Nizza inventa il lager dei clochard di Enrico Benedetto
Nizza inventa il lager dei clochard Nizza inventa il lager dei clochard Chiusi in 400 in un ostello: proteste e evasioni PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Un lager per clochard? A Nizza c'è. Internare i mendicanti che frequentano il centro storico per meglio proteggere la clientela estiva si può. Parola di sindaco. Ma nell'ordinarne la deportazione, Jacques Peyrat (un neogollista con trascorsi nel Front National) ignorava che i «barboni» potessero entrare in guerra, codice alla mano, contro la civica grida. Invece si moltiplicano le denunce in nome delle «libertà individuali». La pratica repressiva non riguarda solo Nizza. Vi fanno ricorso, per esempio, Mentone e sull'Atlantico - La Rochelle, benché gauchiste. Ma nel capoluogo della «french riviera» il fenomeno raggiunge livelli record. In un mese appena l'ostello per indesiderabili già totalizza 442 ospiti loro malgrado. Non sono dietro le sbarre. Giacché manca qualsiasi appiglio giuridico per condannarli. Ma chi sgarra facendosi ribeccare nei quartieri ove la «pulizia turistica» di Monsieur Peyrat imperversa con retate quotidiane, be' deve rientrare all'ovile. E senza troppe cautele. Ferri ai polsi, e un camion in funzione di cellulare. Quindici km per raggiungere il Monte Calvo. Omonimo dell'altura appenninica che ispirò a Mussorgski un celebre poema sinfonico, il Mont-Chauve brilla per desolazione. Sulle pendici, una vecchia colonia riattata per ospitare i (e le) clochard. Non si lagnano del soggiorno. Igiene, stanze decorose, pasti migliori in definitiva - che «on the road». Ma si ritrovano in mezzo al nulla. Evadere è facile, senza controlli. Ma poi, che fare? La tendenza sembra quella di raggiungere, comunque, Nizza. Il primo cittadino non può vietare la mendicità sull'intero territorio comunale, pena una sconfessione per abuso di potere. Rimangono dunque, nell'attesa che il popolo vacanziero rientri a casa, i quartieri periferici. Ma lì, raggranellare franchi è dura. Di che non sopravvivere. Per sbarcare il lunario, i reietti si rassegnano a tornare nottetempo nel loro rifugio forzoso. Ma come? In assenza di mezzi pubblici, è quasi un dramma. E l'autostoppista straccione, nessuno lo raccoglie. Morale, si va pedibus calcantibus. Compassionevole, nel vederli incamminanarsi - la mattina - sotto un sole canicolare per chiedere l'elemosina giù dabbasso tre ore più tardi, il tlic di servizio offre loro ima bottiglia. E ognuno con la sua brava acqua minerale per viatico antidisidratazione, hop, in cammino verso la questua. Finché Peyrat non cambi idea. O finisca in carcere per tangenti come il suo collega di Cannes. Enrico Benedetto
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