Imi cresce in San Paolo di Valeria Sacchi

Fatto il pieno di liquidità, Arcuti adesso guarda alle cessioni Fatto il pieno di liquidità, Arcuti adesso guarda alle cessioni Imi cresce in San Paolo E punta a Stet e Cariplo MILANO. Luigi Arcuti, ormai banchiere tutto privato, conferma l'ottimo stato di salute dell'istituto che presiede, l'Imi, e annuncia una stagione di grande attivismo. L'Imi ha in cassa dai 2500 ai 3000 miliardi di liquidità, deve investirli bene anche per rispondere a «due osservazioni degli azionisti: aumentare il Roe e impiegare i propri mezzi per raggiungere una liquidità in linea con quella che il mercato europeo chiede». Dunque: occhio alle prossime privatizzazioni, e avanti tutta! «L'Imi si sta allineando ai concetti del mercato globale - spiega Arcuti alla conferenza stampa nella quale, con il direttore Rainer Masera, dà i dettagli sul collocamento privato dell'ultima trancile dell'istituto, conclusosi in questi giorni - quindi è pienamente disponibile ad assumere le necessarie partecipazioni, secondo il momento e le convenienze, in modo particolare interessandosi a quei titoli che si identificheranno come blue chip del mercato italiano». Una svolta, del resto, già «intrapresa nello scorso esercizio» con l'ingresso nel capitale di Aeroporti di Roma, di Mediaset e dell'Eni, per la quale è stato Global Coordinator e nella quale ha investito 130 miliardi per lo 0,20% del capitale. Interessa la Stet? Arcuti non risponde direttamente, ma parla in generale di «dismissioni di aziende pubbliche». Mentre il direttore generale Masera affronta con decisione il tema delle privatizzazioni del sistema bancario. Masera conferma che esiste «un disegno che si estende a potenziali partecipazioni in banche fortemente radicate sul territorio» nel quale si inquadra la partecipazione al capitale del San Paolo di Torino, recentemente salita dall' 1,87% a oltre il 2%, e la relativa opzione ad aumentare la quota. Lo stesso interesse c'è per la privatizzazione di Cariplo? «La stessa operazione avvenuta per il San Paolo si potrà ripetere per altre iniziative che si presenteranno al mercato» osserva Arcuti. Arcuti tiene poi a precisare che, nonostante il San Paolo sia presente nell'Imi, «non esiste incrocio azionario, poiché i titoli dell'Imi sono tenuti dalla Holding San Paolo, mentre l'Imi detiene quelli della Banca San Paolo». Né esiste con gli azionisti stabili dell'Imi come San Paolo, Cariplo e Montepaschi (ciascuno con il 9,9% del capitale) «alcuna alleanza strategica, nessun accordo che si possa definire un'azione concertata», ma solo «rapporti di consuetudine decennale». E-.; lo stesso vale per l'ina, dove il limite al voto è fissato dallo statuto al 5%. Qualche dato sul collocamento, che ha visto un interesse particolare da parte di investitori inglesi (che hanno acquistato oltre il 18% della tranche offerta) e tedeschi (16,45%) seguiti da Usa e Francia: il 45,17% della quota è rimasta in Italia, il Vaticano ha comperato lo 0,84%, alcuni vecchi azionisti hanno aumentato la propria partecipazione. Infine i conti. Arcuti anticipa risultati 1996 in ascesa, nel semestre «non ci sono state sorprese negative», le notizie che vengono dalle partecipate «sono confortanti». Anche se avverte prudentemente: «Siamo a metà anno, non si sa mai come girano le cose». Valeria Sacchi Luigi Arcuti, presidente Imi