Il declino di Valéry di Enrico Benedetto
Il declino di Valéry Il declino di Valéry Dall'Eliseo alla solitudine COSA RESTA DEL PIÙ' GIOVANE PRESIDENTE PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Francois Mitterrand gli ha tolto il trono, Jacques Chirac un futuro politico, e un'impietosa indagine araldica quel «d'Estaing» in apparenza nobiliare che il babbo si comprò nel '22. Ma nessuno potrà mai sottrarre a Giscard il record che lo immortalò nel '74. Quarantottenne appena, regnava sulla V Repubblica. E morrà babypresidente. E' il suo vezzo, invecchiare restando «il più giovane» tra gli inquilini dell'Eliseo. Magra consolazione. A 70 primavere, Giscard è oggi un cadavere politico. Che scrive romanzi d'amore («Passage», cuvée 1994) per «passare ai posteri». Se le stroncature non l'avessero trafitto. La sua bestia nera, il «Canard enchainé» che gli rovinò sonni e carriera rivelando la Bokassa Story, lo chiama tout court «l'Ex». Perfido. Per sfuggire al declino ha brigato, nel '95, il municipio di Clermont Ferrand. Alverniate, giocava in casa. Ma l'ha perso. E la «sua» udf, galassia centro-liberale che fondò nel '78 (un rovello per i traduttori, risoltisi a definirla «i giscardiani» come «neogollisti» sono gli alfieri rpr) oggi la governa il suo più fiero rivale, Francois Léotard. Duro, l'autunno del patriarca. L'uomo che ancora qualche mese fa ironizzava off records su Chirac - «quello lì non conosce nessuno in Europa e nel mondo» - è solo. Discepoli, non gliene si trovano. E se Hervé de Charette (blasone vero, il suo) ne tesse ancora gli elogi, bisogna chiamare in causa la gratitudine, non altro: il suo mentore intercesse con l'Eliseo facendogli assegnare un superministero - gli Esteri - cui nessuno lo predestinava. Après moi le deluge, disse il Re Sole. Ma era l'ultimo epigono di un dispotismo promesso all'implosione. Giscard si voleva, al contrario, «il primo». Homo novus di tipo europaeus (senza di lui, non avremmo lo Sme), liberal, tecnocratico. E centripeto. In un Paese dove la Gauche è giacobina prima che marxista e la destra patriottarda (de Gaulle oblige), riuscì a spazzare gli arcaismi nazionali travasando una categoria preziosa ma spesso introvabile Oltralpe - il Moderno - nel- r la monarchia repubblicana. «Ecco il mio Napoleone», esclamò mamma Giscard nel darlo alla luce. Le sue vittorie giovanili non furono Tolone e Marengo, bensì l'Ena e il Polytechnique. Grandi scuole da cui paracadutarsi alla corte del Generale. Che ne diffidava. Ministro alle Finanze nel '62. Indi estromesso dal vecchio leone morente per eccessi di intrigo. Riappare con Pompidou, trampolino verso le Presidenziali '74. Per quattrocentomila suffragi, infilza Mitterrand. E' l'apoteosi. Il giovin signore con un debole per il tweed e la finanza entra a Palazzo. Ne uscirà spesso nottetempo. Talora cavalcando una Honda per dribblare i gorilla. Non meno rocambolesco il rientro. Un leggendario scontro all'alba con il camion del latte - proseguirà in taxi verso l'Eliseo, dicono le cronache - ne testimonia la spossatezza da farfallone amoroso. Di giorno con Schmidt a vestire un'Europa in fasce. E la notte per svestirne le più fascinose vestali. Italiane, tedesche e of course francesi. Ma nei due tomi di memorie, il casanovismo presidenziale trova solo una lontana eco. Il laico Giscard vi narra con passione, semmai, la battaglia per la Legge Veil sull'aborto. E i tentativi di liberalizzare la nazione. Il giscardismo non fu pre-thatcheriano. Gliene mancava la gelosa insularità e il fondo messianico. Riforme sì, a patto di evitare gli choc. Ma attutire lo scandalo sui diamanti, proprio non gli riuscì. 10 ottobre 1979. Il «Canard» rivela al mondo la munificenza di Bokassa con Giscard. Diamanti per 300 milioni. Offertigli da un imperatore centrafricano incline a megalomania e cannibalismo. Il monarca che tiene in frigorifero carne umana e fa servire per i commensali ignari banchetti tiestei con le interiora delle sue vittime travolgerà - fra ridicolo e grottesco - il beneficiario. E altri episodi non troppo commendevoli (come gli aerei «annusa-petrolio»: una truffa gigantesca) ultimeranno l'opera. Insomma, il re appare ormai nudo, con i sudditi a farsene beffe. Destino baro. Perché se accantoniamo un attimo aneddoti vari e gaffes, Giscard fu statista di levatura considerevole. Un vero principe. Ma cui l'incantesimo del potere doveva riservare un brusco risveglio. Enrico Benedetto a c a a i o d l , E l i a e i e D DEMOCRISTIANI GISCARDIANI D'ITALIA : EX MISSINI MONÀfK L'ex presidente francese Valéry Giscard d'Estaing visto da Levine
Luoghi citati: Clermont Ferrand, Europa, Italia, Parigi, Tolone
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