Il grande sciopero di Israele
7 Il grande sciopero di Israele Mezzo milione in piazza. E oggi al Cairo primo vertice con Mubarak // Paese si ferma contro i tagli di Netanyahu TEL AVIV. Quasi mezzo milione di israeliani, circa un quarto della forza-lavoro del Paese, ieri hanno incrociato le braccia in segno di protesta contro i programmi di austerità economica che il governo di centro-destra del premier Benyamin Netanyahu intende varare. A parere di vari analisti, peraltro, lo sciopero generale non dovrebbe sortire alcun effetto tangibile. La manifestazione, indetta dalla centrale sindacale unica «Histadrut» (circa mezzo milione di iscritti) si è protratta senza incidenti per 10 ore, dalle 6 di ieri mattina alle 16, ed ha interessato i lavoratori del pubblico impiego, dell'industria, del settore alberghiero, degli ospedali, delle banche, delle università, dei trasporti pubblici (bus e treni) e della Borsa valori che da dieci giorni sta accusando continui crolli e ingenti perdite proprio per il timore ingenerato negli investitori dalle preannunciate misure economiche del governo. Nel corso della protesta si sono astenuti dal lavoro anche i vigili del fuoco, i dipendenti della azienda elettrica e di quella telefonica (che hanno assicurato però gli interventi d'emergenza), mentre il personale dell'aeroporto «Ben Gurion» di Tel Aviv, tra cui i controllori di volo e i dipendenti della compagnia aerea di bandiera «El Al», hanno scioperato solo un'ora. Allo sciopero ha preso parte inoltre il personale della radio di Stato e della rete tv nazionale «Canale Uno». Con una decisione senza precedenti, l'agitazione era stata autorizzata da una sentenza del tribunale del lavoro di Gerusalemme che la scorsa notte ha respinto un ricorso contro lo svolgimento della manifestazione presentato dalle associazioni degli industriali e dei banchieri, riconoscendo così il diritto della «Histadrut» di indire uno sciopero contro il governo. Nel settore dell'industria, comunque, l'astensione dal lavoro è stata limitata a due ore. Amir Peretz, presidente della centrale sindacale, ha preso parte a una dimostrazione organizzata davanti al Parlamento a Gerusalemme cui sono intervenuti circa 10.000 lavoratori che scandivano slogan come «Bibi (Netanyahu) torna a casa». Il dirigente sindacale ha deplorato il rifiuto del governo di riesaminare insieme con i rappresentanti dei lavoratori i temuti programmi di austerità economica «che distribuiscono - ha detto - in marnerà iniqua (sulla popolazione) il peso dei previsti tagli di bilancio». Questi ultimi, come si evince dal programma elaborato dal ministro delle Finanze Dan Meridor per il bilancio del 1997, ammontano a circa 4,9 miliardi di shekels (quasi 2300 miliardi di lire) e, nelle intenzioni, dovrebbero servire a riportare il deficit di bi- lancio al 2,8 per cento del prodotto interno lordo e riequilibrare il deficit della bilancia dei pagamenti che ammonta all'equivalente di 6000 miliardi di lire. Frattanto il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, è stato accolto con ostilità in Egitto, dove oggi incontra il presidente egiziano Hosni Mubarak, dalla stampa sia di opposizione e governativa. «Nerone» che «opera per distruggere la pace», «il despota d'Israele», «l'arrogante primo ministro», sono solo alcuni degli appellativi utilizzati nei confronti dell'ospite israeliano. Un'accoglienza che fa ritenere che la verifica prevista, delle divergenze tra Israele e gli arabi sulla pace, non sarà cosa facile. L'Egitto è stato peraltro il primo Paese arabo a firmare un trattato di pace con Israele, già nel 1979, e solo un altro, la Giordania, lo ha fatto, molto più tardi, nel 1994.1 dirigenti del Cairo sentono dunque molto la respon¬ sabilità di leadership politica che il vertice arabo di fine giugno ha confermato loro. In quell'occasione tutti i Paesi arabi - ad eccezione dell'Iraq, non invitato - hanno concordato con l'Egitto sulla parola d'ordine «terra in cambio della pace», riferendosi al principio emerso nella Conferenza di Madrid del '91, oltre che ad altre risoluzioni internazionali. Proprio su quel principio Netanyahu non concorda. [e. st.] Quasi mezzo milione di israeliani un quarto della forza-lavoro sono scesi in piazza Nella foto la manifestazione dei sindacati alla Knesset In alto Netanyahu
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