In Arkansas la saga della poltrona

In Arkansas la saga della poltrona In Arkansas la saga della poltrona L'erede di Bill rifiuta di andarsene, ma poi cede NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Quando a fine maggio era stato condannato nel processo Whitewater, aveva opposto alla sentenza una dignitosa serenità, annunciando anche che «per correttezza» si sarebbe dimesso. Ma quando l'altro ieri è arrivato il momento di dimettersi davvero Jim Tucker, governatore dell'Arkansas e grande amico di Bill Clinton, ha mostrato un tale attaccamento alla sedia che in pratica hanno dovuto trascinarlo via, dopo una giornata convulsa e piena di colpi di scena. Quando Tucker, che era il vice di Clinton, ne aveva preso il posto dopo l'elezione alla Casa Bianca, la gente dell'Arkansas aveva dovuto eleggere un nuovo vice, e la maggioranza democratica era stata rovesciata. Tutti quindi aspettavano di cominciare la nuova «era» con un governatore repubblicano, quando ecco che nel Parlamento dello Stato, invece di Tucker pronto a mettere il potere nelle mani di Huckabee, arriva una sua lettera. Non mi dimetto più, diceva. Ho scoperto che della giuria che mi ha condannato faceva parte una donna che ha personali ragioni per avercela con me. E' sposata con uno spacciatore di droga che per due volte mi ha chiesto di graziarlo e per due volte ho risposto no. Il verdetto del 28 maggio, quindi, non è stato sereno e sono sicuro di poterlo dimostrare al processo in appello. In un attimo, scoppia il finimondo. Alcuni deputati cominciano a inveire contro il governatore, altri propongono di andare avanti lo stesso con il giuramento. Il repubblicano Huckabee, dicono, non è responsabile delle stravaganze del democratico Tucker. Ma il sostituto, si scopre con raccapriccio, è assente anche lui. Dov'è?, si chiedono tutti. «E' qui», urla a un certo punto uno da una stanza attigua all'aula del Parlamento, indicando un televisore. Mike Huckabee infatti era corso negli studi della tv locale per «informare i cittadini» di ciò che stava accadendo: «Se entro le 9 di mattina Tucker non si sarà formalmente dimesso, propongo che il Parlamento lo metta in stato d'accusa e lo costringa ad andarsene subito». Un attimo dopo, ecco la notizia che il capo della procura dell'Arkansas, Winston Bryant, annuncia una «azione legale» per costringere Tucker a dimettersi. Nell'aula del Parlamento nessuno sa che fare. Ce ne andiamo a casa e aspettiamo gli eventi, si chiedono l'un l'altro i deputati, o restiamo qui e «occupiamo» quest'aula simbolicamente? Dopo 40 minuti il dubbio viene sciolto. Arriva il segretario di Stato, Sharon Priest, che legge una lettera di Tucker. «Mi climetterò alla 18,00». E questa volta era vero. Alle 19,00, Huckabee ha giurato fra gli applausi, e ora è in carica. If. p.j Jim Tucker, fino a ieri governatore dell'Arkansas, ha lottato fino all'ultimo per non cedere la poltrona al suo successore Huckabee [FOTO REUTERJ

Luoghi citati: Arkansas, New York