Nuovi autori, brani ritrovati, al singolare Festival di Lockenhaus giunto alla XV edizione «nella musica dell'altra Europa»

Nuovi autori, brani ritrovati, al singolare Festival di Lockenhaus giunto alla XV edizione Nuovi autori, brani ritrovati, al singolare Festival di Lockenhaus giunto alla XV edizione f>j\ LOCKENHAUS l'I sono festival e festival. I Offrono di solito impieghi I i estivi poco impegnativi ai 1 musicisti e propongono musica accessibile a chi si trova in vacanza. Alcuni, come Glyndebourae e Bayreuth, si specializzano nell'opera; altri, come Tìanglewood, sono una sorta di terreno di addestramento per giovani musicisti. Ci sono festival per tutti i gusti: per l'avanguardia; per quella strana corte costituita dagli amanti degli strumenti antichi; per concertisti di diverso tipo; per la società perbene, come Salisburgo; per un pubblico variegato di tipo diverso, come Spoleto. E poi c'è un festival, ormai giunto al quindicesimo anno, di cui probabilmente non avete mai sentito parlare: il Festival di Musica da Camera di Lockenhaus, che nella sostanza appartiene al violinista Gidon Kremer, che ne è anche l'organizzatore. E' un festival tutto particolare. Tanto per cominciare, non è possibile prenotare in anticipo; e nemmeno si può sapere che cosa verrà eseguito prima del giorno della performance. Raramente viene recensito e non viene mai pubblicizzato. E' essenzialmente un raduno privato di musicisti che si recano nella punta più orientale dell'Austria, quasi ai confini con l'Ungheria, per suonare gratis, per il puro piacere di far musica. Sono quasi tutti «regolari» - persone come lo stesso Gidon Kremer, Andras Schiff, Hans Holliger, Oleg Maisenberg, Gerard Causse - ma ogni anno vi sono nuove scoperte e talenti freschi. II pubblico - tutti i concerti sono sempre esauriti, giacché il prezzo di ingresso è assai ragionevole, circa 20 mila lire per ciascun evento dà l'impressione di essere altrettanto regolare, metà locale e metà internazionale. Per quanto ne so, non esiste nessun altro festival dove il pubblico possa frequentare i workshops, sentire i musicisti che provano e discutono e addirittura porre domande e avanzare suggerimenti! E che musica fanno! Parte del fascino di Lockenhaus - a prescindere dalla bellezza del paesaggio, il vecchio castello degli Esterhazy e la chiesa tardobarocca di San Nicola dove hanno luogo i concerti, per non dire delle sistemazioni a buon mercato in abitazioni private o in una Gasthaus assai ragionevole - si concentra in tre settori: sentir suonare insieme (dal duo all'orchestra da camera) musicisti che di solito sono solisti rinomati, sovente ricchi di temperamento; la proposta di un repertorio (ciascun musicista avanza suggerimenti) che va ben al di là delle piste consuete, con un'attenzione particolare alla musica dell'«altra Europa» e un robusto miscuglio di musicisti e di compositori slavi; e infine la scoperta di nuovi lavori, di nuovi compositori o di opere di compositori più noti che uno non ha mai ascoltato. E' stato quest'ultimo aspetto ad attirarmi con maggior forza a Lockenhaus e non dimenticherò mai quel mattino del 1988, durante la mia prima visita, quando venni trascinato in cima alle innumerevoli scale che conducono alla torre del castello, da un quartetto d'archi che non riuscivo a identificare (io, che mi vanto di riconoscere quasi ogni pezzo di repertorio dopo averne udite poche note!), che era chiaramente un'opera di genio, veniva eseguito con quella passione elettrica che costituisce 11 cuore stesso della musicalità di Lockenhaus, ed era in qualche modo databile tra le due guerre. Continuai ad ascoltare e, quando la prova ebbe termine, mi precipitai da Gidon e gli chiesi di quale quartetto si trattasse. Ebbi l'impressione che la mia domanda gli facesse piacere. Il secondo Quartetto per archi di Erwin Schulhoff, ri¬ spose. E chi era Schulhoff? Un compositore ceco (studente di Dvorak, Debussy e Reger e verosimilmente ben noto negli Anni 20), autore di un notevole repertorio, precipitato nel Pozzo della Memoria e scomparso nel 1942, essendo sia ebreo che comunista. Schulhoff è stato oggi sottratto all'oblio (una mezza dozzina di suoi lavori è reperibile in ed), ma resta il fatto che quell'esecuzione, la prima da cinquant'anni a questa parte, ha condotto in seguito ad altri concerti in ogni parte del mondo. E' grazie a Gidon che è nata in me una certa passione, in ogni campo, per quanto (in mancanza di un'espressione migliore) potremmo definire ciò che non fa parte del canone accettato, per compositori e artisti dimenticati o trascurati o cancellati. A volte i compositori ascoltati a Lockenhaus esistevano per me soltanto come nomi (ad esempio, Charles Koechlin Sergei Tanayev o Artur Lourié: sempre grazie al patrocinio di Gidon, anche Lourié, primo commissario sovietico per la musica e amanuense di Stravinsky, è stato recuperato, al punto che due anni fa, a Colonia, alla sua musica è stato dedicato un festival di due giorni). A volte si trattava di compositori di parte delle cui opere sapevo soltanto che esistevano (ad esempio i quintetti per fiati di Rimsky-Korsakov o la musica da camera di Janàcek). Altre volte i programmi, sull'arco di una settimana o giù di lì, proponevano un esame minuzioso, o un riesame dettagliato, di compositori specifici come Schnittke o Shostakovich o Schubert. Giacché i gusti musicali di Gidon e dei suoi amici sono tutt'altro che esclusivi e a Lockenhaus avete eguali possibilità di riesanùnare i classici (Schubert e Schumann sono particolarmente amati) o di scoprire il nuovo o il dimenticato. Non che a Lockenhaus tutto sia perfetto. La vecchia ortodossia stanca degli Anni 60 sopravvive nelle varie forme di Lutoslawski o Takahashi. Quest'anno c'è stato un pezzo francamente orrendo, lungo cinquantotto minuti di troppo, di Gyòrgv Kurtàg, basato su frammenti di Kafka (soltanto leggendo Kafka nel programma di sala si provava un certo sollievo), sul quale Marianne Pousseur e Andras Schiff hanno sprecato il proprio talento. L'orecchio ha bisogno di cogliere mia forma; trova difficoltà a riassemblare esperienze sfilacciate. Lutoslawski e Kurtàg offrono delle chiavi - alcune più interessanti di altre - che vengono ascoltate nel medesimo modo in cui un bimbo in una stanza buia potrebbe ricostruire sulla base dei suoni che lo circondano (il raschio di una sedia, un frammento di conversazione, il vento) il quadro di quanto sta accadendo. Il bambino (il nostro orecchio) aspira a comporre tutti quei suoni in un'unità coerente; ma le ortodossie di quei morti decenni sconfiggono l'orecchio, giacché un suono ne sconfigge un altro: «questo», dice il compositore, «non è ciò che tu pensi che sia». E qui occorre porsi qualche interrogativo sul pubblico gennanico e sul sostegno che esso offre a questa sorta di avanguardismo vecchia maniera. Ho il sospetto che la sua sopravvivenza nelle sale di concerto sia garantita da una congrega di critici che odia la musica allo stesso modo in cui i critici letterari dell'ultima ora, tutti protesi verso la teoria, odiano la letteratura e chi la produce. L'unica spiegazione possibile per gli applausi del pubblico è che gli spettatori abbiano paura di non apprezzare quanto i critici dicono loro che è valido e che apre nuove strade alla musica, oppure che abbiano il timore, esprimendo un'insofferenza palese, di apparire stupidi. A suo credito, va detto che il festival di quest'anno non si è soffermato molto sulla Renania musicale. Ecco alcuni dei numerosi successi: Nachtgebete (Preghiera notturna) di Gija Kancheli, dalla suite Leben ohm Weihnachts (Vita senza Natale), una «musica notturna» con un forte contenuto melodico, composta con estrema abilità per archi e nastro magnetico; un'esecuzione potente, brillante e ricca di straordinaria energia del Secondo trio per pianoforte di Shostakovich da parte di Gidon Kremer, del pianista russo Yuri Smirnov (ideale per questo genere di musica) e del violoncellista israeliano Misha Maisky, elettrico a tal punto da spezzare due volte una corda e sostituirla, senza mai perdere la concentrazione; un'esecuzione non meno brillante del Concerto triplo di Schnittke per violino (Kremer), viola (Causse) violoncello (David Geringas) e archi, culminante in un accelerando molto che ha lasciato il pubblico senza fiato; e una versione notevole della Sonata per violino e piano di Janàcek, eseguita con grande delicatezza da Schiff e Kremer. Come accade normalmente a Lockenhaus, dal festival è emerso, pur non voluto, un tema, che nel caso specifico era la natura del pastiche, della parodia, della citazio- ne, dell'ironia musicale. I numerosi brani che illustravano questo tema erano tutti estremamente interessanti, ciascuno a proprio modo, e meritano quindi qualche parola. Anzitutto, abbiamo ascoltato due volte un irresistibile quartetto del compositore americano John Harbison, del quale nessuno, nemmeno Kremer, è stato in grado di dirci granché. 11 quartetto, in quattro movimenti, si chiama 19 novembre 1822 e, come suggerisce il titolo, trae il proprio materiale musicale da un certo numero di opere di Schubert. In secondo luogo, due notevoli lavori originali di un compositore russo quarantenne, Leonid Desjatnikov: una dimostrazione di quanto sia originale la nuova generazione dei compositori russi (dopo Schnittkel. Desjatnikov (al suo secondo soggiorno a Lockenhaus) indossa giacche di lino color crema simili a quelle portate dai gentUuomini attempati di Ttirgenev e di Cechov; ha un'aria splendidamente dissoluta e affusolata; e ho il sospetto che provenga dallo stesso genere di musicisti cui appartengono Shostakovic, Léonard Bernstein e André Previo : musicisti che possono fare qualunque cosa e suonare in qualsiasi stile e il cui orecchio è pressoché perfetto e vivacissimo. Sia Kremer che Maisenberg si dilettano a suonare morceaux di Fritz Kreissler e tanghi di Piazzo]la; e quest'anno ci hanno offerto la «leccornia» (sempre che questa sia la parola giusta) di una maratona serale dedicata a Nino Rota: tutta musica fin troppo piacevole e a volte inventiva. Ma come per il suo caro amico e collaboratore Federico Fellini, temo che nel suo caso il pastiche, l'abilità di scrivere la musica di qualcun altro, si accompagni a un tipo sbagliato di sentimento. Ho l'impressione che il sentimentalismo musicale si abbia allorché l'orecchio opera in base a un principio non-musicale, in base ad astrazioni quali 1'«amore», la «tristezza», la «musica da circo» e via di seguito. Nell'evocare tali sentimenti, Rota aveva la tendenza a dimenticare la propria musica. Si attendeva da noi che sentissimo ciò che lui voleva farci sentire, ma il risultato era che il contenuto musicale diventava banale: come se la cosa non avesse importanza, in quanto lo schermo (per il quale soprattutto egli componeva) dovesse fornirci le immagini necessarie e la funzione del compositore dovesse ridursi esclusivamente a evocare uno stato d'animo. Rota avrebbe fatto bene a studiare i deliziosi bozzetti «gastronomici» di Rossini, rafano, burro e simili, che sono in primo luogo musica e soltanto in secondo luogo cibi. Keith Botsford Organizzato dal violinista Gidon Kremer come un raduno privato dove si suona per puro piacere Niente prenotazioni e prezzi molto popolari: il pubblico può assistere alle prove, fare domande e dare consigli <SfM f*®»" M r~v 0, W rv-\ REP. CECA AUSTRIA \£L 5\_nJ 'horn ] germaniaJ<^ linz STOi*E^S, C IP » Hy. t ""ho vienna % N SALiSBURGO l& liezen <£yr~\ r^f^vradstadt • lockenhaus) 7 W kufstein • •leoben V# $L innsbruck* AUSTRIA OGRAZ ^N^U f ^\ LILNZ spittal • /^S* SVIZZERAr^ • wolfsberg^^^ ^ 1 ITALIA "^r^—,S^*-^"\> £ slovenia z^""^ Franz Schubert; e accanto il violinista 'Gidon Kremer Qui accanto, Andras Schiff, uno dei fondatori della manifestazione musicale; sotto, la cartina dell'Austria che indica il luogo dove si trova Lockenhaus, il paese sul confine ungherese che ospita il «Festival di musica da camera» tutto da scoprire Nino Rota: a! musicista è stata dedicata una piccola maratona serale