Non si ride sugli alunni ignoranti riaprire le case chiuse non serve

Buone notizie disintossicano dai pregiudizi LETTERE AL GIORNALE Non si ride sugli alunni ignoranti; riaprire le case chiuse non serve Gli insegnanti continuano a lavorare Siamo un gruppo di insognanti e, avendo assistito a un servizio trasmesso durante il Tg2 del primo luglio sugli esami di licenza media, siamo esterrefatti per le notizie riportate sulle clamorose carenze nella preparazione degli alunni e indignati per il modo di porgerle. Abbiamo appena terminatogli esarai di terza media e nessuno dei nostri alunni si è rivelato cosi ignorante come i dati riportati farebbero supporre sia la maggior parti; degli alunni italiani. Il servizio aveva un tono fortemente ironico e gli spettatori si saranno certamente diveltiti. Se lo scopo del redattore era questo, complimenti! Noi non ci siamo divertiti perché, se nella scuola, come in tutte le istituzioni italiane, ci sono dei problemi, non ci troviamo niente da ridere e non ci sembra questo il modo più intelligente per affrontarli Dal momento che il servizio si concludeva con la domanda «E gli insegnanti?», noi rispondiamo che gli insegnanti lavorano, fanno il loro dovere e lo fanno correttamente e auspicano che anche le altre categorie lo facciano, senza gettare fango sugli altri. Noi continuiamo a lavorare. Buon lavoro anche a voi. Niccolò Bolla, Eliana Novaxo Isabella Perri Scuola media Vado Ligure Gabriella Porasso Scuola media di Quiliano (Sv) Presto avremo bisogno dell'Africa Ha ragione il governatore della Kanca d'Italia Fazio quando afferma che il Nord ha bisogno del Sud! Infatti senza il Sud non ci sarebbero impiegati statali e parastatali, manchererbbero forze di polizia e addetti alle poste; non esisterebbe un servizio di televisione pubblica, i treni si fermerebbero. Considerando inoltre gli imponenti travasi Sud-Nord di questo dopoguerra e pronosticando che in capo a qualche decennio il Setten- trione come entità umana ò destinato a scomparire, è più corretto e realistico affermare che l'Italia ha bisogno del Sud o meglio ancora che l'Italia è il Sud. Una certezza, comunque: alla luce delle recenti e future immigrazioni dal Terzo Mondo, un giorno non lontano o remoto che sia si dirà: l'Italia ha bisogno dell'Africa. Piero Leone, San Maurizio Aria fritta sul terrorismo La pacificazione dello Stato con i terroristi a circa venti anni o meno da quei fatti mi sembra preoccupante non solo per il rispetto che tutti, ma soprattutto lo Stato, devono avere per le vittime, ma anche perché in tutti questi anni si è saputo poco o nulla della vera storia del nostro Paese in merito alle commistioni tra delinquenza, mafia, terrorismo, Stato (servizi più o meno deviati) e politica. Questi ultimi 15 anni mi appaiono costellati da episodi nei quali più o meno strumentalmente vengono tirati in ballo i rapporti reciproci tra questi elementi della nostra vita nazionale: sparizione vera o presunta dei documenti di Moro e vicenda Dalla Chiesa, caso Cirillo, ecc. Nulla si sa di certo di tutto questo; e i terroristi anche se pentiti nulla dicono. Libri e interviste ai terroristi e sul terrorismo sembrano aria fritta. La pacificazione in queste condizioni di oscurità, non solo per quanto attiene al terrorismo vero e proprio, ma anche allo stragismo in genere, mi fa ritenere che le istituzioni non siano in quelle condizioni di forza e di limpidezza sufficienti per assumersi, senza conseguenze, una simile responsabilità. Ma poi, la pacificazione tra chi? Veramente crediamo che lo Stato debba sentire questa necessità, e che ora sia così forte e pacificato al suo interno, sia strutturalmente, che politicamente, da permettersi di liberare i suoi nemici prima di aver fatto completa chiarezza nel torbido del suo passato? Forse lo Stato di allora non c'è più e ce n'è già uno in grado di non avere nemici? O comunque nemici del tipo non ben identificato? Ai miei occhi tutto ciò rischia di aver l'aria di un'operazione non chiara che passa attraverso all'ex terrorismo a sfondo politico e in particolare attraverso le Brigate rosse. ing. Massimo Trabucchi, Treviso L'«accademia padrona» dell'università italiana Il sottosegretario Guerzoni, subito dopo l'approvazione del disegno di legge sui concorsi universitari, ha dichiarato: «Ho incontrato tutte, e sottolineo tutte, le organizzazioni sindacali e le associazioni professionali universitarie. E' arrivato un solo "no". Uno solo». Abbiamo detto «no» perché se il disegno di legge dovesse diventare legge si completerebbe il processo cU privatizzazione all'italiana (gestione privatistica della cosa pubblica) dell'università portato avanti con ogni mezzo dalla parte potente dell'accademia che ha sempre controllato il ministero, il PaHnmento, e le or¬ ganizzazioni universitarie. Si vuole mtrodurre il reclutamento precario e le carriere precarie. E a scegliere chi, se, come e quando reclutare e far progredire nella carriera accademica saranno potenti baroni, che dopo «concorsopoli» contano di convertirsi ai concorsi locali, nella convinzione che gli arbitrii locali siano meno «esposti» alfa magistratura. Con l'autonomia delle procedure concorsuali, con la conseguente abolizione dei trasferimenti e con la mobilità obbligatoria, si arriverà rapidamente alla scomparsa dei ruoli nazionali, lasciando a ogni ateneo (o meglio a chi gli atenei controlla) la definizione dell'organizzazione della docenza con mansioni, poteri e trattamento economico differenziati nei vari atenei. Il progetto ministeriale contiene di fatto la messa a esaurimento del ruolo di ricercatori e associati. Infatti il lungo percorso precario di formazione alla docenza, la possibilità di ricorrere all'insegnamento precario e !a mobilità obbligatoria porteranno il potere accademico a ruolizzare nelle fasce di ricercatore e di associato poche persone, prevedibilmente scelte tra coloro che si saranno guadagnati il posto con comportamenti «adeguati». Un altro passo «obbligato», successivo all'approvazione del dell, sarà l'abolizione del valore legale dei titoli di studio. Se sarà approvato il progetto governativo le università italiane cadranno totalmente in mano a una sorta di accademia padrona, pagata e garantita dallo Stato, che si fa gli affari propri senza però rischiare nulla di proprio. Nunzio Miraglia coordinatore dell'Assemblea nazionale docenti universitari L'ultimo medico visitatore Ho letto con interesse gli articoli sul problema della riapertura delle case di tolleranza. Vuole il caso che io sia l'ultimo sopravvissuto dei medici visitatori in attività dal '46 al '58 (anno della chiusura), inoltre in quel periodo fui medico della squadra Buoncostume. In dodici anni ho quindi conosciuto e visitato centinaia di prostitute e posso dire di conoscere bene quelle povere donne e l'ambiente in cui vivevano. E' sbagliato asserire che nelle case le ragazze erano sfruttate: prima di tutto venivano tolte dalla strada e dalla rapacità e violenza dei protettori e poi nessuno le obbligava a entrarci né a rimanerci. Quanto al problema sanitario il discorso è del tutto diverso. In quei lontani anni le malattie veneree erano praticamente due: la blenorragia e la sifilide ed entrambe, con le visite trisettimanali, erano diagnosticabili quasi sempre dall'inizio, dopo di che la ragazza veniva ricoverata in ospedale e trattenuta il tempo strettamente necessario perché non fosse contagiosa. Tutt'altra la situazione di oggi: la blenorragia guarisce in due ore ed ò curata anche dai farmacisti con due fiale di antibiotici e la sifilide guarisce in quindici giorni (se presa in tempo) e comunque, qui da noi, è una evenienza non molto frequente. Resta l'Aids, la nuova peste del secolo, per la quale le visite mediche servono poco all'inizio; bisogna attendere la positivizzazione sierologica che a volte si manifesta solo dopo due o più mesi. E intanto l'ammalata continua a infettare i suoi clienti e la negatività sierologica può persistere a lungo prima che compaiano i chiari segni dell'Aids conclamato. Dunque la riapertura delle case non serve a molto, visto che la prostituzione si è estesa a macchia d'olio con le nigeriane, le slave e le albanesi che poi oggi, a differenza di allora, non sono più controllabili perché la legge non consente più il fermo preventivo delle prostitute la cui attività non costituisce di per sé reato. E vorrei vedere chi e come convincerà queste disgraziate a farsi controllare, visitare e curare. prof. Alberto Apra Università di Torino

Luoghi citati: Africa, Italia, Quiliano, Torino, Treviso, Vado Ligure