Colpo alle Poste Cella è in Francia

Intercettata la telefonata del fuggiasco. E nel camper sequestrato una pozza di sangue Intercettata la telefonata del fuggiasco. E nel camper sequestrato una pozza di sangue Colpo alle Poste, Cella è in Francia Forse gli assegni del bottino dovevano finire all'Est CORSO TAZZOLI235 Autorimessa dei furgoni blindati Due morti ammazzati, il terzo preso (e ricoverato in ospedale, in attesa di tre by-pass). Dov'è finito il quarto uomo del colpo alle Poste? Adesso c'è una traccia: nei giorni scorsi era in Francia. E da lì ha telefonato a Susa. La notizia avvalora l'ipotesi che il latitante Ivan Cella, nella fretta di scappare non abbia potuto mettere le mani nel nascondiglio del bottino. Diversamente, sarebbe andato subito molto più lontano. Allora, dove può essere il denaro? Per il momento vi è una sola certezza: almeno 230 milioni, la sera del colpo, presero la via di Alessandria. Giorgio Arimburgo (il suo fermo è stato convalidato per 30 giorni, e l'accusa derubricata in concorso in peculato) parla ma non convince i pm. Ha promesso di restituire 150 milioni destinati alla sua parte di «esperto della Costa Rica». Paese dove l'ex commerciante di motocicli ha aperto due conti correnti su richiesta di C u*r> zoni. Arimburgo ha pure ammesso di essere partito per il Centro America il 28 giugno, dando per sconta¬ to che l'amico di baldorie e di progetti fosse in viaggio per la stessa meta. Laggiù ha atteso invano Guerzoni, ed è tornato. I milioni li aveva lasciati in Italia. Perché? Arimburgo dice anche: «Guerzoni mi ha parlato di un'organizzazione che avrebbe provveduto a riciclare il denaro a Varsavia». La confidenza, se vera, può avere un solo senso: gli «uomini d'oro» del colpo alle Poste sapevano che avrebbero razziato anche un bel po' di assegni che solo nell'Est europeo - e attraverso le mani lunghe della malavita - è possibile monetizzare. Ricavandone solo una parte, il resto ai ricettatori. Cella è il solo, fra gli autori del colpo, che sembra aver avuto più contatti con certi ambienti: compiva frequenti viaggi in Albania, e aveva a disposizione un'auto «taroccata». A Susa, sono in molti a parlarne come di un balordo diviso fra birrerie, impianti elettrici, e «qualcos'altro di poco pulito». Insomma, di questa storia ogni giorno balena un altro scenario. Fermiamoci ai fatti. Anche oggi ve ne sono di nuovi. E pure sconcertanti: il colpo era già tentato, e non solo provato a maggio. Ughini si era chiuso per tutto il percorso nella cassaforte del furgone blindato delle Poste, ma fra un ufficio po¬ stale e l'altro gli aspiranti «uomini d'oro» si resero conto che il bottino non sarebbe stato all'altezza dei loro piani. E vi avevano rinunciato. E poi questo camper al centro dell'inchiesta: ogni volta che lo esaminano, scorgono altre macchie ematiche; l'ultimo controllo, l'altro ieri, ha portato alla clamorosa scoperta di una vera pozza di sangue in un ripostiglio. Abbastanza grossa da strappare al professor Pierluigi Baima Bollone, perito di parte, la battuta: «Ma qui ci hanno messo un cervo morto». E la storia della 7.65, marca Bernardelli: se ha sparato la notte del colpo, Domenico Cante non riu¬ VIA NIZZA 10 scirà a cancellare il sospetto che non sia la sua. Non l'ha mai denunciata e non può dimostrare che ha un diverso numero di matricola. A meno che la pistola di Cante non salti fuori. Secondo: l'arma è stata ripescata in un canale nei pressi della birreria di Cella. Vi era stata gettata da non molti giorni. Il procuratore aggiunto Marcello Maddalena ha fretta di reinterrogare Cante per schiacciarne la resistenza sotto tutti questi indizi. Ma le condizioni dello «scambista» sono sempre serie, e devono essergli impiantati tre by-pass. Alberto Gaino Ufficio cassa delle poste da cui parte e ritorna il furgone

Luoghi citati: Albania, Alessandria, Centro America, Costa Rica, Francia, Italia, Susa, Varsavia