«Copio Sacchi, ma non sbaglio» di Marco Ansaldo

AD ATLANTA AD ATLANTA «Copio Socchi, ma non sbaglio» Rudic: cambio anch 'io, però ho i correttivi IL SETTEBELLO LATLANTA E idee di Rudic coincidono con quelle di Sacchi e questo feeling non sarebbe una garanzia di successo per la Nazionale di pallanuoto se l'orsone croato non fosse l'uomo che ha vinto, senza troppe parole, quanto non è mai riuscito all'Arrigo: oltre all'Olimpiade, due Europei e un Mondiale. Perciò, quando Rudic ci racconta che questa non è più la squadra che trionfò a Barcellona e che ha cambiato gioco alla ricerca di una modernità, riusciamo persino a sperare che non si sbagli. Fuori dal capannone dove gli azzurri, appena arrivati da Toronto, si stanno accreditando è esploso un temporale violentissimo, tropicale, come se Atlanta avesse voluto immergere i nostri pallanuotisti nel loro elemento naturale che è l'acqua. Dentro, c'è il grande caos di questi giorni di arrivi continui. Rudic osserva senza esserne impressionato. Per lui è l'ottava Olimpiade. Cominciò che era un giovanotto, in Messico, quando la Jugoslavia conquistò la medaglia Rudic, ex campione di pallanuoto, è all'ottava Olimpiade: il tecnico croato ha vinto le ultime tre da allenatore «Abbiamo una formazione giovane che punta sul ritmo: il modulo di Barcellona era ormai superato» giorni a Toronto: per ottenere cosa? «Dovevamo perfezionare i dettagli tecnici e quelli tattici. Abbiamo lavorato i primi cinque giorni con il Canada e gli altri con la Spagna. Cinque ore al giorno in piscina, due in palestra». Le tre sconfitte in Ungheria l'avevano messa in allarme? «No. Nella preparazione si può perdere perché in quel momento si è stanchi ma più dei risultati è importante il gioco». Cosa è cambiato nell'Italia rispetto a Barcellona? «Tutto. A Barcellona ri presentammo con una squadra esperta che non aveva vinto niente e che seppe crescere durante il torneo. Qui all'opposto abbiamo una formazione giovane che sopporta l'eredità di molte vittorie. Gli avversari ci conoscono, possiedono videoteche sull'Italia: neppure Marion Brando compare in tanti film quanto questi ragazzi». Lei oltre agli uomini ha cambiato anche il gioco. Perché? «Perché quanto abbiamo espresso a Barcellona poteva non bastare più. Allora confidavamo sulla d'oro che non cita mai perché non lo mandarono in vasca neppure un minuto. Invece ha vinto le ultime tre, da allenatore, e quelle le sente tutte sue. Racconta di un approccio che è cambiato. «Da giocatore respiravo di più lo spirito olimpico, quella fratellanza che deriva dal sentirsi parte di uno stesso mondo che non esiste ma che ti pare il migliore. Adesso penso soltanto agli avversari che dovremo affrontare e a come potremo batterli. Questo è un lavoro, e basta». Allora parliamone. Avete concluso un collegiale di dieci grande organizzazione di gioco, sbagliavamo pochissimo e sfruttavamo gli errori avversari. Eravamo attendisti. Oggi puntiamo sul ritmo, sulla velocità e attacchiamo pure quando siamo in difesa. Se riesce è un grande gioco». Non teme di ripetere gli errori che sono costati a Sacchi l'Europeo e forse il posto? «In questo modo abbiamo già vinto a Vienna, negli Europei. E comunque io ho previsto dei correttivi: se le cose non andassero bene, sapremmo frenare, trovare un modulo più equilibrato e attendista». Rudic, ma perché in Italia è scoppiata questa mania di cambiare quando si è vinto molto giocando in un altro modo? «Perché lo sport si trasforma e quello che valeva ieri oggi può non dare risultati. Altre squadre hanno seguito la nostra stessa via: ungheresi, russi, americani». Tuttavia, nel calcio il tradizionalismo di Maldini ha portato più successi delle innovazioni sacchiane. Lei non sente di andare contro la scuola della pallanuoto italiana, rischiando? «Ho scelto i giovani, che sanno adattarsi ai cambiamenti, e quelli che non sono più giovani ma conoscono certe cose perché le fanno nei loro club. Nel campionato prevale la tendenza del vecchio tipo di gioco, ma qualcosa si muove». Quanto la preoccupa la nuova formula per cui dopo i due gironi eliminatori arriva subito lo scontro diretto? «E' un rischio in più. Ma non ci penso e mi andrebbe bene trovare nei quarti chiunque, fosse pure l'Ungheria: preferisco che gli avversari più forti arrivino subito». Cosa è rimasto in Italia del vostro successo olimpico? «Il ricordo della finale da infarto con la Spagna e l'attesa di una nuova medaglia. In me il rammarico di non aver visto crescere dopo quel successo l'attenzione per la pallanuoto, soprattutto per il campionato. Si poteva fare di più». Marco Ansaldo

Persone citate: Maldini, Marion Brando, Rudic, Sacchi