E l'Europa respinge la tregua

«Clinton ci ha delusi, rappresaglia confermata» E l'Europa respinge la tregua «Clinton ci ha delusi, rappresaglia confermata» LA STRATEGIA DELL'UE IBRUXELLES L presidente degli Stati Uniti Bill Clinton ha certamente voluto dare un segnale distensivo, tutti sono pronti a riconoscerlo. Il Libertad Act, che intende punire le imprese che fanno affari con Cuba, resta però in vigore, e gli europei, pur ringraziando, non hanno alcuna intenzione di accontentarsi delle belle parole. E' per questo che la minaccia di ritorsioni non cade, anzi: ieri gli esperti giuridici della Commissione europea si sono riuniti per mettere a punto la possibile rappresaglia, ed oggi gli ambasciatori dei Quindici si riuniranno per decidere la reazione «politica» dell'Unione europea alla sfida che viene da Washington. «Non verrà certamente presa in ventiquattr'ore», ha detto un portavoce della Commissione, ma l'ascia di guerra è stata brandita, e per ora nessuno vuole rimetterla sotto terra. «Noi andremo avanti con la macchina delle misure di ritorsione, in modo da difenderci al momento opportuno», ha detto il portavoce. La decisione del Presidente Usa è stata infatti tanto ambigua da non dispiacere agli immigrati cubani (che votano alle presidenziali), dando però a credere agli europei che il Presidente è pronto al compromesso. Gli Stati Uniti, intanto, hanno annunciato che manderanno in Europa un loro inviato speciale per una serie di colloqui sulle sanzioni. Clinton ha congelato per sei mesi il diritto di rivalersi in tribunale per le società e i cittadini americani espropriati da Fidel Castro nel 1960 (articolo 3 del Libertad Act) a spese delle aziende straniere che ne abbiano preso il posto. L'armamentario della legge resta però intatto: rifiuto del visto d'ingresso negli Usa per i dirigenti delle imprese che fanno affari con Cuba, pressioni sull'Onu per isolare il regime dei barbudos, fine degli aiuti ai Paesi che aiutino Fidel a costruire la centrale atomica di Cienfuegos, e mantenimento della data del primo novembre nell'Art. III. Questo significa che se ad esempio la At&t, esaurito il rinvio di Clinton, ricorresse contro la Stet per aver rilevato parte della Telefonica cubana, il tribunale Usa deciderà che l'azienda italiana deve compensare quella americana, calcolando i danni a partire dal primo novembre prossimo. La «responsabilità civile è irreversibile e non estinguibile», spiegano i giuristi americani, dando solo tre vie d'uscita al problema: una nuova legge del Congresso, un accordo con Cuba, o il ritorno della democrazia sull'isola. Quello di Clinton è «un tentativo di conciliare il diavolo con l'acqua santa», ha detto il ministro degli Esteri cubano Roberto Robaina. Con gli europei si sono schierati Canada, Messico, Cina e Russia, e il ministro degli Esteri iraniano, Ali Akbar Velayati, ha reso omaggio alla «resistenza» dei Quindici: «Hanno fatto un buon lavoro». Così l'Unione europea continua a far la voce grossa. Rappresaglia? «Penso sia ben possibile», ha detto il ministro del Commercio e dell'industria britannico Ian Lang. Da Bonn il ministro degli Esteri tedesco Klaus Kinkel fa sapere che il gesto di Clinton è «un passo nella giusta direzione», ma mantiene le riserve. E pur se garbato, il ministro del Commercio estero Augusto Fantozzi è stato molto chiaro: «Clinton ha giustamente privilegiato i rapporti commerciali con l'Occidente, e con l'Europa in particolare, rispetto alle considerazioni elettorali». Nei programmi dell'Unione restano comunque le quattro opzioni (di ritorsione) decise, sia per quanto riguarda il ricorso all'Organizzazione mondiale del commercio, sia per gli strumenti diretti ad attenuare misure restrittive, che serviranno non solo per neutralizzare il Libertad Act, ma anche per far fronte alla legge D'Amato, passata ieri al Senato Usa, che colpisce le compagnie presenti in Libia e Iran. Come l'Eni. Fabio Squillante Ma il ministro Fantozzi difende la moratoria del Presidente Un inviato Usa per discutere nuove misure contro L'Avana