La satira (non) ha fatto centro di Maurizio Assalto

La satira (non) ha fatto centro Da oggi la rassegna di Forte dei Marmi: così i vignettisti vedono le novità della politica La satira (non) ha fatto centro Dubbi esistenziali, noia. E il cittadino è spaesato V FORTE DEI MARMI OMINO è di profilo, leggermente piegato in avanti, abbigliamento mediamente dimesso, l'aria più terrorizzata che preoccupata; alle sue spalle un altro omino, lobbia in testa, ghette, sguardo torvo, ha già preso la rincorsa, brandendo un ombrello, e punta giusto lì, dove l'altro se lo aspetta: «Calmo, che devo far rinascere il centro». Altan lo vede così. Appena un po' più brutale Max Greggio: «Temo che il centro a cui tutti mirano sia sempre lo stesso» dice il suo operaio, che per fare prima ha già calato le brache esibendo un bel tirassegno. In un Paese che dopo qualche sbandata pare avere capito qual è la sua consustanziale vocazione (rassegnazione? rinsavimento?), il tema centrale del 24° Premio Satira politica, che si apre oggi nel padiglione della Phieta, non poteva non essere «Tutti al centro!». E il risultato non poteva non essere quello che abbiamo sotto gli occhi. Sempre che ci si riesca a raccapezzare. Non è facile, nel groviglio di facce ringhiose braccia gambe gomiti incorniciato da Contemori sopra la dicitura «Capolavori dell'arte politica italiana». Nel garrulo Prodi in bicicletta disegnato da Giannelli, che leva le mani dal manubrio per tenere insieme Dini e Amato, che a loro volta aiutano a tenere su Di Pietro e Rosy Bindi e Veltroni e D'Alema, già ci si capisce qualche cosa di più - ma non si capisce per quanto tempo il ciclista riuscirà a mantenersi in equilibrio, dove finirà la pedalata... Né ci si può affidare alla segnaletica: in una vignetta di Origone c'è un cartello con quattro frecce: su tutte e quattro c'è scritto «Centro» (e il commento: «Va dove ti porta il quorum»). L'effetto può risultare deleterio: un senso di stordimento, La vignetta di Al di spaesamento, di estraneità, come per il povero cittadino-passante di Gef Sanna che contempla una specie di cartellone turistico con i faccioni ghignanti di D'Alema-ProdiBerlusconi-Bossi e, ben distanziata, l'indicazione «Voi siete qui». Ma perfino quelli del Palazzo possono JTRO. essere colti da dubbi esistenziali: «Questa volta ho fatto centro!» esulta il solito D'Alema in una tavola di Ro Marcenaro; salvo allontanarsi ciondolando, nella tavola successiva: «Sì vabbé, ma io che c'entro?». E poi c'è tutto un inquietante paesaggio di bare scoperchiate e De Mita risvegliati (Maramotti), di Poli che si sciolgono e pinguini che inevitabilmente confluiscono al centro (Bucchi). Perplessità. Disincanto. Un po' di noia. Insomma. La vittoria della sinistra moderata-buonista fa male alle matite satiriche come agli slanci più irrealisticamente e velleitaria- [ AGENZIA QUIPOS] niente generosi dell'immaginazione progressista. Perché sarà pur vero che una moderna democrazia si governa dal centro, conio teorizzano i filosofi della politica, ma dal centro non si satireggia (se non con grande pena). Tanto più in un Paese in cui l'opposizione è virtualmente inesistente, e quella più efficace alligna all'interno della stessa maggioranza. Vincino ci ha provato, su Cuore, con il suo Pifferoni-Veltroni. Vauro non si illude: «Scalfaro presidente della Repubblica, Prodi presidente del Consiglio, Mancino presidente del Senato». «Alla presidenza della Camera hanno messo Violante!». «Si vede che avevano finito i democristiani». Bei tempi quelli dell'odiata Emittenza e del suo lussureggiante bestiario. Per non parlare di Tangentopoli, e prima ancora. Lo sanno bene quelli di Diavolo!, la rivista satirica ticinese protagonista di una delle mostre collaterali: «Pietro Longo? L'hanno dato a voi. Previti, Berlusconi, Zeffirelli? A voi» ci rinfacciano. E il cahier des doléances continua: «Noi non abbiamo avuto l'inciucio, la par condicio, il tax day, le convergenze parallele...». Maurizio Assalto calmo cne. oevo RlWAS.CeftE il c EfJTRO. La vignetta di Altan per Forte dei Marmi

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