L'Europa sfida Clinton Nel mirino anche l'Eni?
Più aspro lo scontro sulle sanzioni per Cuba Più aspro lo scontro sulle sanzioni per Cuba L'Europa sfida Clinton Nel mirino anche l'Eni? BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il presidente americano Bill Clinton si sente probabilmente come quegli ufficiali italiani che, mandati a combattere in Russia, capivano che la guerra mussoliniana era una sciocchezza, e tuttavia la facevano, un po' per senso del dovere, un po' perché non avevano scelta. Così un Clinton riluttante va alla guerra commerciale contro il mondo intero, nel nome degli interessi della influente comunità cubana in Florida, colpendo nel vivo le imprese canadesi, messicane ed europee colpevoli di fare affari con Fidel Castro. Il dipartimento di Stato ha lanciato giovedì, contro la canadese Sherrit Corporation, il primo provvedimento in linea con la legge Helms-Burton, meglio nota come Libertad (Atto di solidarietà democratica e libertà per Cuba). A nove azionisti e dirigenti della compagnia è stato vietato l'ingresso negli Usa, e come afferma una nota della rappresentanza italiana all'Unione europea, «il provvedimento appare ancora più grave e ingiustificato in quanto viene esteso ai loro coniugi e ai figli minori». La reazione di canadesi e messicani, soci degli Usa nell'accordo di libero scambio Nafta, è stata durissima, ed anche quella degli europei non si è fatta attendere. Il presidente della Commissione Ue, Jacques Santer, ha inviato ieri a Clinton una lettera che esprime la «profonda e diffusa preoccupazione in Europa per la possibile applicazione della legge contro compagnie europee». In testa alla «lista nera» del Dipartimento di Stato americano c'è l'italiana Stet che, in affari con la compagnia telefonica di Stato cubana, è accusata da Washington di utilizzare le strutture della Itt, cacciata dall'isola caraibica nel 1960, dopo la revolution. Santer si è per ora limitato a chiedere a Clinton di utilizzare il suo potere di «congelare» per sei mesi gli effetti della legge, ricordando che, comunque, le «azioni intraprese contro partner ed alleati non fanno nulla per avvicinare gli obiettivi comuni», e cioè «promuovere la democrazia, il rispetto per i diritti umani e l'economia di mercato a Cuba». Clinton deve decidere entro lunedì, e lo stesso giorno i ministri degli Esteri dell'Unione europea saranno riuniti a Bruxelles per esaminare, tra l'altro, le possibili reazioni alle sanzioni commerciali americane. In queste ore, dunque, la diplomazia commerciale europea è al lavoro per blandire gli Stati Uniti, ricordando loro gli impegni presi in sede di Organizzazione mondiale del commercio, e minacciarli di rappresaglia in caso di un irrigi- dimento dell'amministrazione di Washington. Già durante il vertice di Firenze (21-22 giugno), i leader dei Quindici avevano utilizzato la stessa tattica ambivalente, bloccando un accordo di cooperazione con Cuba, per via degli scarsi progressi sulla via della democrazia, ed agitando ad un tempo la minaccia di rappresaglie commerciali contro le ditte statunitensi. Ieri la minaccia è stata brandita con molta più determinazione, anche perché il timore è che l'a¬ zione americana preluda ad analoga offensiva contro le imprese europee che commerciano con altri due Stati giudicati «fuorilegge» dalla Casa Bianca: Iran e Libia (e in tal caso potrebbe entrare nel mirino anche l'Eni, che da anni compra greggio dai libici). In una nota interna la Commissione fa sapere che l'Unione europea «non può accettare l'impatto extra-territoriale della legge Libertad, che l'Unione ritiene non solo incompatibile con i principi fondamentali del diritto internazionale, ma anche dannosa per i legittimi interessi commerciali dei terzi». Lo scontro è forte. La Commissione ricorda che il Consiglio europeo di Firenze «ha affermato il suo diritto e la sua intenzione di reagire in difesa degli interessi europei rispetto a questa, e ad altre leggi di boicottaggio laterale». Ed è qui che arriva la minaccia più circostanziata finora mai brandita: i timori europei «hanno già portato a considerare attivamente misure di rappresaglia come la restrizione dei visti di ingresso, il congelamento dei beni, ricorsi claw back presso corti straniere per reclamare le somme assegnate agli Stati Uniti, e l'applicazione di blocking statutes per prevenire l'applicazione della legge statunitense». Al pur riluttante Clinton, l'Europa risponde cioè col vecchio adagio à la guerre comme à la gueire. Fabio Squillante ba ? Jacques Santer ha scritto al presidente Usa «Sospendete le decisioni per almeno sei mesi» Jacques Santer ha scritto al presidente Usa «Sospendete le decisioni per almeno sei mesi»
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