Le ultime notti dei tombaroli

Come battere i ladri d'arte Come battere i ladri d'arte Le ultime notti dei tombaroli /nII pensa, si sussurra, si L' suppone... Ma nessuno è m in grado di dire quale sia il la consistenza, quale il _KJj valore dell'immenso patrimonio archeologico e artistico che via via lascia il nostro Paese, per strade segrete e illegali, raggiungendo vicine e remote destinazioni nel mondo. Del resto, chi mai potrebbe fare un censimento? Non i trafugatori, che certo non ne hanno interesse; non i trafugati, perché spesso si tratta di scoperte che neppure conoscono. Restano i carabinieri: ma i loro elenchi si limitano ovviamente a ciò che si recupera, una parte minima. Subentra, così, una specie di rassegnazione. Recentemente, tuttavia, due fatti nuovi sono intervenuti a smuovere le acque: da un lato, sul tema dei furti archeologici e artistici in Italia, l'Accademia Americana di Roma ha promosso un importante convegno; dall'altro lato, il ministero per i Beni Culturali e Ambientali ha avuto la felice idea di pubblicarne gli atti nel proprio «Bollettino d'Arte». E così, almeno, siamo ora in grado di fare il punto sulla situazione. Scavi clandestini, con la conseguente asportazione ed esportazione dei materiali scoperti, ve ne sono in tutt'Italia. Ma due regioni si contendono oggi il non invidiabile primato: una è da tempo nota, l'Etruria, che corrisponde alla Toscana e a parte del Lazio; l'altra è meno nota ma frequentatissima dai «tombaroli»: la Puglia. In entrambi i casi, l'ampia estensione delle campagne e la ricchezza archeologica del sottosuolo esercitano una notevole attrazione; e in entrambi i casi, per gli stessi motivi, è difficile un capillare controllo. Sulle ragioni del fenomeno, v'è abbastanza chiarezza: la miseria e la disoccupazione ne costituiscono gli stimoli primari, anche a costo dei rischi che ovviamente conseguono. Del resto, i «tombaroli» si sono ormai raffinati: usano strumenti moderni come i metal detectors, simulano lavori agricoli... Ma c'è un aspetto meno conosciuto, curioso e significativo, che non si può tacere: un noto «tombarolo», interrogato dalla televisione che ovviamente gli assicurava l'immunità, ha risposto che quella è la sua terra, che ha il diritto morale di trarne le ricchezze sepolte e che i veri intrusi sono gli archeologi, venuti dal di fuori! Tutto ciò premesso, non è che i «tombaroli» guadagnino molto. Debbono far capo, infatti, a mediatori senza scrupoli, che si assumono il rischio dell'esportazione; e una volta passate le frontiere il più è fatto, si trovano facilmenti privati e perfino musei che, in nome di una malintesa libertà, acquistano i reperti. Ma li acquistano, ormai, solo per la loro bellezza artistica: infatti è difficile documentarne l'esatta provenienza, e men che meno il contesto. Resta dunque come sospesa nel vuoto (ed è forse questo il danno maggiore) l'eredità trafugata. Passando dai mali ai rimedi, due sono evidentemente le vie possibili: la repressione e la dissuasione. Nel primo caso sono stati ottenuti molti successi (si pensi da ultimo al recupero della famosa Triade Capitolina), ma ad essere sinceri si vincono più le battaglie che la guerra. Negli ultimi anni, alcune convenzioni internazionali (Berlino 1988, Roma 1995) hanno cercato di stabilire norme generalmente riconosciute; ma proprio qui sta il limite, perché non tutti gli Stati firmano le convenzioni e non tutti, dopo averle firmate, le rispettano. Quanto alla dissuasione, essa ha consentito e consente, per vie «morbide», molti progressi. La strategia che si va affermando è la concessione di prestiti a lunga e lunghissima scadenza ai musei e alle istituzioni scientifiche straniere, anche con il diritto di studiare e di pubblicare i reperti. Naturalmente, a fronte di accordi del genere, lo stimolo agli acquisti illegali si riduce. Resta infine l'appello all'altrui coscienza, all'altrui senso di responsabilità. In altri tempi, si sarebbe sorriso di un tale mezzo di dissuasione: oggi non più, perché la comunità della cultura si è ristretta, tutti frequentano tutti e nessuno ama vedersi dichiarare «persona non gradita» in Paesi nei quali ha interesse a soggiornare. E dunque, per concludere con una nota di ottimismo, il domani sarà certo migliore dell'oggi. Sabatino Moscati PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il mago Calder è di ritorno. Con 147 opere esposte - dalle prime microsculture, guizzi filiformi da geniale bricoleur, alle gigantesche performance senili - il Museo d'Arte Moderna ripercorre l'itinerario del fanciullesco ingegnere americano che sapeva giocare con le forme e infondere loro (come solo ai demiurghi è concesso) il movimento. La retrospettiva, nel ventennale della morte, verrà inaugurata stamane e dovrebbe chiudersi - salvo proroghe - il 6 ottobre. Se attraverso l'expo Bacon il Beaubourg bazzica «l'orrido che piace», il museo dell'avenue Wilson gli replica con una «levitas» giocosa. Malgrado la coda a freccia, il piede biforcuto e i non trascurabili attributi virili, persino Diavolo, un grande Satana metallico rosso vivo, finisce per essere simpatico chez Calder. Le due mostre - clou estivo parigino riescono a integrarsi nella loro diversità. Tragico-grottesca la prima, dalla sbarazzina «vis ludica» quella calderiana. L'itinerario prescelto è a base

Persone citate: Bacon, Calder, Sabatino Moscati

Luoghi citati: Berlino, Italia, Lazio, Parigi, Puglia, Roma, Toscana