Raggazzo suicida, processo ai genitori
Raggiro suicida, processo ai genitori Bari. Angelo, 20 anni, si tolse la vita coi gas di scarico dell'auto davanti alla casa della fidanzata Raggiro suicida, processo ai genitori «Impedirono al figlio di frequentare la ragazza che amava» BARI. Prigioniero in casa, maltrattato dai genitori affinché smettesse di vedere quella ragazza che abitava al San Paolo, il quartiere-Bronx, Angelo fuggì. Comprò un'auto usata. Da allora fu la sua casa e la trasferì vicino a quella della sua innamorata. Poteva così guardarla quando voleva. Fu lì, nell'auto, il 15 aprile '95, che Angelo si uccise respirando l'ossido di carbonio del tubo di scarico. Lasciò un biglietto: «Cara Mary, ti ho fatto ancora del male stanotte, mi auguro che il figlio che nascerà avrà più fortuna di suo padre». Non sapeva che quel bambino non sarebbe mai nato, che Mary non l'aspettava. E non sapeva neppure che papà e mamma sarebbero un giorno finiti sotto processo perché un giudice li avrebbe ritenuti responsabili di averlo costretto al suicidio. Se voghamo considerarla solo cronaca giudiziaria, il caso si liquida in tre righe: «Maltrattamenti in famiglia seguiti da morte, sequestro di persona e minacce», cioè i capi di imputazione. Aggiungiamo che il processo, chiesto dal pubblico ministero Pietro Curzio e fissato dal giudice per l'udienza preliminare Clelia Galantine, comincerà l'il novembre. Ma può essere tutto qui? Come una matrioska, questa storia ne contiene altre, e tutte unite m un filo solo possono, se non spiegare, tracciare il dramma di un ragazzo di 21 anni che ama una coetanea e non può sposarla. La mamma di Angelo è una casalinga, il papà un agente della polizia penitenziaria incappato in un'inchiesta giudiziaria su presunte irregolarità nel carcere di Bari. Non andava giù, a loro, col dramma di un'inchiesta sulla testa, che il figlio vedesse e volesse sposare una ragazza del San Paolo, il regno della mala. E poi Mary viveva in una famiglia modesta. Angelo venne così rinchiuso in casa, privato del telefono. Se è vero che amava Mary, allora che la dimenticasse con la forza. Collocati tra la fine del '94 e l'a¬ prile del '95, i fatti si arricchiscono anche di telefonate minacciose. A casa di Mary arrivavano ogni giorno. Erano il deterrente, un modo per dire: sparisci, non ti voghamo. E così i genitori di Mary, spaventati da quelle minacce, le consigliarono di stare alla larga. Partito per il servizio di leva, a Roma, Angelo meditò sulla possibilità di restare sotto le armi, mise da parte qualche soldo. Non voleva tornare a casa, disse alla sua ragazza che se fosse rimasto militare si sarebbero sposati. Quando il padre lo seppe, andò su tutte le furie, gli intimò di tornare. Angelo, smessa la divisa, tomo. Ripresero le liti, ricominciò la prigionia. Con i pochi soldi raggranellati, Angelo - e la sua ragazza fu d'accordo - comprò un'automobile usata. Certo non un granché, una macchina vecchia, ma era sempre meglio che vivere con papà e mamma. E lì vive, Angelo. Parcheggia sotto casa di Mary, così può guardarla mentre lei è alla finestra. Perché adesso è Mary che non può incontrarlo. E' il 15 aprile quando finisce tutto. Angelo non ce la fa più, da qualche giorno manifesta insofferenza. Ha acquistato un tubo di gomma, dice che vuole farla finita. Mary lo conforta, dice di non fare sciocchezze. Per un po', si tira avanti. Pensano addirittura di andarsene insieme, di ammazzarsi. La fine arriva il 15. Angelo collega il tubo di gomma alla marmitta dell'auto, lo infila nell'abitacolo, accende il motore e aspetta. E c'è ancora il motore acceso quando Mary, la mattina dopo, si avvicina, lo vede come addormentato, bussa ai vetri, insiste, sempre più forte, capisce che è finita davvero, rompe i cristalli a pugni. Nell'auto c'è il corpo senza vita di Angelo, e un biglietto che anche Mary, con lui, aveva scritto come ultimo messaggio. Volevano ammazzarsi insieme e fare sapere a tutti perché. Eppoi, quell'altro biglietto, scritto solo da Angelo: «Cara Mary, ti ho fatto ancora del male stanotte, mi auguro che il figlio che nascerà avrà più fortuna di suo padre». Erano riusciti a fare l'amore qualche giorno prima, e Angelo credeva che sarebbe nato subito un bambino. Tonio Aitino Agenti nel quartiere San Paolo di Bari in cui si uccise il ragazzo
Persone citate: Pietro Curzio
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