Bulimia, il dramma e la beffa; le ultime ore di Vittorio Emanuele II

Bulimia, il dramma e la beffa; le ultime ore di Vittorio Emanuele II Bulimia, il dramma e la beffa; le ultime ore di Vittorio Emanuele II 1 miei raid serali in gelateria Avevo promesso a me stessa che noti avrei inai più comprato una rivista cosiddetta femminile. E invece anche oggi ci sono ricascata. Perché non volevo più compiale quei giornali? Semplice, non ho più voglia di vedere strumentalizzato o sottovalutato un grave problema che attanaglia l.i nostra società. Un problema che si chiama cibo, che in ho. Onesto male a volte invisibile a volte visibile, ma solo e sempre da un punto di vista fisico. Ancora poco preso in considerazione e sdrammatizzato con un semplice «basta un po' di buona volontà». Chi come me ha un problema di dipendenza da cibo sia che vomiti o faccia abuso di lassativi o diuretici o si tenga tutto, poco cambia, e una dipendenza; e la dipendenza e una malattia e come tale deve essere trattata. Guardiamoci intorno, apriamo gli occhi, le città sono piene di persone con il mal di vivere, e il cibo è una dipendenza che non si «vede», nel senso che non da «fastidio» come l'alcol o la droga. Ma la persona malata di questa malattia soffro, sta male, è un dolore proprio, che chi non ha non può capire. Quando raccontavo alla mia analista come mi sentivo, come mi comportavo, dei miei raid serali in qualche gelateria o per fare incetta di ogni tipo di cibo in tutte le panetterie o forniaggerie prima di arrivare a casa, lei mi guardava impotente, e mi diceva «e quello che mi dite tutte». Che ridere, cosa vuol dire, questo male c'è, l'ho io, io mi ingozzo fino a stare male, io mi vedo sfigurare nel giro di una sera, io sto impazzendo perché non riesco a fermarmi. La chiamano malattia dell'isolamento, chiudere persiane, staccare il telefono, tapparsi in casa come un bandito, per soffocare le emozioni, la scarsa autostima e scomparire... E poi apro un giornale e c'è la pubblicità di un gelato famoso pubblicizzato da una modella taglia 38/40, accendo la tv e ci sono due amiche che si intrattengono in un salotto a decidere quale torta mangiare per prima e loro peseranno si e no 55 kg per m 1,75/1,80 di altezza. No basta chiedo pietà, per chi non riesce a recuperarsi, per chi ha perso la propria identità, e non parlatemi più di diete, o di come perder 2 kg in una settimana, ma parlatemi di questa malattia e di quanto può essere deleteria, non solo fisicamente ma in tutti i campi della vita. Gabriella, Torino Sì alla Costituente ma col proporzionale Un concetto fondamentale e caratterizzante per la democrazia ò la possibilità, estesa a tutti, di esprimere la propria volontà attraverso il voto in modo paritario, ossia in modo tale che a ogni elettore spetti un ugual potere decisionale attraverso i suoi delegati (gli eletti). Applicando nel modo più rigido questo concetto si è obbligati a concludere, in linea puramente di principio, che qualunque rappresentanza parlamentare eletta attraverso meccanismi che non garantiscano la assoluta proporzionalità tra numero di consensi a ciascuna formazione politica e corrispondente numero di eletti tradisca un principio fondamentale della democrazia. Ci è tuttavia apparso sempre più evidente che vi sono buoni motivi per accettare una deviazione da tali meccanismi, deviazione quale è l'attuale sistema di rappresentanza parlamentare in Italia, cosiddetto di tipo «maggioritario», che si configura come un «prò bono malum», ossia come un male minore (la rinuncia a una rappresentanza proporzionale, in astratto la sola veramente democratica) che consente di evi- tare un male maggiore (l'ingovernabilità). Quando però l'obiettivo non sia l'ottenimento di un esecutivo efficiente, ma la riscrittura delle regole di convivenza civile e democratica, nella fattispecie la riscrittura della Costituzione, per meglio adeguarla a una realtà mutata nel tempo, ritengo che il «malum» del maggioritario non trovi alcun «bonum» che lo giustifichi. Le regole fondamentali debbono essere discusse da una assemblea che sia lo specchio fedele dell'intero elettorato. L'attuale assemblea parlamentare, costituitasi con il meccanismo del maggioritario, non può essere deputata a tale compito, poiché avrebbe l'effetto di uno specchio deformante. La soluzione dovrebbe essere in teoria quella di una specifica assemblea costituente, eletta direttamente dai cittadini su base rigidamente proporzionale. Qualora questa via si dimostrasse impraticabile, ritengo che sarebbe una stortura minore la formazione immediata dell'assemblea per nomina diretta da parte delle formazioni politiche di persone reputate competenti per tale compito, in numero per ciascuna formazione direttamente proporzionale ai voti conseguiti nelle elezioni politiche nazionali, piuttosto che qualsiasi altra procedura che portasse all'elaborazione di una nuova Carta Costituzionale da parte di un'assemblea in cui una minoranza dell'elettorato abbia la maggioranza dei voti. Omar Valentini, Salò (Bs) America, la virgola diventa punto Recentemente, in una lettera su questa rubrica, chi scriveva affermava di avere udito in televisione dire da una annunciatrice: zero punto cinque; secondo lo scrivente la cosa dimostrava ignoranza in quanto il punto è un punto informatico, che non va letto. In realtà si tratta di una italianizzazione di zero point five che corrisponde al nostro zero virgola cinque; gli inglesi e gli americani usano il punto, non la virgola, per separare le cifre decimali; chi possiede una parabolica può avere la conferma di quanto detto, seguendo le quotazioni di Borsa su Cnn, dove l'annunciatore pronuncia sempre il punto. dott. Gherardo Poletti, Torino Estremo saluto ai padre comune Ho letto - La Stampa del 4 giugno - i retroscena della morte di Vittorio Emanuele II. Rendo noti alcuni episodi, magari di scarso rilievo, ma storicamente interessanti. Monsignor Anzino, preside delle reali cappelle, pose un mazzo di fiori nelle mani della salma. Quando avvenne il trapasso, in una stanza accanto vi si trovava pure il conte di Mirafiori. Da una biografia avevo appreso che l'allora principe ereditario Umberto - futuro Umberto I - pressoché mai aveva voluto riconoscerlo. In quell'occasione desolata lo abbracciò, lo fece entrare nella camera del morente affinché potesse dare l'estremo saluto al padre comune. In quanto a quella che sem bra una tendenza secessionisti ca, mi permetto di ricordare un breve pezzo di Giovanni Guareschi, edito molti anni fa: «... Perché d'Italia l'Unità non muoia leghiamola col nodo di Savoia». dott. Teresio Raineri, Pinerolo Pubblicità progresso con qualche insidia Per il secondo anno consecuti vo, all'inizio dell'estate viene trasmesso alle tv e pubblicato sui giornali uno spot contro l'abbandono degli animali. L' niziativa fa parto della pubblicità progresso e riporta Tinse gna di una associazione anima lista nazionale. Visto che il tut to è finan dato dallo Stato e dal le agenzie pubblicitarie, non sarebbe stato più corretto riportare anche i simboli delle altre due o tre associazioni animaliste italiane che si battono con non minore impegno, in di fesa dei cani randagi? E non c'era altro messaggio da dare che quello negativo, an che se purtroppo vero, che un cane randagio può causare inci denti stradali gravi? Gli ideatori dello spot credo no proprio che ciò possa far cambiare idea ai mascalzoni che stanno per abbandonare il proprio animale? E infine, non pensano che qualche volenteroso cittadino proprio per evitare che causi un incidente, non decida di elimi nare con mezzi rapidi e non in dolori, il cane randagio che incontra per strada? Mario Rosso, Savona

Luoghi citati: America, Italia, Savona, Torino