Burns il poeta-contadino «figlio» di Braveheart di Masolino D'amico

Anticonformista e fornicatore fra streghe e ubriaconi Una settimana di festeggiamenti in Scozia per i 200 anni dalla morte del cantore nazionale Burns, il poeta-contadino «figlio» di Braveheart « | ON una settimana di feI ' steggiamenti culminante il I 21 luglio, Edimburgo coni1 i memorerà il 200" anniverSA\ sario della morte di Robert Burns, poeta nazionale adorato in patria quanto forse considerato fuori moda, sia pure con rispetto, all'estero. Eppure questo è stato anche l'anno di Braveheart, il film premio Oscar tratto dall'epopea di William Wallace, eroe dell'indipendenza scozzese e non a caso nume tutelare anche di Burns, il quale ricordò che i primi due libri letti indipendentemente da bambino erano stati una vita di Annibale e appunto la storia in versi di Sir Wallace, che «riversò nelle mie vene una marea di pregiudizio scozzese, che vi continuerà a ribollire fino a quando le chiuse della vita si rinserreranno nel riposo eterno». Ai contemporanei Burns sembrò l'incarnazione vivente di quella meraviglia teorizzata da Rousseau, l'uomo naturale, non guastato dall'istruzione. Nato in una casupola di fittavoli il cui tetto si sfondò quando il bambino aveva due settimane costringendo gli occupanti a cercare riparu altrove, passò la giovinezza impegnato nel duro lavoro dei campi, e rimasto orfano di padre e non riuscendo a far quadrare il bilancio aveva già acquistato un biglietto per il Nuovo Mondo, quando il volumetto dei versi e delle canzoni in dialetto che aveva composto per svago, e che era riuscito a pubblicare semiprivataniente per lasciare un ricordo di sé, lo rese prima noto e poi famoso, quasi da un giorno all'altro Erano gli albori del romantici sino, e la buona società di Edi in burgo si deliziò di invitare e di ammirare il poeta-contadino, «notevole esempio di genio innato che esplode attraverso l'oscurità dell'indigenza e gli impedimenti della vita operosa», come scrisse una rivista dell'epoca; e non senza astuzia Burns recitò a dovere la sua parte, esibendosi nei salotti come da lui ci si attendeva. «Il Genio Poetico del mio Paese mi trovo come il profetico bardo Elia trovò Eliseo: all'aratro», scrisse nella prefazione a una tempestiva nuova edizione accresciuta dei Poents: «e mi gettò addosso il suo mantello ispiratore. Mi comandò di cantare gli amori, le gioie, le scene e i piaceri rurali della mia Terra natale, nella mia lingua natia; io intonai le mie note selvagge, ingenue, com'egli ispirava...». In realtà il giovane bracciante era tutt'altro che uno sprovveduto. D'altro canto è innegabile che il suo genio rifulse esclusivamente quando si esibì nell'idioma del popolino di Scozia: non diversamente da altri grandi artisti in vernacolo, come Giuseppe Gioacchino Belli. Lo scozzese che egli adoperò aveva un passato remoto di grande prestigio; nel '400 e nella prima parte del '500 in particolare, quando il regno di Scozia conobbe il massimo fulgore, questa variante dell'inglese comune (chiamiamola sbrigativamente cosi sperando che nessuno si offenda) era stata lo strumento di grandi autori come Dunbar, Henryson, Gavin Douglas; poi però il baricentro dell'eccellenza letteraria si era spostato a Sud, e i rari talenti nati a Nord del vallo di Adriano erano scesi a Londra in cerca di fortuna. Quando uscì il volumetto di Burns però si assisteva a mia ripresa di interesse per le tradizioni locali. Macpherson con le sue contraffazioni di Ossian aveva infiammato le fantasie alla ricerca di miti celtici; e il poeta settecentesco Aliai! Ramsay aveva recuperato com- poninienti antichi, mescolando testi autentici alle sue pastorellerie, trovando un continuatore in Robert Fergusson, ispirato adolescente (morì a 24 anni, pazzo, nel 1774) che per primo si mise a descrivere in vernacolo fatti e personaggi della vita quotidiana di Edimburgo. Fergusson fu l'antecedente poetico immediato di Burns, il quale gli rese sempre omaggio; e Ramsay, l'ispiratore della sua nutrita attività di raccoglitore e spesso di manipolatore di testi soprattutto per musica, tramandati da generazioni. Questa attività appartiene al¬ l'ultima fase della non lunga carriera di Burns, e si può addirittura dire che contenga i risultati più notevoli - almeno alcune canzoni non hanno mai smesso di parlare al cuore di chiunque abbia sangue anglosassone, non solo scozzese, a partire dalla fatidica Auld Lang Syne (in Italia per via di un film più nota come II valzer delle candele). Ma naturalmente la fama di Burns come artista in proprio è affidata soprattutto alle composizioni originali, Ira cui le più corpose sono i poemetti Tarn O'Shanter con una buffa avventura fra le streghe, e The Jolly Beggars, serie di ritratti di mendicanti e ubriaconi; e quelle brevi, di solito affidate alla caratteristica stanza di sei versi detta «Standard Habbie», parlano d'amore o fissano con contagiosa vivacità momenti di vita dei campi, come nei versi ironicamente filosofici indirizzati a un povero topo cui il vomere manovrato dall'aratore ha inopinatamente sconvolto la faticosamente costruita dimora: «l progetti meglio studiali di uomini e topi vanno spesso per aria...». Ho lasciato per ultimo quello che è forse l'aspetto più accattivante di Burns, perlomeno per noi moderni, vale a dire quello ostentatamente, gaiamente anticonformista: e anzi, può meravigliare come questo libo ro pensatore nonché disinibito fornicatore e bevitore sin diventato il portavoce di una terra calvinista e puritana come la Scozia. Burns, che si entusiasmò per la Rivoluzione Francese al pimto di inviare all'Assemblea Legislativa di Parigi quattro colubrine di una nave contrabbandiera naufragata nelle acque di Dumfries (all'epoca aveva ottenuto un posto di ispettore da ziario responsabile della zona), cantò a gola spiegata il whisky - «il succo elle l'orzo scozzese sa donarci» - e soprattutto le ragazze (veramente non si limitò a cantarle, coi suoi almeno sei figli illegittimi da più madri). Valga come esempio una sua canzone intitolata // fornicatore, che rievoca una delle numerose occasioni in cui colto in flagrante peccato carnale il non ancora poeta riconosciuto dovette ascoltare per tre domeniche successive il sermone in chiesa, ritto davanti allo «sgabello del pentimento», e a fianco della sua complice, vestita di tela nera come lui. «Davanti a tutta la congregazione / Sono sfilato come alla rivista / Con la mia Betty a fianco, / E ci siamo sorbiti il nostro rabbuilo; / Ma il mio occhio per caso è caduto, / Facendomi venire l'acquolina in bocca, / Su quelle gambe così ben fatte, fra le quali / Avevo intrapreso la carriera del fornicatore. / Con viso compunto e segnato dalla grazia / Ho pagato la multa di lesa chiappa; / La notte era buia, e attraverso il parco / Non ho potuto fare a meno di condurla. / Un bacio di addio, il minimo che potessi fare / Ha cominciato a disperdere i miei giuramenti; / La mia Betty ò cascata giù... e trallarallà, / Tanto sono un fornicatore». Masolino d'Amico Anticonformista e fornicatore fra streghe e ubriaconi Sopra, Robert Burns. In alto, una scena di «Braveheart», con Mei Gibson

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