Piazza Fontana manette in Veneto

Piazza Fontana, manette in Venete Piazza Fontana, manette in Venete Quattro arresti, sono tutti legati all'eversione di destra MILANO. Storia infinita quella della bomba di piazza Fontana, 16 morti e 84 feriti il 23 dicembre 1969. A 27 anni dalla strage, a 23 dagli ultimi arresti, quattro persone sono finite ieri in carcere. L'accusa è «favoreggiamento personale aggravato da finalità di terrorismo ed eversione». Per capire quanto accaduto occorre fare un passo indietro, a poco oltre un anno fa, quando Martino Siciliano, ex militante del gruppo neofascista Ordine Nuovo, decide di collaborare con gli inquirenti e raccontare quanto sa sulla strage. Quanto sa porta all'iscrizione sul registro degli indagati (il reato è strage) di due personaggi noti negli ambienti neofascisti degli anni 60 e 70: Delfo Zorzi, che da lungo tempo vive in Giappone gestendo una catena di negozi di abbigliamento, e Carlo Maria Maggi, medico veneziano. Dunque è per aver «favorito» Zorzi e Maggi che sono finiti in carcere Roberto Raho, 44 anni; Pietro Andreatta, 47 anni; Piercarlo Montagner, 49 anni e Stefano Tringali, 43 anni. Tutti veneti, Telefono Giallo tutti a vario titolo legati a quell'eversione di destra che già le prime serie indagini per piazza Fontana - dopo che era stata abbandonata la precostituita «pista anarchica» - avevano focalizzato come luogo di ideazione della strage. Dei quattro il più noto è Raho, destinatario nel 1981 di un mandato di cattura per associazione sovversiva e banda armata (i Nar). Rimasto latitante per 12 anni, venne alla fine prosciolto. Andreatta, anche lui alle spalle ima militanza nell'estremismo neofascista, ha precedenti per lesioni personali e detenzione illegale di armi; era già indagato in questa inchiesta su piazza Fontana, tanto e vero che gli era stato ritirato il passaporto. Incensurati gli altri due: Montagner possiede a Mestre un negozio di apparecchiature fotografiche; Tringali è titolare di una ditta di import-export di abbigliamento (guarda caso, lo stesso tipo di attività di Delfo Zorzi). Negozio e sede della ditta sono stati perquisiti, al pari delle abitazioni di tutti e quattro gli arre- LA CNN FUORI GARA Nbc, e alle altre reti sono vietate le riprese sui luoghi degli avvenimenti e durante le conferenze stampa degli atleti. Strano ma vero: il colosso internazionale dell'informazione televisiva, quello che ti fa vedere un albero della Patagonia un secondo dopo la sua caduta al suolo, guarda il più grande spettacolo mai avvenuto a un chilometro dalla sua sede attraverso il buco della serratura. Ma senza eccessiva frustrazione, perché quello che loro pensano è che se nella scaletta delle notizie non mettessero le Olimpiadi, le Olimpiadi non esisterebbero. Se ne parlano, è per rispetto ad Atlanta, non alla realtà, entità discutibile, figlia delle scelte dei loro producer. La realtà nasce qui, in questo palazzo al centro di un parco di divertimenti e arriva in 170 milioni di case. Questo è il vero grande mito di Atlanta. Può capitarti di chiedere una Coca sul volo da Newark ad Atlanta e vederti dare una Uria delle prime immagini della strage di piazza Fontana In alto Roberto Raho, uno degli arrestati stati. Non è chiaro al momento che cosa abbia indotto la pm Grazia Pradella, che conduce l'inchiesta-stralcio sulla strage, a chiedere al gip Paolo Arbasino gli ordini di custodia cautelare. Sembra che siano stati raccolti elementi importanti e per evitare qualsiasi tipo di inquinamento di prove il gip ha ordinato l'isolamento assoluto per gli arrestati: per cinque giorni, fino all'interrogatorio, non possono incon¬ Pepsi, ma se, ovunque, dici «televisione» ti indicano la Cnn. Sedici anni fa Ted Turner inventò qualcosa che non c'era e cambiò il modo di fare il giornalismo nel mondo. Ora la sua creatura prepara la nuova evoluzione della specie, anche se a guardarla da vicino non sembra quel gigante che uno si aspetterebbe. Redazione internazionale, praticamente il cuore: dieci persone, dieci computer collegati alle agenzie di tutto il mondo e alla rete interna, un bip per ogni notizia trasmessa, praticamente mai un secondo di silenzio. Una catena di montaggio inesorabile, a ciascuno il suo ruolo definito e invalicabile. La rapidità è tutto: c'è un notiziario ogni mezz'ora, mentre uno finisce si prepara l'altro. Il producer sceglie in tempo reale le notizie, il loro ordine, lo spazio da assegnare a ciascuna, le immagini da accoppiare; lo scrittore prepara i testi; l'an- trarsi neppure con i loro avvocati. «Gli arresti si sono resi necessari per le condotte precise ed articolate tenute dai quattro a partire dal gennaio '95», si limita a dire la pm. Condotte scoperte non in base alle dichiarazioni di qualche «pentito» bensì grazie a lunghe e complesse indagini, in particolare con intercettazioni telefoniche ed ambientali. Per renderle possibili il capo della polizia Masone ha messo a dispo¬ chor ascolta le direttive nell'auricolare. Sono tutti agitati, tesi, giovani. Non uno sopra i trentacinque anni. Per essere assunti hanno superato un esame di velocità, per sopravvivere devono essere rapidi e precisi: un producer è valutato sui tempi, uno scrittore passa in archivio al terzo errore. Il telegiornale è packaging, confezione: grafici e faccine, sovrimpressioni in arabo che non debbono contenere errori, immagini targate Cnn da qualsiasi luogo del mondo, con Christiane Amanpour e uno sfondo, possibilmente in fiamme. Lavorano fino a sedici ore al giorno, nei momenti che contano; hanno turni ferrei per coprire le 24 ore, guadagnano molto. Amano il loro lavoro. Quello che ameno è la tv, non la notizia. Chiedi a un producer quale è stata la più grande soddisfazione recente e ti risponde: «Aver dato i risultati delle elezioni israeliane prima degli israeliani». E lo smacco peggiore? «Tre secondi di schermo nero». Non un «buco» giornalistico, ma tre secondi di schermo nero, perché del «buco» non si accorge nessuno nel mondo, lo schermo nero, invece, lo vedono tutti

Luoghi citati: Atlanta, Giappone, Milano, Newark