Isomalt, nuovo dolcificante di R. Pel.

Isomalt, nuovo dolcificante Isomalt, nuovo dolcificante Non innalza laglicemia e non contribuisce alla carie LJ UOMO ha sempre cercato di soddisfare il desiderio di sapori dolci ricorrendo, nelle varie epoche storiche, ai frutti della terra, al miele, allo zucchero di canna e di barbabietola. Oltre ai mono-disaccaridi tradizionali (glucosio, fruttuosio, saccarosio) la ricerca, oggi, ha messo a punto numerosi dolcificanti che si possono raggruppare in due categorie: polialcool (che appartengono alla famiglia dei carboidrati e sono definiti mono-disaccaridi idrogenati: sorbitolo, mannitolo, xilitolo, lattitolo), e i dolcificanti intensivi (di diversa origine), definiti anche sintetici: saccarina, aspartame, acesulfame, ciclamati. I polialcool sono meno calorici dello zucchero da tavola (circa la metà), non causano carie, hanno un potere dolcificante ridotto. I dolcificanti intensivi invece sono completa¬ mente acalorici, acariogeni e dotati di un elevato potere dolcificante. Per ottenere prodotti piacevoli, sovente è necessario associare i dolcificanti di entrambe le categorie. Fra tutti questi prodotti merita attenzione un polialcool, l'isomaltuìosio idrogenato, detto anche isomalt. Isomalt si ottiene dalla barbabietola grazie all'attività enzimatica di un particolare ceppo batterico (protaminobacterrubrum), che produce uno stretto legame tra le molecole di glucosio e fruttosio costituenti il saccarosio (isomerizzazione). Successivamente il prodotto ottenuto viene idrogenato allo scopo di ottenere una soluzione acquosa neutra. In altre parole, la ricerca oggi ha trovato il modo di modificare il saccarosio proveniente dalle barbabietole e di ottenere un dolcificante più adatto alle esigenze della vita moderna. Mentre il saccarosio è un disaccaride facilmente scisso nell'organismo umano in glucosio e fruttosio, isomalt è un alcool-disaccaride, molto più stabile: nell'organismo umano la produzione di glucosio non avviene, o avviene in modo molto ridotto. Di conseguenza non innalza la glicemia, fornisce un apporto calorico ridotto del 50% rispetto al saccarosio, non costituisce un materiale utilizzabile dai microorganismi responsabili della carie. Secondo una tecnica messa a punto dall'Università di Zurigo e approvata dalla «Toothfriendly» (un'associazione, senza fini di lucro, che raggruppa studiosi in Odontoiatria), un dolcificante viene definito «non cariogeno» se il ph nell'ambito orale non scende al di sotto di 5,7, durante i 30 minuti successivi all'ingestione di cibo. [r. pel.]