Orwell spia anti-rossi di Fabio Galvano
Dopo 50 anni scoperta Dopo 50 anni scoperta una lettera di proscrizione contro i «criptocomunisti» rwell spia anti-rossi «Di quelli non ci si può fidare» LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Un improvviso voltafaccia politico, a pochi mesi dalla morte? Oppure, semplicemente, la convinzione gradualmente maturata di un «tradimento» comunista e sovietico degli ideali socialisti? La verità forse non verrà mai alla luce; ma quello che si può accertare è non meno clamoroso. Nel 1949 George Orwell, che durante la guerra civile in Spagna aveva maturato le sue convinzioni di sinistra, ma che nel 1945 aveva pubblicato quella pungente allegoria dell'Urss che è La fattoria degli animali, collaborò con i servizi segreti britannici per fronteggiare la propaganda sovietica. Peggio, offrì di fornire un elenco di nomi, una specie di lista di proscrizione: «Giornalisti e scrittori precisò in una lettera che ricompare dopo quasi cinquantanni che a mio avviso sono cripto-comunisti, simpatizzanti o che pendono da quella parte, e dei quali perciò non ci si può fidare»; La lettera fa parte di un malloppo di 211 documenti - tutti del 1949 - relativi alle attività del segretissimo Information Research Department, l'Ird, un'unità propagandistica del Foreign Office istituita in collaborazione con i servizi di sicurezza: tutti documenti resi ora di pubblico dominio, con leggero anticipo sulla scadenza di legge dei 50 anni. Il carteggio permette di ricostruire nei particolari il rapporto di Orwell con l'Ird: incontri, corrispondenza, retroscena. Manca una sola cosa: la lista dei nomi, che il Foreign Office non ha forse ritenuto di poter pubblicare. Ormai stremato dalla tisi, Orwell non fu mai in grado di scrivere per i propagandisti di Whitehall, come fecero invece personaggi come Bertrand Russell, Stephen Spender e Arthur Koestler; e se ne scusava («Non ho neppure la forza di scrivere a macchina»). Nel marzo'1949 Celia Kirwan, una funzionaria deH'Ird, visitò Orwell al sanatorio di Cranham, nel Gloucestershire. «Con lui disse ai colleghi - ho discusso in grande confidenza alcuni aspetti del nostro lavoro. Li ha appresi con piacere e ha espresso con sincero entusiasmo la sua approvazione dei nostri obiettivi». L'Ird distribuiva articoli di propaganda antisovietica estraendoli talora da Tribune, la rivista del socialismo britannico di cui Orwell era assiduo collaboratore, nella convinzione che quel tipo d'intervento «affiancasse una netta censura del comunismo e dei suoi metodi al sostegno degli obiettivi che i simpatizzanti di sinistra normalmente sostengono». Si trattava, insomma, di sottolineare la tragedia sovietica senza irritare i socialisti moderati. E a questo fine Orwell suggerì i nomi di alcuni possibili collaboratori, fra i quali Darcy Gilly (corrispondente da Parigi del Manchester Guardian) e Franz Borkenau, che scriveva per ì'Observer. Ma un mese dopo, in una lettera scritta a mano, ecco l'idea della Usta di proscrizione, a cui l'Ird rispose due giorni dopo con entusiasmo. «Dovrò far cercare un taccuino che ho a casa, se vi dò quella lista dev'essere strettamente confidenziale». Bernard Crick, il noto biografo di Orwell, confenna: lo scrittore aveva un «quaderno di sospetti», con 86 nomi. «Molti - dice - erano plausibili, alcuni inverosimili e improbabili». L'ex leader laburista Michael Foot, che fu amico di Orwell negli anni Trenta e Quaranta, definisce «incredibile» la lettera e stenta ad arrendersi all'evidenza: «Si è discusso molto - ha commentato - a proposito del suo abbandono del socialismo vicino alla morte. Non credo che fosse vero e sono quindi molto sorpreso che trattasse in qualsiasi modo con i servizi segreti». Con le poche forze che gli restavano, George Orwell spiegava a Celia Kirwan l'opportunità di usare in Inghilterra come propaganda antisovietica i film russi grossolanamente antibritannici che approdavano allora sul mercato svedese. O il suo dissenso sull'uso, in funzione antisovietica, di una critica all'antisemitismo di Mosca: «I sionisti ci odia¬ no e considerano la Gran Bretagna come il vero nemico, più della Germania. Naturalmente questo è un malinteso. Ma finché resta non credo che ci convenga denunciare l'antisemitismo in altri Paesi». Il nome di Orwell si rincorre anche altrove, nei documenti di quell'ufficio propagandistico. Con la richiesta, per esempio, di un'edizione araba della Fattoria degli animali, inviata dall'ambasciatore britannico al Cairo, Ernest Mair, entusiasta per il fatto che «maiali e cani sono entrambi animali impuri per i musumani». Non se ne fece nulla, come non si fece nulla della lista di autori ricevuta dall'ambasciata di Parigi, che suggeriva per esempio l'uso di Frangois Mauriac. «Pesi morti di destra, cattolici, gollisti e nullità il cui uso vanificherebbe il nostro piano», sentenziò Ralph Murray, direttore dell'Ird. Chissà, forse anche la lista di Orwell fece la stessa fine. Fabio Galvano Prima di morire denunciò 86 colleghi ai servizi di sicurezza là*.,-» • > i x ti »>•• « ti, uri- Jh»v-»«mS : perta So«DOrwell vigiornalistaPrimacollegh Orwell visto da Levine; qui sopra la tessera da giornalista dello scrittore [foto dai .Gordiani
Luoghi citati: Cairo, Germania, Gran Bretagna, Inghilterra, Londra, Mosca, Parigi, Spagna, Urss
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