SANGUINETI un marxista per Lulu

un uomo una donna. Il poeta e il suo Eterno Femminile, fra l'eroina di Wedekind e la moglie Luciana un uomo una donna. Il poeta e il suo Eterno Femminile, fra l'eroina di Wedekind e la moglie Luciana SANGUINE _ un marxista < per bum RACCONTI D'ESTATI PGENOVA ER te io mi sono incarnato in un agile gallo piumato: mi congestiono con due ali dinamiche, saltellandoti addosso tutto rosso...». Accidenti, chi non vorrebbe ricevere un messaggio d'amore tanto «strizzolino»? Ma a chi sarà rivolto, a una Laura o Silvia del 2000, o a una donna vera? Edoardo Sanguineti, il poeta di Laborintus, appena tornato dai festival di poesia di Rotterdam e di Venezia dove con Berio ha ripresentato A-Ronne in forma di spettacolo con i meravigliosi burattini di Ami Luckenbak, sempre più filiforme, «fasciato dal mio niente», si diverte al ricordo di questi suoi exploit lontani. Li ha impressi nel Poskarten degli Anni 70, dell'avventura berlinese così cruciale per il suo cammino letterario ma anche umano, mai le due cose disgiunte, «novissimo» sull'onda di una fama già europea ma in un difficile impasse personale. Adesso, con più allegria, Jonathan benevolente con levità posato in una poltrona della sua casa genovese, «labirinto» di scaffali ma anch'esso leggero, per nulla minaccioso, li conferma come un evento tutt'altro che casuale, piuttosto una scelta di vita o destino (parola da usare con cautela a proposito di questo funambolo del capovolgimento e del gioco, specialissimo materialista sul filo teso dell'ironia). «Ho sempre creduto nell'amore come ossessione. Avevano abbastanza ragione i surrealisti quando parlavano di amour fou, ma molto spesso questa espressione è stata interpretata romanticamente. Io invece l'ho sentita come fascino erotico maniacale, fascino infinito del femminile più che come passione nel senso sentimentale. E credo che questo abbia in modo determinante inciso sulla mia scrittura. Non è un caso che io abbia riempito le mie poesie di carica erotica». La disposizione di Sanguineti di fronte all'eterno Elemento Femminile «ambiguamente religioso, idealistico, spiritualistico» (ma le parole-congedo del poema goethiano non possono essere ignorate da chi lo ha talmente percorso da scrivere un proprio Faust, più volte in scena e anche tra poco in Germania) è d'altronde esposta chiaramente, «scandalosamente» in un verso degli Anni 80: «Non ho amato l'amore, ma l'osceno». «E così, all'epoca, mi hanno sgridato». Invece è proprio qui che si raggruma la sanguinetiana idea di un amore che per essere tale deve avvolgersi e proteggersi nel più sfrontato mistero del corpo. «Perché è nell'oscenità del rapporto erotico che si può parlare d'amore, quando il confine tra l'io e il tu tende ad annullarsi e davvero nasce il noi, lo splendido essere due in una carne sola». Un rapporto che esclude l'innamoramento letterario, «in effetti non saprei impazzire per l'immagine di una Elena o di una Odette» a meno d'essere così forte da assumere corporeità affondando nell'onirico, il mare oscuro in cui i tempi e i modi della nostra esistenza si confondono. Così, il primo disvelamento, anche questo niente accidentale, facilmente riferibile all'affondo di Sanguineti nell'espressionismo, avviene inaspettato su una sorta di archetipo post-freudiano: Lulu-Louise Brooks di Pabst, «donna fatale per eccellenza, il caso più straordinario di incarnazione della femminilità come ossessione. Non finirò mai di ammirare Pabst per aver trovato questa donna capace di rendere convincente ciò che Wedekind dice». L'eros, la morte, soprattutto l'ambiguità cui nulla resiste. «L'idea di una femminilità come qualcosa che assorbe così completamente mi fa pensare, più che a Goethe, a quel libro meraviglioso che è Thalassa in cui Ferenczi disegna la sua reinterpretazione del complesso di Edipo: il bisogno di ogni uomo di rientrare nel grembo materno, una memoria originaria della vitalità biologica che trova il suo archetipo neh'immagine del pesce nell'acqua. Per il sesso maschile che penetra nella vagina è un tornare nell'oceano primordiale sicché il momento dell'orgasmo, la stupenda petite morte dei francesi, diventa un leopardiano naufragare, un naufragio nell'infinito e forse sotto sotto Leopardi ci pensava scrivendo la sua più celebre poesia. Lulu realizza questa fascinazione che insieme è estasiarne e distruttiva, l'assoluto incontro tra il culmine dell'esistere e del finire, l'e¬ sperienza più forte nella vita». L'ossessione perenne. «... e deciframi, perché il mio corpo è un testo, veramente,/vivente, da cima a fondo (e imparami a memoria): / (...) sono parole d'amore che ho eieborato, con tormentato pudore, in un mio grigio gergo per te: / ma spero almeno che, se appena io muovo / un passo, un salto, il domestico dindondan delle mie belle balle, / Luciana, ti procuri, prontamente, un significante abbastanza significante / (emergendo come un segno particolare, significativamente segnaletico, insomma), / in sé e per sé:...»: «Ebbene sì, la mia ossessione vera, autentica, perenne, la grande immagine femminile della mia vita, il frutto della sten- dhaliana "cristallizzazione amorosa", si chiama Luciana. L'ho incontrata quarant'aimi fa, giovanissima, amici entrambi di pittori - Albino Galvano anche filosofo è stato con Getto uno dei miei maestri -, nella Torino davvero città di artisti, un poco esistenzialista, del dopoguerra. E' ancora qui, con me». Non assomiglia a Louise Brooks. «Non assomiglia a nessuna delle ragazze che ho anche fortemente amato da giovanissimo. C'è stata tra noi una simpatia oscena, immediata, subito molto carnale. E dopo tanti anni (nella mia caccia al tesoro sono stato molto e rapidamente fortunato), essendo rimasta immutata la nostra complicità erotica, finisco per credere che sia lei quel- l'archetipo di donna, non l'immagine ideale, l'anima come la chiamerebbe Jung, che agli occhi di ognuno rappresenta la propria idea della femmilità, misteriosamente nata e diversa da quella che spesso "si crede" di avere». Con Luciana stabilmente entro il suo mondo poetico, Luciana citata ogni poche righe o componimento, Luciana con la quale si discorre degli hippies di Amburgo come di Vermeer, di socialismo come di Laszlo Verga, il personaggio chiave e inesistente di Laborintus, del mal di denti come degli incontri con le belle ragazze del Nord, di Carol (Rama) presenza notevole nel panorama sanguinetiano («però non d'amore») come del desiderio, del bisogno di lei che non abbandona mai l'autore. E' lei che occhieggia dal Capriccio italiano, il romanzo sperimentale tra i più notevoli nella narrativa non solo italiana del secondo dopoguerra, sino a Corollario, il nuovo libro di poesie che Sanguineti ha appena consegnato al suo editore, Feltrinelli, summa di esperienze delle quali la famiglia resta ancora una volta il perno. Ed è Luciana, silenziosamente partecipe, ad affiancare questo compagno «menippeo», come lo definì Barthes, nel suo percorso oltre che coerente anche sorprendentemente ordinato, a partire dai Novissmi e dall'avventura del Gruppo '63 («che bisogno c'era di togliersi giacca e cravatta per mettere in discussione la letteratura?»), alla cattedra universitaria, allo scranno in Parlamento, esperienza sulla quale «non mi ero fatto nessuna illusione». Un marxista che non riesce neppure adesso a sentirsi fuori moda e che confessa di aver vissuto anche la sua felice unione e la paternità, tre figli maschi e la bellissima Giulia, come una sorta di allegoria politica: «L'idea di matrimonio, a suo tempo giudicata politicamente sospetta dai miei amici, io invece l'ho sempre vista molto integrata, una cellula di resistenza nella quale tu cerchi di condurre e anche di proporre ai figli, mia vita estranea a quella che è l'alienazione della società borghese. Un modo, quindi, comunista...». In certo modo una fede. Ma allora, è questo lo stesso Sanguineti che proprio a quella cellula amatissima scriveva un certo giorno degli Anni 70 «... ho messo la mia pelle / sopra i vostri bastoni: e già vi vedo agitarvi come vermi: adesso / vi lascio cinque parole, e addio: / non ho creduto in niente». «Era un momento di grave preoccupazione, ma è vero che non credo in niente, che non ho nessuna fede. E' anche vero però che sono un gramsciano. L'ottimismo della volontà funziona, anche nell'amore». Ma «che dolore l'amore!». Mirella Appiotti «Ho sempre creduto nell'amore come ossessione. E questo ha inciso sulla mia scrittura» «E' nell'oscenità dell'eros À che il confine fra tu e io si annulla e nasce il noi» «Ma la vera immagine ideale esiste nella realtà, al mio fianco da 40 anni: fra noi c'è stata una simpatia immediata, subito molto carnale» il o nell'amore ne. E questo ia scrittura» l'eros À u e io l noi» GUINE _ marxista < per bum A fianco Louise Brooks-Lulu Sopra Giovanni Getto, in basso Edoardo Sanguineti con la moglie Luciana in una vecchia foto i

Luoghi citati: Amburgo, Germania, Rotterdam, Venezia