Folle oceaniche per Mata Hari; droga, certi spot sono dannosi

Folle oceaniche per Mata Rari; droga, certi spot sono dannosi LETTERE AL GIORNALE Folle oceaniche per Mata Rari; droga, certi spot sono dannosi 2017, appuntamento con la verità «Mata Hari, bolla e innocente». Questo titolo (Lu Stampa di martedì 2 luglio) mi ricorda una lite con un mio amico che per Mata Hari serbava soltanto odio. Non so chi tra me e il mio amico avesse ragione, ma una cosa è certa: la mia convinzione che Mata Hari è stata la donna più amata e applaudita da folle oceaniche. Mata Hari era diventata ballerina per morire spia. Ma è davvero stata una spia Mata ilari? Il nuovo libro dell'americano Russel ci dirà qualcosa di più di quanto noi ancora non sappiamo. Un'altra cosa e certa. Quando al procuratore generale, come scrive il biografo Enzo Catania, pubblico accusatore di Mala Hari, rispose che le sue colpe non erano più gravi di quelle di uno che ha «frustato un gatto». Era davvero innocente Mata Hari? Che io ne sia convinto non serve a nulla. E forse ha ragione Paola Decina Lombardi quando scrive che «forse non lo sapremo neanche nel 2017», l'anno in cui è stata fissata la data per il grande appuntamento della verità. Pasquale Grillo, Aosta Gli stupefacenti sono «più forti» Vorremmo segnalare l'estrema pei icolosità dell'ultima campagna pubblicitaria del dipartimento affari sociali della presidenza del Consiglio dei ministri «contro» la droga. Il messaggio trasmesso è assolutamente controproducente a meno che l'effetto desiderato non fosse quello di indurre i giovani a sperimentare qualsiasi droga, in quanto la «forza» («Tu sei più forte di qualunque droga») altro non serve al soggetto se non a calarsi nell'illusione della possibilità del controllo della sostanza. In poche parole con questa campagna si conferisce alla persona che la recepisce l'autorizzazione, la «patente», in virtù della propria «forza», alla sperimentazione a ol¬ tranza delle droghe. E su questo discorso delle «droghe» ben altre cose ci sarebbero da dire, una su tutte: quand'è che si cominceranno a chiamare le cose con il loro nome senza scadere nelle tipiche ipersemphficazioni mass-mediali che, sì, possono andar bene per vendere mortadelle e/o detersivi, ma che applicate ad altri campi rischiano di generare solo confusione. Ora il quesito è d'obbligo: ma quando il dipartimento affari sociali della presidenza del Consiglio dei ministri commissiona al pur bravo pubblicitario di turno l'elaborazione di tali campagne di (dis-) informazione, chi le approva e le supervisiona? Ecco come fare un uso aberrante del denaro pubblico. Ludovico Verde, Chiara Cicala Tommaso Pagano, Caterina Santoro, Rosario Spalice Aversa (Caserta) psicologi Sangue e morte in mostra a Roma Recatomi al Palazzo delle Esposizioni per gustarmi le ottime mostre di Ulisse e di Marlene Dietrich, mi sono imbattuto nell'esposizione di Hermann Nitsch, con decine di fotografie raffiguranti animali squartati, sgozzati, evirati, con gli organi genitali, il sangue e le interiora a fare da «arredo» agli organi sessuali umani, mutilati, tagliuzzati, evidenziati, esibiti con escrementi, letame, orina e falli a volontà. Non sono mai stato un moralista né un biogotto fondamentalista ma quando ho letto che questa iniziativa - che tutto è tranne che culturale - è stata voluta, promossa (finanziata anche?) dall'assessorato alla Cultura del Comune di Roma, mi sono sentito schifato, indignato e irritato. Io non so che cosa intenda l'assessore Gianni Borgna per cultura, ma di certo questa squallida esibizione di morte, sofferenza, dolore, tortura non è cultura, non è proposta artistica. E' soltanto l'ostentazione fine a se stessa di un individuo ossessionato dal sangue e dalla sofferenza che, incapace di diventare artista, vuole scandalizzare per essere, esistere, insomma per far arricchirsi e avere fama. L'assessore Borgna si è dunque prestato a questo gioco meschino e volgare, mi auguro in buona fede, ma chiedo ai cittadini romani se è possibile dare in mano la gestione della cultura della nostra bella città a chi non sa distinguere tra arte e violenza, gratuita. Nessun intento censorio: questo pseudo artista le sue mostre se le può fare e pagare in privato, ma non è tollerabile che il Comune promuova queste iniziative. Che vergogna! Walter Caporale, Roma direttore italiano Ifaw Così la scuola statale è davvero finita Sono un insegnante che, dopo l'umiliante esperienza degli ultimi scrutini, vorrebbe porre alcuni quesiti al ministro della Pubblica Istruzione. 1) Come fa il povero alunno che ha pienamente meritato un sei a vederlo distinto dal sei di un collega divenuto tale (da quattro o cinque che era) «ope legis» (mi riferisco alla ormai famigerata legge D'Onofrio che istituisce i ridicoli corsi «didattico educativi integrativi»)? 2) cerche un insegnante, dopo aver seguito per circa trenta ore durante l'anno scolastico in estenuanti quanto inutili corsi di recupero alunni, per lo più, sfaticati o poco capaci, deve di nuovo seguirli a settembre, non avendoli potuti, come sarebbe stato giusto, bocciare? 3) Perché il ministro non ha il sano coraggio di tornare indietro, ristabilendo una qualche forma di verifica (ma diciamo pure esame) e di cancellare le «stupidate» (l'espressione è di G. Bianco) dei suoi predecessori? Così la scuola statale è veramente finita! Ivo Quagliarini, Fabriano (An) Italiani eleganti ma senza idee Bisognerebbe girare l'Italia come un inviato speciale, osservare la gente, visitare gli uffici come se non si fosse italiani, in tal modo forse si riuscirebbe a sapere cosa pensa effettivamente di noi chi italiano non è. Oggi grazie alla tranquillità del benessere si ha la possibilità di verificare le proprie idee, analizzare la costruzione del pensiero difendendosi in tal modo dalle eventuali contraddittorie culture, confrontare in dibattiti e incontri (che si sprecano) le proprie tematiche sul futuro del Paese: con coerenza. L'italiano si presenta elegante, ben nutrito, efficiente, veloce, intelligente, a volte sofisticato, sullo stile anglosassone, ma è solo immagine esterna, fatta per vendere al meglio ciò che il titolo fa al durante. Quando il consulente rientra dalle corbeilles è come il «fuori orario» di Scorsese, non ha idee, non ha valori in cui credere, si fa assorbire dalla tv che lo distrugge definitivamente con immagini cruente, sanguigne di una violenza per ora a noi estranea e senza riflettere su ciò che ha fatto, peggio su cosa intenda fare nel domani, prosegue il suo quotidiano cammino. Pietro Crovato, Venezia Pasticcini per il concorso Alle ore 8,30 di lunedì 1° luglio mi trovo alla Fiera di Roma, per sostenere la prima prova scritta del concorso a 163 posti di segretario comunale in prova, indetto con D.M. 30 gennaio 1995. I primi controlli a cui vengo sottoposta sono sommari; giusto un'occhiata all'interno del mio zainetto, e via: mi fanno entrare in una sala enorme in cui si trova anche un bar interno, davanti al quale si raduna tutta una folla; più a destra si nota una lunga coda davanti alla toilette, mentre si formano capannelli di persone che parlano del più e del meno. Così fino alle dieci, quando viene letto il tema. La commissione si preoccupa di rendere noto ai candidati il divieto di comunicare fra di loro in qualsiasi forma, ma tutti quanti continuano a recarsi al bar, a fare la fila al bagno e a scambiarsi impressioni e pareri sull'argomento proposto per la prova; e, benché nella sala viga il divieto di fumare, molti tengono spensieratamente la sigaretta in mano. Io stessa, una volta constatato di non essere in grado di svolgere il tema, aspetto che si faccia l'ora di uscire, per comunicare la mia rinuncia, passeggiando per l'aula o scambiando qualche parola con qualche altra candidata; quando me ne vado, sono perfino dispiaciuta di dover abbandonare un così piacevole raduno! Pazienza: questo era il primo concorso che tentavo e, perciò, sono andata un po' all'avventura. La prossima volta avrò cura di portare con me, oltre ai libri di testo e a qualche appunto scritto di mio pugno, anche un bel cabaret di pasticcini, onde stemperare lo stress dell'esame e favorire i rapporti umani con gli altri candidati. Gaia Finar di, Faenza (Ra)

Luoghi citati: Aosta, Caserta, Comune Di Roma, Fabriano, Italia, Roma, Venezia