«Ecco le prove che lo incastrano»

«Ecco le prove che lo incastrano» «Ecco le prove che lo incastrano» Gli inquirenti raccontano gli sviluppi dell'indagine L'INTRIGO MILIARDARIO FTORINO ORSE adesso, signor Cante, avrà qualcosa da raccontarci». E' stata, la scorsa, la notte più lunga per Domenico Cante, 39 anni, da 11 dipendente delle Poste torinesi. Carabinieri e polizia lo avevano fermato a casa. Era a tavola, con moglie e figlia di 11 anni. «Per favore ci segua». Lo hanno portato nella caserma di Susa. Una palazzina nuova, a tre piani, in via Carlo Alberto Dalla Chiesa. Primo piano, uno degli uffici del nucleo operativo. Un tavolo, due sedie. Su una parete la foto del generale ucciso dalla mafia in Sicilia. La finestra si affaccia sul cortile. SOLO PER QUATTRO ORE. I carabinieri hanno abbassato le tapparelle e hanno acceso la luce. «Si sieda signor Cante». Lui: «Sì, adesso mi siedo, ma che cosa volete da me?». Nessuno gli ha risposto. La porta aperta verso il corridoio, Cante è rimasto solo per quattro ore. Fino a mezzanotte, quando sono comparsi il magistrati, alcuni ufficiali dei carabinieri, i funzionari della Mobile. «Signor Cante, forse adesso ha qualcosa da raccontarci». E sono state cinque ore di interrogatorio stringente. Tante domande su Giuliano Guerzoni ed Enrico Ughini, trovati ammazzati in quel bosco di Bussoleno. Poi sul sacco a pelo e il plaid a quadretti trovati sui corpi e che sono, per l'accusa, di Cante. Poi quei graffi, segni di una lotta furibonda. «QUI FA TROPPO CALDO». Prime domande. Risposte vaghe. Poi le contestazioni, sempre più stringenti, sempre più puntuali. «Lei, signor Cante, è complice del furto alle Poste. E lei ha poi ucciso i suoi complici. Che cosa ha fatto quella sera, quando è uscito dal lavoro?». Cante è impallidito. Ha mormorato: «Qui fa troppo caldo». Si è slacciato im bottone del camiciotto bianco. Si è passato le mani sui calzoni beige, per asciugarle dal sudore. E ha mormorato: «Io nego tutto, io non ho rubato, io non ho ucciso nessuno». Così fino alle 5. «Io non ho rubato, io non ho ucciso». Stava albeggiando quando lo hanno portato via. Si è coperto il volto con quei fogli che il magistrato gli aveva consegnato. E su quei fogli si leggono gli elementi d'accusa raccolti da carabinieri e polizia. UN FURTO SOTTO SCORTA. Dice il capo della Mobile, Salvatore Mulas: «Che Cante fosse complice di Giuliano Guerzoni è stato chiaro fin dalle prime mdagini». Mercoledì 26 giugno, Cante e Guerzoni erano assieme sul furgone che ha ritirato i sacchi da 10 uffici postali. La dot¬ toressa Liliana Meini, dirigente la polizia postale: «Quel giorno, si pagava l'Ici, avevamo rinforzato le scorte. Due pattuglie, due auto, davanti e dietro il furgone. Ogni movimento, fuori dal furgone, avviene sotto il controllo degli agenti». «Quelli fuori, ma non quelli interni», aggiunge il commissario Sergio Molino, capo della sezione rapine. E' stata l'intuizione che ha indirizzato le indagini. Così il mattino del 27 giugno, quando si è scoperto che i sacchi contenevano cartaccia e si è detto che lo scam¬ bio dei pacchi era possibile solo mentre il furgone correva da un ufficio postale all'altro. IL BOTTONE BLINDATO. Il furto, dunque, all'interno del furgone. Gli agenti hanno cercato Guerzoni e Cante. Il primo era scomparso: fuggito con il bottino? Il secondo si è mostrato sicuro: «State perdendo tempo con me». Ma la sua sicurezza è durata poco. «Io non ho visto nulla, ha fatto tutto Giuliano». Ma lei è seduto accanto al guidatore, è costretto a vedere quanto accade. «No, Giuliano può aver fatto tutto mentre io ero in un ufficio per prendere i sacchi. Può aver nascosto i pacchi nel fondo del furgone, dove c'è una cassaforte». Ma per aprirla bisogna schiacciare un bottone, che è sul cruscotto. Un bottone blindato, che aziona un meccanismo rumoroso. Lei deve accorgersene. Cante, messo alle strette, si è sentito male. Lo hanno dovuto ricoverare in ospedale, per quattro giorni. Poi, dicono i magistrati, «abbiamo preferito indagarlo a piede libero, per controllarne i movimenti». Nessuno poteva ipotizzare il duplice omicidio. LE TOMBE NEL BOSCO. Il colpo di scena è dell'altro pomeriggio, quando un contadino ha portato i carabinieri nel bosco di noccioli, dove c'era la tomba di Guerzoni e Ughini, anche lui scomparso dopo il furto. Il capitano Aldo Iacobelli, comandante del nucleo operativo dei carabinieri, parla di «deduzioni logiche», legate alle indagmi. Si è subito sospettato di Cante. Lui ha sudato e ha negato. Ma, dicono gli inquirenti, «ci sono precisi elementi che lo accusano». Su quel foglio bianco, intestato procura della Repubblica, consegnato a Cante dal magistrato, si parla di un plaid a quadretti trovato addosso ai morti e di graffi sulle braccia del postino. Forse Domenico Cante, adesso, ha davvero qualcosa da raccontare. Ezio Mascarìno L'altra notte 5 ore di interrogatorio in caserma per ricostruire ogni istante dal giorno del iurto Qui sono stati rinvenuti i cadaveri. Sotto, il capo della mobile Sebastiano Mulas. A lato il commissario Sergio Molino e il capitano dei carabinieri Aldo Iacobelli

Luoghi citati: Bussoleno, Sicilia, Susa