Coiro rinviato il dibattito di Francesco Grignetti

Coirò, rinviato il dibattilo AL CONSIGLIO SUPERIORE Coirò, rinviato il dibattilo Ma è duro scontro fra magistrati ROMA I L dibattito sul caso Coirò si H annuncia come una tempesta che scuoterà alle fondamenta la magistratura. Una di quelle interminabili liti tra giudici come se ne scatenavano a Palermo qualche anno fa. Ieri s'è avuto al Consiglio superiore della magistratura il primo scampolo. Il difensore di Coirò, Giancarlo Caselli, aveva chiesto un rinvio. L'ha ottenuto: se ne parlerà il 10 settembre. In questi casi, però, il Csm nemmeno ci pensa. E' rinvio sicuro. Ieri ne hanno discusso per tre ore con toni molto accesi. I consiglieri, come sempre, hanno usato accenti felpati, ma calando fendenti terribili. E s'è capito che alla fine di questa discussione resteranno solo macerie sul terreno. Si prenda la questione dell'ufficiale dei carabinieri, il maggiore Enrico Cataldi. Il settimanale «L'Espresso» anticipa stralci delle deposizioni di Coirò. Il magistrato racconta che aveva perso fiducia nell'ufficiale già da tempo. Da quando, nel 1985, l'allora capitano Cataldi raccolse le confidenze - non verbalizzate, ma riportate in un rapporto - contro dì lui di un pentito di mezza tacca. Dice oggi Coirò: «Se io fossi stato un povero giudice ignoto, sarei andato dentro. Putroppo allora accadeva questo, ed accade ancora adesso... Posso aggiungere che fui nominato aggiunto alla procura di Roma nel 1984 ed ero denominato "l'aggiunto rosso". Pochi mesi dopo il mio arrivo in procura, si verifica l'episodio di questo cosiddetto pentito il quale rilascia queste dichiarazioni che non firma, che vengono riprese in un rapporto di Cataldi e portate alla procura. Il fatto mi ha terribilmente insospettito». Aggiungeteci che il pentito non sapeva nemmeno di chi stava parlando, che era ubriaco al momento di parlare, che da 33 giorni viveva in una caserma dei carabinieri, che proprio Coirò l'aveva spedito in un carcere, e che diede una descrizione del magistrato basandosi sulla fototessera di una patente. «Questo fatto mi insospettì. Ma la cosa non andò al d! là di un sospetto forse maligno». Insomma, non troppo esplicitamente, ma Coirò accusa Cataldi di aver tentato una manovra ai suoi danni. Il tutto per coloritura politica, per antipatia contro un giudice di Magistratura democratica. Ma è la politica a farla da padrona anche nella discussione del Csm. Vladimiro Zagrebelsky, leader della corrente Movimenti Riuniti e presidente della prima commissione, inteiviene tra i primi ed è pesante: «Mentre molti per esporre il proprio pensiero attendono la pubblica discussione nella sede istituzionale, altri si rivolgono alla stampa, orientano la pubblica opinione e diso¬ rientano i magistrati, deformando i fatti e diffamando la commissione». Zagrebelsky ce l'ha dichiaratamente con la sezione romana di Magistratura democratica che ha preparato un appello prò Coirò e ha tappezzato i corridoi del palazzo di Giustizia romano. «In altri tempi, quando non si trattava la posizione di suoi militanti, Magistratura democratica manifestava maggior rispetto per il mio lavoro. Con il lungo rinvio richiesto per il caso Coirò, il Consiglio verrebbe ancora costretto al silenzio e Magistratura democratica non può pretendere di restare sola a orientare e deformare». Anche il vicepresidente Piero Alberto Capotosti, favorevole a un rinvio non troppo lungo, ha un sassolino nella scarpa: «Respingo le valutazioni di chi tende a provare che all'interno del Consiglio non c'è la serenità necessaria per valutare la questione. Io sono sereno e sono pronto a deci¬ dere pure domani. Se acconsento al rinvio, è solo per cortesia nei confronti del difensore Caselli. Ma respingo ogni pressione indebita. E non accolgo le sollecitazioni del dibattito di single o gruppi come se fosse il Parlamento con gruppi pre-definiti. Noi siamo un organo collegiale». La risposta di Md viene dal consigliere Paolo Dusi. «Siamo accusati di aver parlato fuori dal Consiglio. Ma è evidente che il silenzio non è uguale per tutti, tra chi sceglie di tacere e chi il silenzio se lo vede imposto. Chi vuole contrapporsi al potere può solo parlare. Il silenzio paga, si dice. Ma il silenzio ha. pagato la maggioranza quando le ha consentito di non rispondere ai molti interrogativi e suggerimenti da noi posti». Polemico anche un altro consigliere, Giuseppe Gennaro (Unicost): «La questione è stata giudicata fuori dal Csm in modo da distorcere la verità. Il rinvio dev'essere il più breve possibile per impedire che i veleni possano produrre ulteriori guai». Francesco Grignetti Il procuratorMichele Coirò La depo«Se fossnon sare Il procuratore Michele Coirò La deposizione del procuratore «Se fossi stato un giudice ignoto non sarei certamente finito dentro»

Luoghi citati: Palermo, Roma