America, la guerra in casa di Paolo Guzzanti

America, la guerra in casa America, la guerra in casa Dilaga la paura del nemico senza volto do nella «Pizza Connection» e inseguito Ramzi Yousef, indicato come l'autore dell'attentato al World Trade Center di New York. E' lui che ha rotto il muro della prudenza annunciando che l'Fbi crede nell'attentato. Questo cinquantaduenne dall'aspetto rassicurante di Uomo Tranquillo (un mito americano) è entrato perfettamente in con¬ tatto con i sentimenti e gli umori dei suoi concittadini, rassicurandoli: il Federai Bureau of Investigation, la polizia di tutte le polizie, ha preso in consegna la paura americana e la nutrirà, la rassicurerà, la proteggerà da se stessa, consolidandola se necessario. La paura americana è dunque ormai sotto scorta e sotto controllo dell'Fbi, che nei suoi archivi ultrasofisticati ha anche le chiavi d'accesso per entrare on line nel sentimento del cittadino medio. Così, l'agente James Kallstrom ha di fatto pronunciato un discorso alla nazione, al posto del suo stesso Presidente. Lo ha fatto mostrandosi «come uno di voi, uno qualsiasi di cui potete fidarvi»: camiciona a scacchi aperta sul collo tozzo e forte, faccia cordiale forte e dura benché sorridente; una stazza da mangiatore sano e intelligente, pantaloni sgangherati che vogliono sottolineare il carattere popolare della polizia. I giornali popolari, fiutando questo umore e benché manchino conferme alla tesi dell'attentato, si spingono ai confini del lecito e titolano: «Sembra proprio che sia stata una bomba». Naturalmente la sola parola «Bomb» occupa tutta la prima pagina. Le cronache si fanno nel frattempo più crudeli: i corpi sono in condizioni orribili, devastati e decapitati, arrostiti e solidificati con la plastica. L'Fbi sconsiglia di farli vedere ai parenti. Altrove si legge che alcune vittime sono morte annegate, cioè sono arrivate vive in acqua. Quindi si soffre ancora di più all'idea che quei poveretti siano morti non sul colpo quasi senza soffrire, ma dopo agonie lunghe e strazianti. Ed ecco che crescendo il carico dell'orrore, aumenta la domanda di rassicurazione e protezione. E prende sempre più corpo la presenza fisica del sentimento americano della giustizia, un sentimento che precede la legge e la politica, di cui legge e politica devono tener conto e che ha che fare con il concetto di giusta punizione. Nessuno in America dubita infatti della validità della retribution. Che non vuol dire retribuzione, ma pagamento di quanto consumato in danni prodotti: se tu hai arrecato un danno alla società, tu hai contratto un debito e devi pagarlo. Ora, se ci fu bomba, deve esserci retrìbution. Questo cardine fa parte del comune sentire. E non ha che fare con la rabbia, con la vendetta, con il delirio. Dunque l'America sa che la conferma dell'attentato comporterà azioni «retributive». E al tempo stesso ne ha paura. Ne ha paura, perché ne teme le conseguenze. Lo desidera perché non può non desiderarlo e perché chiede di poter tornare ad essere un Paese continentale lontano e diverso, in cui ogni cittadino abbia la garanzia della propria inviolabilità e possa vivere in pace la propria vita scandita secondo procedure e tecnologie rassicuranti, lontano da quel porco mondo che è il mondo al di là degli oceani, quel groviglio di Bosnie e di hezbollah dinamitardi, che osano perfino venire a portare qui le loro consuetudini assassine e codarde. E' questo il mondo e l'universo dei sentimenti ai quali ha parlato, con visibile successo e collettiva emozione, l'agente Kallstrom con i suoi vestiti sformati, la barba malrasata. E' lui il nuovo eroe proiettivo di questo Paese enorme e fragile e gli americani si affollano sulle pagine che l'Fbi di Kallstrom ha aperto su Internet, http://www.fbi.gov/twa.htm. Paolo Guzzanti

Persone citate: James Kallstrom, Kallstrom, Ramzi Yousef

Luoghi citati: America, New York