Manzoni editore di se stesso; via i postriboli a cielo aperto

La mafia fra spettacolo e morti veri lettere AL GIORNALE Manzoni editore di se stesso; via ipostriboli a cielo aperto il business di Don Lisander Le sorprese manzoniane, come gli esami eduardiani, non finiscono mai. L'autore dei Promessi Sposi, per controbattere l'ingorda speculazione editoriale che inondava il mercato librario di una quarantina di edizioni abusive del romanzo, si fece editore, così scrivendo al cugino Giacomo Beccaria: «Con la definitiva edizione a vignette, io mi costituisco di fatto unico venditore per tutto il tempo che la distribuzione dura, primo vantaggio rilevante. Il secondo è di poter suddividere il prezzo in tante dispense di 70 centesimi italiani. Resta una parte incerta, cioè se si venderanno tanti esemplari da coprire le spese. Questa incertezza non esiste poiché, calcolando l'utile che mi darà ogni compratore, 3000 danno già qualche piccolo guadagno. E per una edizione corretta qua e là, con l'aggiunta di un opuscolo inedito (si riferiva a "Storia della Colonna infame") mi par che sia operazione di testa freddissima...». Se non che, nel giro di pochi mesi, furono collocate in tutto 4000 copie, contro le 10.000 stampate, un vero fallimento. Il bello è che lo stampatore, dice il Tommaseo, «tirava di furto esemplari di più, e li vendeva a prezzi rotti». Don Lisander, decidendo di ritirarsi dall'impresa, affidò il disbrigo delle pratiche al figlio Pietro, trovando conforto nella fede di Dio, che riempiva e dominava il suo talento. Angelo Giumento, Palermo Bla bla bla sulle case chiuse Come riportato su La Stampa del 6 luglio, è di questi giorni la richiesta, da parte di venti consiglieri della Regione Lombardia, di riaprire le case di tolleranza e tale richiesta ha suscitato subito una «ventata» di bla bla bla da parte di chi le vuole e chi no. Io la penso così: dette case andrebbero riaperte se ci fosse la volontà e la capacità di tutelarle dallo sfruttamento e sotto l'aspetto sanitario, ma molto più importante, è riuscire, poi, a eliminare l'enorme e multirazziale meretricio che ha invaso tutte le strade d'Italia e che, ormai, è incancrenito. Mi stupisco, ma non tanto, per la reazione contro il ripristino dei postriboli e non su quello stradale, molto più diffuso, privo di qualunque controllo, dove si prostituiscono anche delle giovanissime e dove si crea un ambiente adatto a reati più gravi. Cosa pensare poi della moltitudine di frequentatori i quali, «bevendo nei bicchieri» usati da tutti, dimostrano di non avere, per prima cosa, rispetto di se stessi e della propria salute? Altro che Terzo Mondo! Giovanni Cesaraccio, Volvera (To) La lucida analisi di Busi sulla Rai L'articolo pubblicato dalla Stampa di venerdì 12 luglio «Busi, se io fossi direttore della Rai» contiene - seppur con la classica goliardia busesca - l'analisi più lucida e precisa uscita di recente sul servizio pubblico. Sarà sconfortante per alcuni esaltante per altri, ma mi sembra un dato di fatto. Dopo tanto parlare per codici tra addetti ai lavori, dopo le analisi sulla lottizzazione o non lottizzazione, dopo la polemica sulla Rai degli intellettuali contro quella dei manager, dopo l'attenzione sui vestiti della signora Olivares e sul marito della signora Mursia, dopo la sparata sul complotto contro Minoli o sul ruolo di Santoro, finalmente qualcuno prova a definire come farebbe lui la sua Rai. Sono convinto che se questo giochino - il se io fossi... - prendesse piede avremmo delle belle sorprese e scopriremmo che è difficile migliorare la televisione prescindendo dai suoi utenti e che il teatrino che si legge sui giornali e nei tolksciò continua a rimanere un palcoscenico per pochi immutabili attori. Gli utenti, dunque, - sia quelli individuali (i cittadini che pagano la tassa-canone), sia quelli collettivi (le scuole e i presidi for¬ mativi, le associazioni di cittadini, le comunità locali) - continuano a non esistere per il servizio pubblico. Sul nuovo CdA, naturalmente il giudizio oggi rimane aperto, si potrà esprimere un parere solo quando emergeranno le loro proposte, anche se sarebbe bello se per una volta - prima di lanciarsi troppo oltre l'ostacolo - avessero l'ardire di chiedere anche qualche contributo a quel mondo che ho citato che non è certo rappresentato solo dai responsabili informazione dei partiti. Certo, dopo l'intervento letto sulla Stampa, un primo consiglio a Siciliano lo si può dare subito: Aldo Busi direttore di Raiuno. Così avremmo la certezza che ci sarebbe almeno qualcuno che parla di diritti delle minoranze, di rapporto tra mezzo televisivo e scuola, di bambini come attori protagonisti (non solo della pubblicità), di tivù come servizio per imparare e conoscere o per difendersi dai disastri del nostro tempo, di ambiente, di musica, di sport meno enfatizzato ecc. L'unico problema riguarderebbe - ma ogni rosa ha la sua spina - la pretesa di Busi di inserire la sua opera omnia come elemento centrale della programmazione televisiva, ma sarebbe comunque meglio di quello che si vede oggi. Se non daranno a Busi Raiuno lui non si preoccupi, da oggi può sempre venire a parlare di televisione nelle case del popolo e nei circoli Arci di tutta Italia, se commedia dev'essere, almeno che sia divertente I Nevio Salimbeni Segretario generale Arci Nuova Associazione Presidente Scalfaro fermi Bossi E' proprio impossibile che il presidente Scalfaro, nelle sue vesti di garante dell'unità nazionale (art. 87 della Costituzione) non possa fare nulla per raffreddare i bollori secessionistici del leader della Lega Nord Umberto Bossi che, con parole e con fatti, insidia l'indivisibilità dell'Italia? Non dovremmo non ricordargli gli articoli 65, 66 e 67 di detta Carta costituzionale che recitano rispettivamente: «La legge determina i casi si incompatibilità con l'ufficio di deputato e senatore»; «nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Camere» (Bossi ha addirittura formato un suo «parlamento» in altra città); «ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione» (Quale? Quella dell'Italia o quella della Padania?). A noi sembra inconcepibile il fatto che un tale esponente del Parlamento italiano (dal quale, fra l'altro, percepisce non modesti emolumenti) parli ed agisca in contrapposizione con i suoi doveri. Ed è altrettanto inconcepibile che il Capo dello Stato non pren da posizioni ufficiali e concrete nei confronti di chi sta da tempo attentando all'unità nazionale Lamberto Antonelli e Gabriele Paolina, Roma La verità sull'accordo fra Cri e Cr di Verona Durante la polemica insorta nei giorni scorsi in seguito alla mia presa di posizione sull'accordo Cr Torino/Cr Verona, ho sempre detto con molta schiettezza cosa penso, sia nelle interviste ai giornali sia negli scritti inter corsi tra le persone interessate, preoccupandomi di due que stioni: 1) cercare il vero con ar gomentazioni obiettive; 2) te nere riservato quello che deve essere considerato riservato. In più, poiché non amo la polemica per la polemica, dopo aver detto sino in fondo quali sono e restano le mie preoccu pazioni, nell'ultima intervista concessa a la Repubblica il 6 lu glio ho cercato di porre la parola fine dicendo: «Considero chiusa la polemica. Ho detto e fatto quello che credo il mio do vere: verso la Crt, il Comune, la Provincia. Non posso e non in tendo fare di più. Ognuno al suo livello, si assuma le sue respon sabilità. Cosa accadrà tra poco dirà se il rischio che ho valutato e sottolineato è reale o no». Di fronte all'attacco persona le, maldestro e plateale, rivolto alla mia persona da un sindaca lista e riportato ieri su La Stampa nell'articolo «Crt, ancora polemiche ma l'accordo è vicino», desidero soltanto con fermare per intero la mia di chiarazione finale del 6 luglio 1996 senza aggiungere o togliere alcunché. Cornelio Valetto