la Ariosto: rifarei tutto da capo di Pierangelo Sapegno

la Ariosto: rifarei tutto da capo LA CONTESSA DELLA DISCORDIA la Ariosto: rifarei tutto da capo «Inferno o Paradiso, basta non stare in mezzo» MARINA PI PjETRASANTA DAL NOSTRO INVIATO «Scusatemi», dice e s'impappina un po', «però sto bene», dice, «ma solo che sono emozionata», sempre con quel filo di voce, che cade giù, che non acchiappa mai: «Beh io sono sempre un po' emozionata». C'è un mucchio di gente nella pineta. Comincia a parlare come fa lei quando la vediamo alla tv, incespicando sulla paura del mondo, sulla paura delle cose e delle facce che la guardano, come se volesse fuggire da quello che sta per dire o come se anche le parole alla fine fossero più forti di lei. Fa un po' tenerezza e un po' rabbia. Si chiama Stefania Ariosto. Sembra Stefania Arrosto. Ma quello che colpisce, quando la vedi da vicino, sono gli occhi da cerbiatto. E poi colpisce l'aggressione della gente, quel modo di offenderla come non si faceva neanche con i democristiani, che pure lasciavano fare di tutto, bastava che li lasciassi dov'erano. La chiamano contessa, per disprezzarla. Le chiedono se paga gli affitti, se ha bisogno di soldi, persino se le piacciono i clarini, dove i clarini ovviamente stanno per altro, e se ne ha fatto una bella collezione (un avvocato: solo loro sanno essere così garantisti). La prima domanda la fa un professore con inconfondibile accento siciliano, che alle sue alunne ha raccontato di chiamarsi Marvin Tracy (e loro ci credono davvero: meraviglioso): «Signora, quelli come lei, i testimoni, Sciascia li inserisce nei quaqua- raquà. Che ne pensa?». E Stefania Ariosto finalmente smette di balbettare, di inciamparsi sulle parole, smette anche di tremare: «Lei si riferisce ai pentiti. Il pentito ha commesso fatti di sangue e poi si pente. Io no. Io non ho commesso niente. E non rientro in questa categoria». Non sappiamo se Stefania Ariosto è tutta in questa scena, e non sappiamo nemmeno se tutto quello che dice è vero. Di se stessa, lei scrive così: «Io sono diventata forte appena nata». Scrive: «Sono buona, non piango molto, cresco in fretta, non sono mai ammalata, come la mia sorellina Carla, e comincerò giorno per giorno a conquistarmi l'amore di tutti». Poi viene qui, alla Versiliana, Marina di Pietrasanta, assieme a Giuseppe Turani e al suo editore, Roberto Maggi. Presenta il suo libro: «La gazzella e il leone». Viene qui e balbetta, sempre con quella voce tremolante, dai toni bassi e spaventati. E uno si chiede come ha fatto a combinare tutto quel casino o se è proprio per questo che è così. Moderatore, Romano Battaglia. Poi c'è Sandra Bonsanti, direttore del «Tirreno». Comincia Battaglia: «Perché ha scritto il libro?» Risposta: «Per necessità, perché volevo descrivermi per come sono e non per come vengo rappresentata». Dopo, parte il pubblico. Domanda: l'hanno descritta come una donna che ha denunciato il male per incassare i diritti d'autore. Che risponde? Non risponde. Perché ha la scorta con i nostri soldi? «La scorta non la volevo più, da quando mi è stata as¬ segnata ho avuto grossi problemi con la mia privacy». Ha pagato le spese condominiali? «E' vero, non le ho pagate, ma perché è in corso un contenzioso con gli altri condomini». Ha perso molto al gioco? «Con il gioco, con il vizio, si perde tutto. Quello è stato il punto debole della mia vita. Per 360 sere di seguito ho frequentato il Casinò, poi sono riuscita a smettere. Mi ha salvato la cultura. E' stata un'autoterapia, la mia: mi sono iscritta all'Università di Urbino e così è come se fossi ritornata al mondo». Ha conosciuto usurai? «Sì, sono incappata anche in loro». Se la polizia non l'avesse convocata lei avrebbe continuato a convivere con quelle persone che poi ha accusato? «C'era già stato un allontanamento molto significativo da quell'ambiente, nel '91». E da allora ci aveva già pensato ad accasarli? «Sì, appena scoppiata Tangentopoli. Avevo scritto nel mio diario Di Pietro e Davigo, m'ero ripromessa di andar da loro. Poi non l'ho fatto». Ma lei amava l'avvocato Dotti? «Lo amavo. Sì». E lui? «Mi amava. Ma è difficile spiegare i pas¬ saggi dell'amore». Perché lei non compare in tv? «Non accetto. Perché non mi piace, non ne ho voglia, non mi sento bene». Ha letto il memoriale Previti? «Poco». E cosa ne pensa? «L'ho già denunciato per calunnia». Ultima domanda, tono vagamente minatorio: signora, ma perché non spegne tutte queste luci, non sta più tranquilla? In mezzo, le piccole confessioni. Una: «Io sono così come mi vedete. Non posso recitare, so di non farlo». Due: «La cultura è stato il mio angelo custode». Tre: «Mi sento responsabile per l'incendio della casa di Chiara Beria ^Argentine». Una sorpresa. Gli elogi a Veronica Lario: «Lei è una donna davvero superiore, che pochi conoscono. Legge molto, conosce Popper e i filosofi, ama il suo giardino, adora i suoi figli. E non cerca pubblicità». Chiudiamo così: «Un mese fa pensavo "Ho sbagliato tutto". Adesso no. Ho ritrovato la forza, rifarei tutto da capo. Sono uscita dal Purgatorio... Inferno o Paradiso. L'importante è non stare in mezzo». Pierangelo Sapegno Una sorpresa. Gli elogi a Veronica Lario: «Una donna superiore e non cerca pubblicità» Stefania Ariosto

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