Un arsenale per il bis di Capaci

Missili, bazooka e esplosivi in un covo sulla collina che domina la strada dell'aeroporto Un arsenale per il bis di Capaci Missili, bazooka e esplosivi in un covo sulla collina che domina la strada dell'aeroporto In un bunker a Palermo PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Armata come un piccolo esercito. Anche la cosca dei Madonia specializzata nel racket delle estorsioni e coinvolta nella strage di Capaci disponeva a Palermo di un arsenale con un potenziale bellico strabiliante. E' stato scoperto in un piccolo bunker sotterraneo scavato in un giardino affittato a una famiglia di contadini dall'amministrazione dell'ospedale «Cervello» nella borgata di Cruillas. In 12 bidoni di plastica c'erano 23 lanciarazzi anticarro, 15 mitra (Kalashnikov, Mab Uzi), 25 fucili, 30 kg di esplosivo Semtex al plastico, bombe a mano, pistole, flaconi di etere, giubbotti antiproiettile, detonatori. Micidiali armi in tutto simili a quelle che cinque mesi fa, in febbraio, furono rinvenute in due covi del clan di Giovanni Brusca nelle campagne di San Giuseppe Jato. Ieri la scoperta in città, ancora una volta fatta dagli agenti della Dia, Direzione investigativa antimafia. E' stata resa possibile da un pentito e nella stessa giornata il fitto riserbo non ha impedito di sapere che si tratterebbe di un nuovo collaboratore della giustizia: il suo nome è Giovan Battista Ferrante, di 38 anni. E' coimputato nella strage di Capaci e attualmente processato in corte d'assise a Caltanissetta. Ferrante sarebbe già al sicuro in una località segreta nel Nord Italia con moglie e due figli. Il fronte dei 1600 pentiti dunque s'allarga. E sempre ieri in corte d'assise, nell'aula bunker dell'Ucciardone, ha fatto notizia la decisione di Francesco Paolo Anselmo, cognato del pentito Calogero Ganci, di sostituire il suo difensore con un legale che patrocina numerosi collaboratori della giustizia. Ciò ha fatto pensare che pure lui abbia deciso di voltare le spalle ai boss. Sembra assodato che l'apporto dei pentiti in questa delicata fase dell'antimafia si stia rivelando determinante. Il rinvenimento dell'arsenale dei Madonia, dopo quello dei Brusca, è di grande importanza, come ha sottolineato il procuratore Gian Carlo Caselli illustrando i risultati dell'operazione in un incontro con i giornalisti insieme con il procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra, il vicedirettore della Dia Giuseppe Micalizio e altri inquirenti. «Armi pronte all'uso - ha detto Caselli - armi che significano che se determinate situazioni consigliano una strategia stragista Cosa nostra è pronta». Parole preoccupate che, unite alla considerazione che «la mafia è ancora molto attiva» come anche ieri hanno ripetuto gli investigatori, lasciano pensare che sia eccessivo ogni trionfalismo. «La cattura di Brusca e Ganci sono stati degli ottimi colpi, ma la mafia non è vinta» ci tengono a ribadire. Ma anche quella di ieri è sta- ta un'operazione importante. «Tra le più importanti del '96» ha tenuto a sottolineare Caselli. E ora gli investigatori si domandano a cosa servisse quell'arsenale nel bunker di contrada «Malatacca» accanto all'ospedale, su una collina che domina per un suo buon tratto la circonvallazione di Palermo da cui si transita per andare o venire dall'aeroporto di Punta Raisi. Francesco Madonia, il capo, è in prigione da anni insieme con i tre figli «terribili» : Nino, Aldo e Salvatore. Il primo teneva il libro mastro della cosca che ta¬ glieggiava con il «pizzo» tutta la fascia orientale di Palermo. E' a questa cosca che fra gli altri è stato addebitato il delitto dell'industriale tessile Libero Grassi che coraggiosamente si era opposto al racket e si era rifiutato di pagare. La cosca dei Madonia è da sempre collegata ai corleonesi di Totò Riina e quindi è al vertice di Cosa nostra. Per questo motivo Francesco Madonia era entrato nella cupola dopo che il padrino corleonese era riuscito a sbarazzarsi uno dopo l'altro dei boss della cosiddetta «vecchia mafia» a cominciare da Sa¬ ro Riccobono. Un gruppo spietato con influenza ferrea sull'intero rione di San Lorenzo, lo stesso in cui in gran segreto durante la sua lunghissima latitanza padre Agostino Coppola sposò negli Anni 80 Riina e Antonietta Bagarella. Lo stesso rione in cui, una sera, un killer con lo sguardo di ghiaccio e senza un pizzico di umanità uccise con un colpo di pistola in fronte il bambino Claudio Domino, di 10 anni, colpevole soltanto di aver assistito a un caso di «lupara bianca». Antonio Ravidà L'ARSENALE DEI CORLEONESI A SAN GIUSEPPE JATO 1 LANCIAMISSILI 1 LANCIAGRANATE IO BAZOOKA 25 KALASHNIKOV SO BOMBE A MANO IO MISSILI IO BOMBE ANTICARRO 35 PISTOLE IO MILA MUNIZIONI 50 FUCILI 4 QUINTALI DI ESPLOSIVO 5 CANNOCCHIALI PER FUCILE 15 SILENZIATORI 2 TELECOMANDI A DISTANZA PER ORDIGNI ESPLOSIVI A PALERMO 2 LANCIARAZZI 23 RAZZI ANTICARRO 2 BOMBE A MANO 15 MITRA 25 FUCILI 22 PISTOLE 2 SILENZIATORI 30 CHILI DI ESPLOSIVO 10 MILA CARTUCCE 4 DETONATORI ELETTRICI 30 DETONATORI A MICCIA 2 GIUBBOTTI ANTIPROIETTILI 2 RADIO RICETRASMITTENTI 1 PALETTA E I LAMPEGGIANTE DELLA POLIZIA