NON CONTA AVER VISTO GESÙ'

NON CONTA AVER VISTO GESÙ' NON CONTA AVER VISTO GESÙ' L'incerta età dei Vangeli TESTIMONE OCULARE DI GESÙ' C. P. Thiede M. d'Ancona Piemme pp. 238 L. 35.000 TESTIMONE OCULARE DI GESÙ' C. P. Thiede M. d'Ancona Piemme pp. 238 L. 35.000 IVIAMO in un'epoca corrosa dal dubbio, ma alla ricerca disperata di certezze. L'Occidente va di qua e di là, cercando nuovi "valori" in tutti i campi della politica a nuove maniere per rinvigorire la tradizionale morale giudeo-cristiana. C'è una generale accondiscendenza verso il secolarismo e la sua avversione a una chiara moralità. C'è una analoga fame di idee e di politiche che affermino ima qualche cornice morale...». Che c'entra tutto questo in un libro che tenta di divulgare, grazie al talento giornalistico di Matthew d'Ancona (vicedirettore del Sunday Telegraph), le dotte ricerche del papirologo di Paderborn Carsten Peter Thiede su tre minuscoli frammenti papiracei del Vangelo di Matteo? C'entra! I tre frammenti, già noti sotto la sigla P64 e normalmente collocati nel LT-III secolo, grazie alla retrodatazione operata nel 1994 da Thiede, che li situa in un periodo ben anteriore al 70 d.C., inventano il menu offerto dai due autori per venire incontro alla «fame» di certezze, idee, ecc.. Menu, invero, assai magro, sebbene il libro, mescolando stile giornalistico e linguaggio tecnico-scientifi- co, si presenti come una sorta di piatto molto vario, una specie di pot-pourri in cui si possono trovare molti ingredienti. Tra cui: una sintetica introduzione all'arte dello studio dei papùi; una lunga digressione sulla vita del reverendo anglicano Charles B. Huleatt (18631908), che a Luxor (Egitto) venne in possesso di tre frammenti papiracei scritti in greco; una parzialissima e sostanzialmente unilaterale ricostruzione dell'esegesi storicocritica dei Vangeli. Troviamo ancora una panoramica «culturale» che accomuna l'opera di gran parte degli esegeti odierni a romanzi di Kazantzakis (e relativa ripresa cinematografica di Scorsese: L'ultima tentazione di Cristo) e Gore Vidal che remterpretano letterariamente la figura di Gesù, così come a testi di fanta-esegesi catalogabili nel genere trash. Troviamo poi minuziosissime descrizioni dei tre frammenti del Vangelo di Matteo, oggetto principale del libro, e dei procedimenti messi in atto per pervenire alla loro datazione; un résumé della vicenda del famoso frammento 7Q5, reperto trovato a Qumran e contenente, secondo l'identificazione di José O'Callaghan, il passo di Me 6,5253; ma anche, come abbiamo visto, sguardi che, alzatisi dalla lente del microscopio, si allargano universalmente alla crisi di fine millennio che l'Occidente sta vivendo e che può trovare un toccasana nella datazione dei tre frammenti, e dunque dell'intero Vangelo di Matteo, ad un'epoca più antica di quella solitamente sostenuta dagli studiosi. Che tra l'altro non è il II secolo, come recita il risvolto di una copertina aggressivamente sensazionalistica, ma piuttosto il periodo intorno all'80 d.C. Ebbene. Gli argomenti addotti da Thiede per la datazione riguardano essenzialmente il tipo di grafia, le abbreviazioni dei nomina sacra (IS per Iesous, KE per Kyrie, che i cristiani iniziarono a utilizzare da prima del 70), il ricorso alla forma del codice, non del rotolo (il papiro Magdalen è appunto un codice, cioè una sorta di quaderno o libro ante litteram, scritto sul recto e sul verso). La proposta di Thiede ha suscitato risposte critiche ad altissimo livello su un numero della Revue Biblique del 1995, soprattutto per opera di Emile Puech. Lo stesso G. Ravasi, polemizzando con Thiede sul Sole 24 Ore, ricorda che gli ar¬ gomenti addotti da Thiede non sono cogenti, ma situano im terminus a quo della datazione dei frammenti, che possono essere anche più tardivi. L'archeologo M. Piccirillo, sull'Avvenire, ha invitato alla prudenza. Ma ciò che più dispiace è lo sfruttamento a fini apologetici di questioni soggette a discussione scientifica: secondo gli autori la maggiore anticliità dei Vangeli deporrebbe a favore della loro maggiore storicità, e dunque del saldo fondamento della fede. La maggiore credibilità della fede dipenderebbe dunque daU'eliminazione della distanza fra il testo evangelico e Gesù? Ma questo non significa intendere la tradizione come distorsione? Non significa cadere in una sorta di gesuanismo che salta la mediazione comunitariaecclesiale? E the dimentica l'azione dello Spirito che ha guidato le differenti ermeneutiche di Gesù costituite dalle quattro, differenti, redazioni evangeliche? Non significa cadere nel mito della storicità come prius meontaminato? Non significa misconoscere ciò che è il genere letterario «vangelo»? Che appunto non coincide né con la biografia né ccn il resoconto cronachistico, e che gli stessi auton del nostro libro negano che possa essere «un resoconto stenografico della vita e dell'opera di Gesù». Il cristianesimo non è religione del libro, ma dell'interpretazione: quest'opera spirituale (che avviene cioè nella fede e sotto la guida dello Spirito), che libera da ogni tentazione fondamentalista e dai sogni di un cristianesimo aggressivo e che impegna i cristiani di ogni tenpo alla responsabilità e alla fedeltà creativa al Cristo, è testimoniata già dai vangeli. Anche se si dovesse arrivare, in base a scoperte più consistenti e a motivazioni più cogenti, a retrodatare la loro composizione. Sempre, in ogni caso, si dovrebbe ammettere un periodo di trasmissione orale e di formazione delle tradizioni che hanno poi trovato differenti cristallizzazioni nei quattro vangeli e nelle differenti comunità di cui esprimono la fede. E' soprattutto il prestarsi a questo sfruttamento apologetico ad opera di «un certo revanscismo cattolico» (M. Piccirillo) che rende particolarmente indigesto il piatto, pur magro, servito da Thiede. Enjzo Bianchi

Luoghi citati: Ancona, Egitto, Luxor