dimettersi. Gli Stati Uniti hanno annunciato di considerare ancora a tutti gli effetti Ntimbantunganya il legittimo presidente del Burundi. Le forze armate hanno fatto sapere di aver dichiarato fuorilegge tutti i partiti politici esistenti, di avere sciolto il Parlamento (nato, 3 anni fa, dalle prime elezioni libere celebrate in Burundi dalla fine del mandato coloniale belga) e di aver imposto il coprifuoco dal tramonto all'alba. Chiunque violi quest'ultima disposiziuxiw -- hanno minacciato i soldati che pattugliano, armati fino ai denti, le vie della città - sarà fucilato. Lo storico conflitto tra tutsi e hutu era sfociato in una guerra civile strisciante tre anni fa, dopo l'omicidio del primo presidente democraticamente eletto, un hutu, nelle elezioni del 1993. In scontri interetnici, si calcola che negli ultimi tre anni siano morte non meno di 150 mila persone. La situazione in Burundi era drammaticamente precipitata due giorni fa, quando decine di tutsi esasperati avevano lanciato pietre contro Ntibantungaya, durante i funerali delle 312 persone massacrate da un commando di hutu sabato scorso. «I politici hanno fallito nel loro tentativo di risolvere i problemi e noi abbiamo deciso che il Paese non poteva andare avanti in questo modo. Buyoya ha più esperienza, è un democratico e la maggior parte della gente lo rispetta», ha dichiarato il portavoce dell'esercito, Minani. Buyoya, che aveva deposto Jean-Baptiste Bagaza in un colpo di Stato del 1987, portò il Paese alle prime elezioni demo- UN amico caro mi segnala l'articolo di William Rees-Mogg sulla crisi di Suez: esattamente quarant'anni fa. ((Allorché accadimenti che abbiamo vissuto diventano Storia, si vien presi da una sorta di straniamento: quasi che sentissimo dei pas.,1 sulla nostra tomba», scrive pressappoco William ReesMogg. Correva l'estate del 1956: il 26 di luglio il Colonnello Nasser, miss dell'Egitto non più monarchico, nazionalizza il Canale di Suez, «la vena jugulare del petrolio» (arabo) destinato all'Occidente, in particolare alla grande industria anglofrancese. E' la prima, temeraria sfida del Terzo Mondo agli ultimi epigoni dei possenti imperi coloniali; è la rivolta dello Spartacus arabo, lui, Gamal Abdel Nasser contro gli odiati padroni; è la premessa della seconda guer- cratiche nel 1993 ma fu sconfitto da Melchior Ndadaye, che divenne il primo presidente hutu del Paese. Il segretario generale dell'Onu Boutros Ghali ha condannato il colpo di Stato affermando che non sarà accettato dalla comunità intemazionale. «Il segretario generale - ha detto la portavoce Sylvana Foa - rivolge un appello-a tutte--le parti in~f causa perché rispettino la Costituzione e ricordino che la comunità internazionale non accetterà cambiamenti di governo con la forza. Un nuovo scoppio di violenza potrà solo prolungare le sofferenze degli abitanti della regione». «Dobbiamo fare tutto quanto è in nostro potere per evitare che il Burundi diventi un nuovo Ruanda»: è quanto ha dichiarato ieri a Maputo il ministro degli Esteri tedesco Klaus Kinkel, (in missione in alcuni Paesi dell'Africa australe), dopo aver avuto notizia che numerosi leader politici del Burundi, tra cui il ministro degli Esteri, il presidente del Parlamento ed il suo vice, si sono rifugiati nell'ambasciata tedesca di Bujumbura. Intanto, a New York, Kofi Annan, rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite per le forze di pace, ha dato il via a dei colloqui con gli Stati membri dell'Orni per la creazione di una forza di pace per il Burundi. Finora, tre Paesi - Uganda, Tanzania e Etiopia - si sono offerti di inviare uomini per un totale di 10 mila unità. [AdnKronos-Ansa] ra arabo-israeliana. Vinta, tanto per cambiare, da Israele che però si ritirerà, di lì a un anno, dal Sinai mentre Eden e Mollet - finti pacieri - saranno costretti a chiudere nel cassetto ogni ambizione imperialistica. Per sempre. C'è nel mondo un nuovo gendarme, oramai: gli Stati Uniti d'America. Che vedono sì Nasser come il fumo negli occhi e tuttavia, in attesa di liberarsene, ritengono più urgente far capire ai loro alleati che la Storia ha cambiato cavallo. E c'è un segretario generale dell'Orni, Hammarskioeld, che «si innamora» di Nasser e infatti i primi Caschi Blu regolano inflessibilmente il ritiro delle truppe angloamericane dall'Egitto, consentendo al giovine miss di trasformare una disfatta militare in una vistosa vittoria politica. Heikal, il giornalista principe egiziano, consigliere appassionato del Colonnello, racconta che Nasser quando apprese del declino fisico di Eden gli disse pensoso: «E' la vendetta del Faraone». Nel suo articolo Rees-Mogg scriveche tutto sommato Eden aveva visto giusto. Certamente Nasser non