Il fuoco di Guttuso ventenne

Primitivismo di colore mediterraneo Marsala, le sorprese dell'arte siciliana prima della guerra Il fuoco di Guttuso ventenne Primitivismo di colore mediterraneo YtÌ MARSALA I EL maggio del 1932 il I Milione di Milano, galle1 ria di punta della giova- i l-U ne arte italiana postonovecentista, presentava una mostra di sei pittori siciliani: Castro, Giarrizzo, Bevilacqua, Lazzaro, Corona e Guttuso, cinquantanni il primo e vent'anni l'ultimo. Raffaello Giolli, nel «Giornale d'Italia», ne esaltò la novità, con un paragone singolare, ma non tale per gli adetti ai lavori di quegli anni di svolta: «Questa mostra siciliana è stata, per Milano, una rivelazione. Siciliani senza folclore... Le sedie di casa loro, per questi Sei Siciliani, son certo le stesse sedie che a casa loro adoperano i Sei di Torino... Questi Sei di Sicilia hanno le nostre sedie e nostri abiti, i nostri costumi e la nostra civiltà europea». A parte l'ombra di nordismo alla rovescia, l'intuizione di una modernità siciliana era sicuramente felice. Ne fece tesoro il più giovane, l'astro nascente Renato Guttuso, per riproporre nel 1934, nella stessa sede, la fronda esplicita dei Quattro Siciliani: lui stesso, Lia Pasqualino Noto e due scultori, Nino Franchina e Giovanni Barbera. Purtroppo Barbera scomparirà due anni dopo, a ventisette anni, stroncato nella piena crescita sensuale d'un realismo umanistico vicino al miglior Martini non monumentale. Ma gb altri Quattro sono rimasti alla luce nel secolo, anche la recuperata Pasqualino Noto sulla scia guttusiana. E' logico dunque che costituiscano un punto di forza della rassegna Arte in Sicilia negli Anni Trenta, a cura di Sergio Traisi, aperta fino al 15 settembre, nell'ex Convento del Carmine (catalogo Electa Napoli). II panorama offerto da questa esposizione - al di là degli approfondimenti, nel decennio di esordio, delle variegate sperimentazioni «di fronda» dei Quattro -, è nuovo, rivelatore, singolarmente ricco, soprattutto riguardo ai Sei del 1932 e a colui che è un poco il fondatore della modernità pittorica siciliana: il futurista Pippo Rizzo. Al Milione nel 1932 il ventenne Guttuso espose il Palinuro, esempio noto del suo originario primitivismo plastico, già affocato di colore mediterraneo. Qui compare, come anticipazione spavaldamente moderna e naturista, il Vogatore del 1930, da ragazzo spregiudicato che ha già visto qualche fotografia di Derain. E la Parigi degli Anni Venti riconosce il valore della forte, espressiva ossatura di Graziella, inedito recupero della mostra del 1932. Poi irrompe il calore «tonale» dei modelli romani, soprattutto della Roma di Cagli e Cavalli, mentre le prime Nature morte prefigurano già il futuro. Il noto Ritratto del chirurgo Guglielmo Paqualino, marito di Lia Noto, appare un omaggio persino imbarazzante al Carlo Levi espressionista del 1930. Un'espressionismo esasperato, esistenziale, drammaticamente europeo e parallelo a esperienze coeve di Birolli, caratterizza nel 1935 il nudo di Renato Guttuso musicista, enigmaticamente ermafrodita (una eco dei fratelli De Chirico?). Non si smentisce fin dall'inizio la sua orgogliosa vocazione trainante. In tal senso è impressionante l'altro Ritratto di Guglielmo, dipinto nello stesso anno 1935, in camicia nera, della Paqualino Noto. La delicatezza magica e la dolcezza tonale dei Bambini dello stesso anno, in cui prevale l'aura di un'altra Roma, quella di Edita Broglio e di Melfi, è la salvaguardia della Noto dagli eccessi dell'espressionismo guttusiano, che invece incide a fondo, ad aspri colpi di stecca, nelle terracotte del giovane Franchina, fino a un bel ritratto dello stesso Guttuso. Accanto al già noto, le riscoperte della mostra: non tanto la parabola di Pippo Rizzo, dall'ingenua modernità futurista a fendenti dinamici (il Nomade 1929, impermeabile di classe, guanti di pelle, farfallino nero, treno sullo sfondo probabile Orient Express) al primitivismo ritardatario alla Carrà della Dipartita, quanto l'espressionismo romano, autonomo da Guttuso, dell'ex futurista Domenico Maria Lazzaro, originalissimo scultore nei primi Anni 40. Nella varietà di posizioni culturali, la robusta vicinanza di Pina Cali alle posizioni del primo gruppo milanese di Novecento diventa grottesca ironia in Alberto Bevilacqua. Un vero «caso» è quello di Vittorio Corona, che indugia in un imparaticcio fra futurismo e metacubismo «orfico» nella piccola tempera L'antidiluviano del 1928, presenta singolari affi- nità con i messicani o un sudamericano come Segali nel Nudo mistico del 1931 e l'anno dopo approda, alla mostra al Milione, con due incredibili tele visionarie su frasi di Mussolini che anticipano i picassismi di dieci anni dopo. Panorama singolarmente ricco e vario di una cultura pittorica e scultorea fondata dalfuturista Pippo Rizzo Qui a fianco «Madre e figlio» olio del 1935 di Comes e a sinistra «Mediterraneo» olio su tavola del 1930 di Guttuso, straordinario protagonista della rassegna di arte siciliana allestita a Marsala