La promessa di Netanyahu

La promessa di Netanyahu Lungo vertice al Cairo, e la prossima settimana il ministro degli Esteri Levy vedrà Arafat La promessa di Netanyahu «Mubarak, manterremo ipatti» IL CAIRO. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha promesso ieri di rispettare gli accordi che Israele ha sottoscritto con i suoi vicini arabi, ma non ha offerto alcuna grossa iniziativa per rimettere in moto il processo di pace in Medio Oriente. Al termine di un lungo colloquio al Cairo con il presidente egiziano Hosni Mubarak, Netanyahu, alla sua prima visita da premier in un Paese arabo, ha affermato: «Crediamo che il processo di pace debba poggiare sull'idea di adempiere gli impegni esistenti», tuttavia, ha aggiunto, esistono «interpretazioni differenti» sulla formula della restituzione dei territori, conquistati nella guerra del 1967, in cambio della pace. Nel corso di una conferenza stampa di 45 minuti alla presenza di Mubarak, il premier israeliano ha ribadito la sua disponibilità a riprendere i colloqui con la Siria, ma non ha dato alcuna scadenza al ritiro delle truppe israeliane da Hebron, l'unica città palestinese della Cisgiordania ancora sotto occupazione. Ripetendo un concetto già espresso da quando due mesi fa si è insediato alla guida di Israele, Netanyahu ha affermato che comunque il rispetto degli impegni assunti nei confronti dei Paesi arabi non deve andare a scapito della sicurezza israeliana. Per quanto riguarda i rapporti con i palestinesi, Netanyahu ha annunciato che la settimana prossima il suo ministro degli Esteri David Levy incontrerà il leader palestinese Yasser Arafat: il primo incontro ad alto livello tra le parti dall'insediamento del leader conservatore. Nonostante il gelo caduto sulle relazioni israelo-egiziane in seguito alla vittoria dei conser¬ vatori alle elezioni del 29 maggio, Netanyahu ha detto che l'Egitto è «il fulcro della pace» e ha aggiunto che dopo questo incontro si è ancor più convinto che la pace può essere raggiunta. Come gesto distensivo il primo ministro ha inoltre annunciato che diecimila palestinesi saranno autorizzati a riprendere il lavoro in Israele, in deroga alla chiusura dei territori imposta cinque mesi fa dopo la serie di attentati suicidi integralisti. Intanto ieri mattina la radio israeliana annunciava che il governo israliano rilascerà un numero imprecisato di detenuti palesti- nesi, una decisione da tempo sollecitata da Arafat. «E' nostra intenzione rendere la vita più facile, aprire l'economia e i rapporti piuttosto che chiuderci», ha detto il premier. Poi Netanyahu si è lasciato andare in una dichiarazione che ha indotto Mubarak a una puntigliosa precisazione. E' stato quando il premier ha detto di aver apprezzato la posizione del suo interlocutore, concorde sulla necessità di non dividere Gerusalemme, la cui zona orientale è rivendicata dai palestinesi come capitale del loro futuro Stato. «Io ho detto che non voglio un muro che divida la città... ma credo che una soluzione possa essere trovata», ha interrotto il presidente egiziano. Netanyahu quindi, tornando a sottolineare la necessità di ga- rantire la sicurezza, ha detto che il raggiungimento di un accordo di pace dovrebbe in se stesso rafforzare la sicurezza in Medio Oriente: «Se raggiungeremo accordi di pace durevoli - accordi accettabili dal popolo di Israele nella sua totalità, dagli arabi che negoziano con noi - anche questo contribuirà a rafforzare la stabilità e la sicurezza». Ma Mubarak è rimasto fermo al nodo del problema: il processo di pace deve andare avanti sulla base del principio «terra in cambio di pace» e Israele deve rispettare le risoluzioni Onu che impongono la restituzione dei territori catturati nella guerra mediorientale del 1967, quindi anche le Alture del Golan alla Siria.La stampa cairota ha commentato in toni durissimi questa visita di Netanyahu. L'«En-Ahrar», il principale giornale di opposizione egiziano, giocando sul nome «neten» che in arabo significa «fetore» ha così titolato la prima pagina: «No al Fetore nella Terra d'Egitto». Mentre era in corso la visita, centinaia di avvocati e giornalisti egiziani hanno bruciato una bandiera israeliana davanti alle contigue sedi dei loro ordini professionali, in pieno centro del Cairo. Circa 500 persone - hanno riferito testimoni si erano riunite nei locali dei due ordini professionali scandendo slogan ostili al premier israeliano. Il primo impegno ufficiale di Netanyahu al suo arrivo al Cairo ieri mattina è stato rendere omaggio alla tomba del Milite Ignoto e successivamente a quella di Anwar Sadat, il presidente egiziano cui gli estremisti islamici fecero pagare con la vita nel 1981 la pace fatta due anni prima con Israele. Bruciata la bandiera di Tel Aviv da 500 avvocati e giornalisti L'omaggio di Benjamin Netanyahu ieri alla tomba del milite ignoto egiziano