Wall Street scuote le Borse europee

Un'altra giornata nera per i mercati. Londra cede 1' 1,76%, Francoforte il 3,16 Un'altra giornata nera per i mercati. Londra cede 1' 1,76%, Francoforte il 3,16 Wall Street scuote le Borse europee In due giorni Piazza Affari «brucia» 19 mila miliardi MILANO. «I mercati sono pronti a premiare, ma anche a punire...». Proprio meiKiu, ieri sera, il ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi pronunciava queste parole Wall Street era alle prese con un impetuoso uragano d'estate: erano passate da poco le 18 e trenta, ora italiana, e l'indice Dow Jones già viaggiava sotto quota 5200 punti, ovvero ben più di 300 punti perduti in due sole sedute da brivido. Ma poi l'indice risaliva a 5358,76, con un guadagno di 9 punti sulla seduta precedente. L'Europa, intanto, faceva i primi conti dopo la seconda giornata di bufera: da Francoforte a Londra, a Parigi, tutti in ribasso pesante. E Milano, ovviamente, non poteva far eccezione. L'indice Mibtel arretra del 2,16%, la lira scivola in parallelo con il dollaro, arretrato fino a 1508, e il marco torna a risalire fino a quota 1025. In due giorni Piazza Affari ha «bruciato» 19 mila miliardi. A pagare il prezzo più alto è stata Francoforte, che ha chiuso con una perdita del 3,16%, seguita da Londra (-1,78), Parigi (-1,97), mentre Tokyo ha lasciato sul terreno l'I, 59%. La turbolenza dei mercati, nel caso italiano, si somma alle incertezze del quadro politico e, non a caso, torna ad allargarsi la forbice tra il rendimento dei titoli di Stato a lungo termine italiani e tedeschi: 315 punti contro i 260 toccati nel momento culminante della «luna di miele» tra mercati e governo Prodi. Ma, al di là delle diatribe domestiche, i mercati cercano di capire che cosa stia succedendo per davvero oltre Oceano e quali conseguenze questo potrà avere in Europa ed in Italia. E', innanzitutto, un temporale d'estate o qualcosa di più? Quasi tutti a Wall Street rispondono ormai nello stesso modo: la caduta, la «correzione» come preferiscono chiamarla i signori del listino più potente del mondo, è destinata a durare mesi. Il Dow Jones, predicano gli analisti, non si fermerà fino ai 5 mila punti. Solo allora, quando Wall Street avrà registrato una perdita del 15% circa rispetto ai massimi di maggio, si potrà ragionare di nuovi rialzi. «Niente però - borbotta Eric Miller della Donaldson Lufkin - lascia ritenere che abbiamo già toccato il fondo». Niente di paragonabile, per carità, al crack dell'87 o, peggio, del '29. Una correzione, anche robusta, era prevedibile e i meccanismi del mercato sembrano in grado di assorbirne gli effetti. Cosa spinge Wall Street al ribasso? Primo, la sensazione che ben presto, forse prima della riunione della Fed del 20 agosto, Alan Greenspan sia costretto a ritoccare al rialzo i tassi per fronteggiare l'inflazione. Certo, è un anno elettorale e la Fed ha, finora, cercato ogni possibi¬ le giustificazione per non imboccare la strada della stretta. Ma a tutto c'è un limite. Anche al rialzo della Borsa e dei titoli ad alta tecnologia in particolare. Wall Street e il Nasdaq (il mercato dove per anni hanno toccato cifre da primato Microsoft, Netscape, Yahoo! e gli altri campioni della rivoluzione multimediale) hanno messo a segno 95 primati consecutivi dall'inizio del '95, arrivando a capitabzzare, in al¬ cuni casi, centinaia di volte gli utili. La corda insomma era ben tesa ed è stato sufficiente l'annuncio di profitti inferiori alle attese (è successo con la Hewlett Packard a fine settimana) per provocare una secca ritirata. Terza ragione di ribasso, l'atteggiamento dei risparmiatori: a maggio la galoppata delle famiglie verso i fondi aveva consegnato nelle mani dei gestori ben 25 miliardi di dollari da gettare nel catino delle Borse. A luglio la cifra dovrebbe ridursi a «soli» dieci miliardi di dollari. Cosa cambia per l'Europa? Il Vecchio Continente è in situazione ben diversa dagli Stati Uniti ove la ripresa è comunque in atto e la disoccupazione è sotto il 6%. Tutta diversa anche la situazione del Giappone ove il denaro è, in pratica, gratis. In Europa regna la recessione e non a caso il presidente della Bundesbank, Hans Tietmeyer, si è affrettato a parlare di «possibili nuovi cali dei tassi», di fronte alla pioggia di vendite sulla Borsa di Francoforte. Una nuova corsa verso il marco, infatti, sarebbe destinata a dare più problemi che vantaggi al colosso tedesco: esportazioni più difficili, bilanci in difficoltà per le multinazionali che sviluppano buona parte del fatturato fuori dei confini, Borsa quindi in difficoltà e unità monetaria ancor più lontana. E l'Italia? Gli esami dei mercati rischiano di diventar ancor più severi e il calo dei tassi, a giudicar anche dal rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato, un'utopia. Ciampi ha ragione: c'è un tempo per premiare e uno per punire... Ugo Bertone MAG GIÙ LUG AGO SET OTT NOV DIC GEN FEB MAR APR MAG GIÙ LUG AGO SET 0TT N0V DIC GEN FEB MAR APR MAG GIÙ LUG ■95 '96 Hans Tietmeyer presidente della Bundesbank Il suo intervento ha fatto cambiare rotta a Wall Street

Persone citate: Alan Greenspan, Carlo Azeglio Ciampi, Ciampi, Donaldson, Eric Miller, Hans Tietmeyer, Hewlett, Ugo Bertone