«Pacciani mi ordinò: uccidi Vanni»

Un ex detenuto: in cambio mi offrì denaro e una casa Un ex detenuto: in cambio mi offrì denaro e una casa FIRENZE. «Dovevo eliminare Mario Vanni. Chi lo voleva morto? Il Pacciani Pietro: ha pagato per quello». Parola di killer mancato. Era l'ultimo giorno di maggio quando un ex detenuto si è presentato agli inquirenti e ha detto che il Pietro era diventato una specie di padrino, uno di quelli che, dal carcere, decidono sulla vita e sulla morte, danno ordini e si aspettano che gli altri li eseguano. Bene, il «Vampa» avrebbe ordinato di far fuori il suo amico più stretto, Vanni Mario, il postino di San Casciano, quello che da quando lo hanno arrestato ha aperto bocca soltanto per dire: «Con Pacciani? Si faceva merenda insieme». Ma che sarebbe stato fin troppo chiacchierone e imprudente, prima, quando era libero e non temeva di finir dentro la storiaccia del «mostro di Firenze». Perché il padrino avrebbe dovuto voler la morte di «Torsolo»? Semplice: lui era dentro, accusato di essere il maniaco della Beretta, autore di otto duplici omicidi. E se la vede¬ va brutta. Gli occorreva un alibi, un alibi di ferro, e non tanto per la notte degli scempi, perché quelli finiscono per rivelarsi sempre alibi discutibili, fragni. No, gli occorreva qualcosa che spazzasse anche l'ombra del sospetto, qualcosa di definitivo, di inattaccabile. Vanni doveva ammazzare una coppia, naturalmente con la calibro 22. Ma «Torsolo» tentennava. Da qui la decisione di farlo accoppare. Ma chi è l'ex detenuto neo teste? Un personaggio aggredito dalla mitomania oppure uno attendibile? Ciò che ha raccontato è «secretato», tuttavia si sa che non avrebbe dato un'informazione sommaria: avrebbe dettato otto pagine di verbale. Ma a Vanni, ieri mattina nel carcere di Pisa, hanno contestato soltanto il capitolo riguardante l'assassinio su commissione. Due ore d'interrogatorio, fra le 10,20 e le 12,20. A far le domande, il sostituto procuratore Paolo Canessa, quello che fu pubblico ministero in aula durante il primo processo Pacciani; a prende¬ re appunti, il capo della mobile fiorentina Michele Giuttari; ad ascoltare, il difensore Giangualberto Pepi; e a tacere, lui, «Torsolo». Vanni, gli hanno detto, il Pacciani la voleva far ammazzare. E lui, sgranando gli occhi: «Non lo sapevo... Questa è grossa. Io ho sempre fatto il mio dovere». Eppoi, ha protestato: «Ma io non gli ho fatto nulla». Forse l'accusa si aspettava che Vanni di fronte a quella rivelazione avrebbe mutato atteggiamento. Ma «Torsolo» è uno che non cambia facilmente. «Non ha la minima intenzione di collaborare, non si sposta dalle sue posizioni, non lo ha fatto neppure quando il pm gli ha detto che aveva altre cose da contestargli ma, visto che non aveva nessuna voglia di collaborare, era meglio chiudere lì», osserva l'avvocato Pepi. Che, sull'ennesimo nuovo teste, commenta: «Non si sa come si chiami, chi sia, quando abbia deciso di parlare. L'unica cosa conosciuta è che ha deposto il 31 maggio». Al termine dell'interrogatorio, il

Persone citate: Beretta, Mario Vanni, Michele Giuttari, Pacciani, Pacciani Pietro, Paolo Canessa, Vanni Mario

Luoghi citati: Firenze, San Casciano